2023-01-19
Savoini: «Al Metropol ci fu un complotto anti Lega»
Gianluca Savoini (imagoeconomica)
Parla per la prima volta il protagonista del falso scandalo russo: «Non è chiaro chi mi abbia intercettato in quell’hotel di Mosca. Soldi e petrolio? Macché: ero lì a dormire e fare colazione. Ci fu una macchinazione mediatica, invece i giudici sono stati corretti».Gianluca Savoini, aprendo bocca pubblicamente per la prima volta dopo tre anni e mezzo, delinea i contorni di un complotto. «Già nel 2016, in Russia, venne da me un esponente di Russia Unita e mi disse di aver ricevuto una telefonata da un giornalista inglese o americano. Mi spiegò che quello gli aveva offerto dei soldi per dichiarare che la Lega era finanziata da Mosca. Questo era il clima già allora. Si voleva a tutti i costi dimostrare che i partiti sovranisti europei fossero tutti a libro paga dei russi».Intanto lei incassa l’archiviazione dell’inchiesta sul Metropol. Reazioni a caldo?«Io me l’aspettavo, perché tutta questa macchinazione mediatica - e sottolineo mediatica, non giudiziaria - contro di me e contro Salvini era basata su intercettazioni illecite, su un’azione di spionaggio compiuta da spie travestite da giornalisti o da giornalisti travestiti da spie».Ma chi sarebbero questi giornalisti travestiti da spie: quelli dell’Espresso da cui è partito tutto?«No, non sono quelli dell’Espresso. Anzi, direi che loro - poverini - non hanno raggiunto alcun obiettivo. L’inchiesta fatta da loro, se ricorda, era finita nel dimenticatoio. Son dovuti arrivare i fratelli maggiori, gli angloamericani, attraverso BuzzFeed, lo stesso sito del mainstream globalista che ha cercato di montare il Russiagate contro Donald Trump. Ed è finito in un nulla anche lì».Quindi fu tutta una macchinazione?«Sì, hanno creato una macchinazione mediatica a cui poi è seguita un’inchiesta, ma doverosamente. Sono stato dipinto come un faccendiere, un delinquente, un ladro. Ecco, questa gentaglia che si è permessa di parlare così nei miei confronti senza nemmeno conoscermi dovrà risponderne nelle sedi opportune».Ci saranno azioni legali da parte sua?«Adesso vedremo con gli avvocati, perché io sono stato dipinto come un mostro, mentre tutta la mia vita dimostra che ho sempre fatto cose lecite. Ho sempre seguito le mie idee, e non le rinnegherò mai. Tanto per chiarire: sono contrario alle sanzioni alla Russia anche adesso, non giudico la Russia il male assoluto».Intanto però su vari quotidiani escono articoli il cui senso può essere riassunto così: dal punto di vista giudiziario il caso viene archiviato, ma almeno sul piano politico restano ombre. Si dice: la trattativa al Metropol, seppure non andata a buon fine, c’è stata. «Tutte bugie, tutte cose ricostruite dai media su intercettazioni che significano poco o nulla se vengono estrapolate dai contesti. I miei incontri sono sempre stati fatti alla luce del sole. Ero presidente di Lombardia-Russia, su Facebook pubblicavo tutto quello che facevo. Al mio socio fondatore Gianmatteo Ferrari, persona veramente di fiducia che ringrazio per il supporto che mi ha dato in questi anni, dicevo sempre di pubblicare tutto, dovunque io andassi, anche perché già immaginavo che andare in Russia dal 2014 in avanti, quando già era cominciata la vergogna delle sanzioni, avrebbe comportato avere gli occhi addosso».E allora che cosa è successo in quell’albergo? Stavate trattando per il petrolio oppure no?«Ma quale petrolio… Da oggi il Metropol torna a essere quello che è sempre stato, un albergo di Mosca».Insisto. Lei era lì il 17 ottobre del 2018, per un convegno organizzato da Confindustria Russia. «Guardi, io a distanza di anni nemmeno ricordo bene i dettagli. Le dico questo. L’unica volta che sono andato al Metropol era per dormire. Sì, c’era una conferenza organizzata da Confindustria Russia, dunque non da oligarchi o chissà chi. Io ero stato invitato, in quanto coordinavo questi incontri per conto di Salvini. Preciso: Salvini segretario della Lega, non ministro. Non c’era nulla di illegale, nulla di illecito. Detto questo, io ho dormito al Metropol, l’albergo che mi avevano prenotato gli organizzatori del convegno, ed era la prima volta che dormivo al Metropol in vita mia, perché di solito alloggiavo altrove. E pagavo tutto io: viaggi, alberghi, tutto».Si trovava lì per il convegno e ha dormito lì. Poi? «Poi mi sono trovato lì a far colazione perché era l’albergo in cui alloggiavo. La questione finisce qui. È inutile parlare di un caso Metropol che è basato su un’intercettazione illegale. Un bravo giornalista in televisione, uno dei pochi, ha posto pubblicamente una domanda: ma chi l’ha fatta questa intercettazione?».Chi l’ha fatta?«Io non lo so. I grandi giornalisti non se lo sono mai chiesti. Mi seguivano, mi facevano delle foto a un tavolino di un bar o fuori da un teatro, solo perché c’era Dugin che stava parlando con me di una mostra sull’Eurasia. Insomma, io venivo pedinato. È normale?».Fu Meranda a registrare la famigerata conversazione?«Ripeto, non so chi sia stato. Chi l’ha fatto? Perché? È stato pagato per farlo? Chi è il mandante? Rispondendo a queste domande si capirebbero molte cose. Io non ho nessuna idea, davvero. Per quanto ne so la mia voce, ammesso che fosse la mia, potrebbe anche non essere di quel giorno. Potrebbe essere tutto e il contrario di tutto».Sa che i media continueranno a chiederle conto della trattativa, vero?«A me non interessa. Non c’è niente da dire, perché quella è una conversazione che non so nemmeno se ho fatto lì al Metropol, capisce? O tirano fuori chi è stato, a registrare, perché l’ha fatto, da chi è stato pagato, chi è il mandante e dove ha registrato - e allora se ne può anche discutere - altrimenti finisce qui. L’unica cosa che so è che io non ho mai cercato di fare cose illecite, non ho mai preso un centesimo, né da aziende italiane né da aziende russe».Della trattativa al Metropol Salvini cosa sapeva?«Non sapeva nulla perché non c’era niente da sapere. Ripeto: non c’è stato nulla di illecito, nulla di illegale, nessun soldo preso o mandato. E questo è acclarato: soldi non ce ne sono. Di che cosa stiamo parlando, allora? Siamo fermi alle chiacchiere. Ma è colpa dei media, non della magistratura. I magistrati si sono comportati correttamente: essendo persone serie, hanno chiesto l’archiviazione. A differenza dei giornalisti, che continuano ancora con queste buffonate, mentre dovrebbero guardare in casa dei loro padroni editoriali, che sostengono quelli che ricevono le valigette di denaro. Da me sono venuti a fare la perquisizione: non hanno trovato un rublo».Pensa che qualcuno, in quei giorni, l’abbia attirata in una trappola?«Che sia stata una macchinazione io l’ho detto fin dall’inizio. Ci vorrebbe un libro, e non è detto che non ci sarà. La Lega è sempre stata nel mirino fin dai tempi di Bossi, col caso Metropol pensavano di poter finalmente trovare qualcosa. Si parla sempre di libertà di opinione, di aiutare gli altri, di inclusione. Ma nella realtà c’è l’esclusione totale di chi non pensa come decide il potere dominante».Dentro la Lega che rapporti ha? Le è sembrato che qualcuno l’abbia scaricata anzitempo?«Scaricato non lo so, ma non mi interessa. Io faccio riferimento al segretario. Molti amici, anche all’interno del partito, mi hanno sempre espresso vicinanza, a partire da Mario Borghezio. Non mi sono mai sentito emarginato: mi sono fatto da parte per non danneggiare il movimento. Che poi ci possa essere stato del fuoco amico… qualche sospetto ce l’ho, perché a qualcuno vicino alla Lega (o anche dentro) le mie posizioni antiglobaliste e antimondialiste non piacevano. Ma a queste posizioni non intendo rinunciare. Sono quelle che hanno sempre caratterizzato la Lega. E infatti se la Lega diventa moderata, perde voti».