2022-08-05
Sbarcano altri 822 migranti nel giorno in cui Salvini va nel carnaio di Lampedusa
L’hotspot dell’isola lordo di rifiuti. Intanto, tra Ong e zattere, le coste sarde e calabresi restano sotto assedio. Il leghista: «Con i dl Sicurezza, non c’erano tanti morti in mare».Mentre il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha dispiegato traghetti, motovedette e navi militari per far sparire dall’hotspot di Lampedusa circa 800 ospiti e ha dirottato su Taranto il taxi del mare Geo Barents con i suoi 659 passeggeri, che se fossero finiti a Lampedusa avrebbero riempito di nuovo l’hotspot, le coste italiane sono state di nuovo prese d’assalto (ieri in totale sono sbarcati in 822) e i centri d’accoglienza, anche quelli per richiedenti asilo, scoppiano. A Lampedusa, però, non tutte le ciambelle sono uscite col buco. Ieri, all’arrivo di Matteo Salvini nell’hotspot c’era ancora il percolato da rifiuti. L’annuncio dei 450.000 euro per risolvere il problema dei rifiuti nel centro d’accoglienza, proprio il giorno in cui Salvini ha fatto sapere che avrebbe visitato l’hotspot, ovviamente rientrava nello storytelling di propaganda messo in campo dal Viminale. Alimentato poi da chi ha ancora il coraggio di affermare che sull’isola è tutto a posto. Totò Martello, ex sindaco di Lampedusa e ora capogruppo del Pd in Consiglio comunale, sentito dal Foglio, ha detto: «L’emergenza non c’è. C’è una questione che riguarda il centro di accoglienza». Eppure i dati parlano chiaro: 42.324 sbarcati quest’anno, a fronte dei 30.000 del 2021 e dei circa 15.000 del 2020. «Io conto che al Viminale ci sia un uomo o una donna della Lega, perché i decreti Sicurezza li abbiamo scritti noi», ha detto subito Salvini, rivendicando: «Voglio ricordare con orgoglio che con i decreti Sicurezza, che, qualora gli italiani dovessero darmi fiducia, io chiederò di reintrodurre, i morti in mare erano dimezzati. È chiaro che più gente parte, più gente sbarca, più gente muore». Al suo arrivo l’hotspot ospitava comunque circa 600 stranieri. «Arrivare a 1.500 persone», secondo il leader della Lega, «significa non poter garantire condizioni umane». E ha annunciato: «L’obiettivo è riportare l’hotspot di Lampedusa a dimensioni civili, come già facemmo in passato. Nel 2018 e 2019, l’immigrazione era già sotto controllo, il contrasto ai trafficanti di essere umani e scafisti era assolutamente effettuato. Avevamo dimezzato il numero di dispersi e morti in mare e in questo centro invece di arrivare a punte di 1.500 ospiti, ammassati per terra che non è trattamento degno di un Paese civile, arrivavano alcune decine di persone». Poi, la nota politica: «Vogliamo proteggere i confini, dare sacrosanta accoglienza a chi scappa davvero dalla guerra, che è una minoranza di chi arriva qui». Un passaggio del suo discorso lo ha dedicato anche ai taxi del mare: «Ci sono Ong che fanno bene il loro lavoro e c’è qualcuno che specula sulla pelle del prossimo. L’Italia è una delle capitali mondiali del volontariato e io ne sono orgoglioso. Diciamo, però, che qualcuno guadagna quattrini da un’immigrazione incontrollata». Per evitare le partenze, secondo Salvini, bisognerà «collaborare con la Guardia costiera tunisina e libica». E quando i giornalisti hanno sottolineato che in Libia la Guardia costiera è nelle mani di Erdogan, il capo della Lega ha risposto: «Non è colpa di Salvini se l’Italia è fuggita dalla Libia facendo un errore madornale, e abbiamo lasciato che fossero Turchia e Russia a occupare il territorio libico». Dopo la visita in Municipio, invece, il capo leghista ha spiegato: «Ho parlato con il sindaco di Lampedusa (il Comune ha 7 milioni di buco di bilancio, ndr) e dietro questo centro ci sono enormi problemi. Rifiuti, acqua, tasse, salute. C’è un elicottero dell’elisoccorso. Ma solo se c’è bisogno di portare in Sicilia uno degli ospiti dell’hotspot. Per i lampedusani e per i turisti l’elicottero non c’è». E infine ha fatto sapere che la Lega è «al lavoro per una legge sulle isole minori, non solo Lampedusa, che hanno problemi di salute, scuole, tasse. Stiamo lavorando per azzerare le accise sul carburante e sul gas fino al 2023». Mentre ora Taranto deve gestire i 438 sbarcati la scorsa settimana dalla Sea Watch e i 659 che arriveranno oggi con la Geo Barents (il porto è stato assegnato ieri mattina), tenuta in mare per nove giorni. In Sardegna, invece, è salito a 75 il numero di approdati con cinque diversi barchini. Sono finiti tutti nel centro di prima accoglienza di Monastir (Cagliari), con l’eccezione di una donna tunisina prossima al parto, che ha anche affrontato un tratto a nuoto per raggiungere la costa. E dopo circa un mese di tregua, ieri mattina è arrivato un nuovo mercantile a Roccella Jonica, in Calabria, sulla costa della Locride. Ne sono sbarcati 88, in prevalenza di nazionalità afghana, agganciati da alcune unità navali della Guardia di costiera. Tra gli sbarcati ci sono numerosi minori non accompagnati e una quindicina di donne, una delle quali in stato avanzato di gravidanza. Su disposizione della Prefettura di Reggio Calabria, dopo lo sbarco, i passeggeri sono stati temporaneamente sistemati nella tensostruttura realizzata nell’area portuale e gestita dai volontari della Croce Rossa e della Protezione civile. È il trentaduesimo approdo nella Locride, il ventottesimo per Roccella Jonica.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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