2025-02-19
Giulio Sapelli: «L’Europa è solo un distributore di sussidi»
Giulio Sapelli (Imagoeconomica)
L’economista: «L’Ue cancelli gli assurdi obblighi imposti finora e lavori a una Costituzione che metta le radici cristiane al centro. Prodi, artefice di molti errori come il vincolo del 3%, dovrebbe fare un bagno di umiltà. I dazi Usa? Per noi saranno irrisori».«Siamo davanti a un tornante della storia e bisogna stare attenti a inquadrare nel modo corretto quello che sta succedendo. Chi pensa, per esempio, che i dazi imposti da Trump siano il fine per raggiungere uno scopo commerciale ed economico si sbaglia di grosso, perché rappresentano uno dei mezzi che il nuovo presidente degli Stati Uniti sta usando per combattere la vera battaglia che è quella ideologica, contro tutti i deliri delle teorie woke che hanno portato al proliferare dei generi, a fenomeni disaggreganti come l’uso del fentanyl e a rendere il giusto allarme ambientale un’emergenza da risolvere subito e a qualsiasi costo e prezzo. Poi io non sono d’accordo con il modus operandi che sfocia nell’autoritarismo, non potrò mai giustificare quello che è successo a Capitol Hill, ma se gli americani hanno votato Trump è perché sono convinti che potrà riportare gli Stati Uniti e il mondo occidentale nella giusta traiettoria». Giulio Sapelli è uno storico dell’economia e guarda al ciclone The Donald e agli ultimi avvenimenti che stanno stravolgendo il mondo con lo sguardo retrospettivo di chi vede le cose ripetersi in modalità e forme differenti. Di chi appunto ricorda che «gli Stati Uniti hanno sempre avuto un atteggiamento oscillante tra protezionismo e liberismo tipico di una nazione che è al tempo stesso grande potenza agricola, quindi più propensa a proteggersi, e industriale, tendente all’apertura, e di conseguenza è abituata a portare avanti questo doppio binario. Di chi guarda all’Europa con preoccupazione nella consapevolezza che molto dipenderà dalle scelte francesi, più che dalla Germania, e che senza una grande bagno di umiltà e un profondo «esame autocritico» il processo di disgregazione sarà inevitabile.Professore, il mondo intero sbaglia a spaventarsi per l’ondata di dazi che sta arrivando?«Viviamo in società ed economie talmente tanto interconnesse che il peso dei dazi alla fine e nel lungo periodo sarà irrisorio perché le filiere di imprese trovano sempre meccanismi di coordinamento alternativi. Basta leggere Paul Krugman che ha vinto il Nobel per la sua analisi degli andamenti commerciali per rendersene conto. Piuttosto io credo che i dazi siano la copertura per la vera battaglia di Trump, quella ideologica contro le teorie woke. Trump è il frutto della rivolta sociale contro le “esagerazioni”». E l’incontro a Riad per la pace in Ucraina tra Stati Uniti e Russia tagliando fuori l’Europa e la stessa Kiev fa parte di questa strategia?«Fa parte di un nuovo modo e di una nuova strategia della guerra fredda che però oggi vede Mosca e Washington da una parte e la burocrazia, l’iper-regolamentazione e il laicismo ideologico dell’Europa dall’altra». Ha fatto bene Macron a convocare subito un tavolo invitando mezza Ue e tagliando fuori gli altri?«È stato il canto dell’agonizzante, del leader politico che a un certo punto anziché lavorare per le vie diplomatiche aveva proposto di mandare le sue truppe in Ucraina. I risultati dei suoi azzardi sono sotto gli occhi di tutti». Macron agisce pro domo sua e sbaglia, ma oggettivamente Bruxelles in questo momento è in cul de sac. «Prima di fare qualsiasi cosa l’Europa dovrebbe partire da un profondo esame di coscienza, fare mea culpa rispetto ai tanti errori commessi e abbandonare la presunzione di chi pensa di aver sempre ragione a prescindere».In concreto cosa vuol dire?«Vuol dire per esempio capire che bisogna riscrivere i trattati di Maastricht abbandonando gli assurdi vincoli che ci hanno limitato fino a ora, lavorare a una Costituzione che metta le radici giudaico-cristiane nella giusta evidenza, dare un peso corretto al Parlamento Europeo che non faccia solo da passacarte della Commissione e tenere fermi gli ideali della democrazia». In assenza di questa svolta l’Europa sembra destinata alla disgregazione.«L’Europa non si disgregherà perché è diventata una macchinetta di distribuzione dei sussidi, dall’agricoltura fino all’automotive e alla chimica, che poi vengono subordinati al rispetto di diktat legati all’ideologia green. Per la serie “ti do i fondi se non inquini”». Esattamente il circolo vizioso che la sta disgregando. Non proprio una bella prospettiva. «Del resto è evidente che sei ti affidi alle ricette del salvatore della patria che un giorno è Letta e un altro giorno è Draghi, sei alla canna del gas».A proposito di padri dell’Europa, Romano Prodi dice che stiamo vivendo ore drammatiche e che il governo Usa appoggia l’autoritarismo.«Prodi dovrebbe dar lezione di umiltà perché è stato il padre di tante delle cose che non vanno in Europa e alla fine è arrivato a definire “stupido” il vincolo del 3% che lui stesso aveva voluto. Basterebbe anche in questo caso dire “ho sbagliato” e ammettere le proprie colpe senza per forza di cose voler sempre difendere il proprio passato». Per l’ex presidente della Commissione mantenere legami soldi con la Cina resta una priorità. «Io non credo che si abbiano interessi particolari con Pechino. Credo invece che si sia stati particolarmente incauti. Per esempio è stata rischiosa in un momento geopolitico così delicato la scelta del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di partecipare a un viaggio di Stato in Cina che è durato diversi giorni e che ha messo in evidente difficoltà il governo italiano nei confronti degli Stati Uniti». Un’ultima domanda sulla Germania. Tra pochi giorni si vota e con ogni probabilità si metterà fine al governo socialista che ha portato Berlino in recessione. Potrà essere una svolta per l’Europa. «Non credo possa essere una svolta per l’Europa, perché nonostante tutto la Francia resta centrale, ma credo anche che la Cdu di Merz possa reggere e che debba prendere la difficile decisione di portare al governo Afd che avrà un grande successo elettorale. Merz non deve commettere lo stesso errore di Macron che alla fine non ha assegnato neanche una commissione alla Le Pen. La partecipazione alla vita parlamentare, l’obbligo di prendere decisioni e assumersi delle responsabilità di governo è il modo migliore per “educare” gli estremisti alla democrazia».
Giorgia Meloni e Donald Trump (Getty Images)
il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)
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