
Le piazze inneggiano alla violenza contro Matteo Salvini: a Pescara cartelli lo raffigurano impiccato e già a Reggio Emilia gli avevano suggerito il suicidio. L'odio antileghista porta acqua al mulino della sinistra che briga per assicurarsi il nuovo inquilino del Colle.Credevo che quelle in piazza fossero sardine sott'olio, pronte per essere messe in scatola, invece scopro che sono sott'odio. Altro che giovani dalla faccia pulita, che rifiutano ogni forma di intolleranza. Fra di loro ci sono campioni della tolleranza zero, ma solo nei confronti di chi non la pensi come loro, cioè di chi non faccia parte della sinistra. Qualche esempio? L'ultimo riguarda Pescara, dove al grido di «Basta con odio, violenza e fascismo», le sardine hanno sguazzato per le vie cittadine, esibendo tra gli altri uno striscione con la seguente scritta: «Lega Salvini e lascialo legato». A fianco - tanto per far capire come vorrebbero legare l'ex ministro dell'Interno - si vedeva la figura di un impiccato. Qualcuno potrebbe pensare che quello registrato nella città abruzzese sia un episodio di cattivo gusto, ma attorno al quale non si debba costruire un caso. Peccato che nei giorni scorsi si siano verificati altri esempi di tolleranza zero. A Reggio Emilia un tizio esibiva un cartello in cui invitava Matteo Salvini a suicidarsi, mentre a Modena la capa del branco di sardine, una certa Samar Zaoui, mostrava il leader della Lega a testa in giù, accompagnando l'immagine con una riflessione in cui inneggiava ai giustizieri sociali: «Quelli che dopo aver ucciso vengono definiti anarchici». Un invito, neanche troppo subliminale a «giustiziare» l'ex ministro dell'Interno.Tutto ciò, ovviamente, in nome della solidarietà e dell'accoglienza. Perché il branco di filantropi che da settimane si dà appuntamento travestendosi da sardine è pronto a dare il benvenuto a chiunque, anche a chi proviene dai Paesi più sperduti del mondo, ma non a chi la pensa in modo diverso.Non è del resto un caso che i pesci rossi venuti a galla in questo autunno somiglino molto a quell'altro genere di fauna che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi 25 anni. All'epoca avevano altri nomi e altri portabandiera, tuttavia le idee erano le stesse. Che si facciano chiamare girotondini, popolo viola o popolo del post it, sempre loro sono: gli arrabbiati in servizio permanente, i quali in nome dei grandi ideali si dimenticano delle piccole cose che interessano gli italiani. Sempre pronti a inseguire il bene comune, scordano quello della gente che hanno vicino, volando tanto alto da non scorgere più nemmeno il particolare.L'entusiasmo con cui la sinistra ha accolto il nuovo movimento, giudicandolo un fondamentale segnale di partecipazione di giovani e meno giovani alla politica, dimostra quanto siano a corto di idee i compagni. Una povertà culturale e politica che li spinge ad abbracciare qualsiasi cosa si muova al loro fianco e contro colui che giudicano il loro nemico. In realtà le sardine, i girotondi e, perché no, anche le pantere, sono il prodotto del solito milieu culturale che ruota intorno alla sinistra, la riproduzione del classico cliché di intellettuali e politici progressisti. Non a caso, dietro al cartone che rappresenta un branco di pesci rossi, si intravedono i soliti volti, in particolare quello di Romano Prodi il quale, pur dichiarandosi estraneo al movimento, guarda con simpatia al fenomeno, sperando che serva con le sue proteste a fargli conquistare la poltrona del Quirinale dopo Sergio Mattarella. Del resto, che cosa c'è da stupirsi: le sardine da sempre sono abituate a finire nella rete o nella pancia del pesce grosso. E queste non sembrano fare differenza. Sguazzano nell'acqua bassa dei compagni, ma servono a una sola cosa, cioè a far emergere - quando sarà l'ora - la candidatura del fondatore dell'Ulivo. Insomma, sono sardine, ma lavorano per il pesce palla, che come è noto è una delle specie più velenose che infestano le acque del mare.
(IStock)
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