2022-02-26
Sanzioni, energia e giallo Zelensky. Draghi in Aula nel giorno più duro
Si complica lo sforzo di giocare un ruolo centrale nella crisi. Arrivano critiche da Washington e da una parte dell’Ue. Sfuma una telefonata con l’omologo ucraino che polemizza su Twitter. Tensione anche tra ministri.Un’altra giornata difficile per Mario Draghi. Se qualcuno lo aveva illuso sulla possibilità di giocare un ruolo centrale e glorioso nella crisi ucraina, gli ultimi tre-quattro giorni si sono incaricati di versare acqua gelida su queste aspettative. Martedì era stato il giorno dello schiaffo del Wall Street Journal, che aveva parlato di «resa preventiva» e di «macchia» a proposito del tentativo italiano di limitare il pacchetto di sanzioni in gestazione verso la Russia. Ieri si sono aggiunti un tweet sferzante del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, duri giudizi di Donald Tusk e Ian Bremmer, e un’indiscrezione imbarazzante del quotidiano londinese Telegraph. Nel mezzo, un Draghi preso a tenaglia: da un lato, la necessità di non venir meno in modo plateale alla lealtà atlantica; dall’altro, la penosa dipendenza energetica italiana dalla Russia, le naturali preoccupazioni delle imprese, e la questione della maggiore o minore incisività delle sanzioni da imporre a Vladimir Putin (fino all’altro ieri Germania e Italia erano state convergenti nel senso dell’attenuazione). In questo quadro, ieri mattina, si è collocata l’informativa del premier alle Camere. Dapprima un resoconto sull’offensiva militare russa, definita senza equivoci «un’aggressione» che «ha già colpito in modo tragico la popolazione ucraina». «Le immagini a cui assistiamo, di cittadini inermi costretti a nascondersi nei bunker e nelle metropolitane, sono terribili e ci riportano ai giorni più bui della storia europea», ha scandito Draghi.Poi il giudizio: «L’Italia condanna con assoluta fermezza l’invasione, che giudichiamo inaccettabile. L’attacco è una gravissima violazione della sovranità di uno stato libero e democratico e dei trattati internazionali. Voglio esprimere ancora una volta la solidarietà del popolo e del governo italiano alla popolazione ucraina e al presidente Zelensky. Il ritorno della guerra in Europa non può essere tollerato». E ancora: «Le violenze di questa settimana da parte della Russia rendono un dialogo (…) nei fatti impossibile». Dopo queste premesse altisonanti, però, è giunta la parte più flebile e retorica: «L’Italia ha reagito subito, e ha convocato già nella mattinata di ieri al ministero degli Affari esteri l’ambasciatore della Federazione russa. Abbiamo richiamato Mosca a cessare l’offensiva, a ritirare le forze in modo incondizionato, e abbiamo ribadito il pieno sostegno italiano all’integrità territoriale e alla sovranità dell’Ucraina». A seguire, il resoconto degli incontri al G7 e al Consiglio europeo, e il preannuncio dell’irrobustimento del contingente italiano messo a disposizione della Nato. Poi la parte sulle sanzioni, in cui Draghi si è soffermato su ciò che è già incluso nel pacchetto (bando all’import-export da entità separatiste; divieto di rifinanziamento del debito sovrano russo sul mercato secondario e congelamento di asset di alcuni istituti bancari; sanzioni mirate nei confronti di individui, a partire da 300 membri della Duma; un ulteriore ventaglio di misure su banche, trasporti, tecnologie), ma non su ciò che in prima battuta è rimasto fuori (energia e la questione dell’accesso al sistema di pagamenti internazionale Swift). Attenzione però: nella serata di ieri si è ripreso il tema della possibile esclusione russa da Swift. Dapprima il ministro degli Esteri ucraino ha scritto che il suo omologo Luigi Di Maio gli avrebbe assicurato di sostenere la richiesta di Kiev di escludere Mosca; e poi Palazzo Chigi ha aggiunto che «non vi è alcuna richiesta di eccezione sulle sanzioni da parte dell’Italia». A complicare il quadro, c’è però la posizione contraria attribuita al ministro dell’Economia Daniele Franco che avrebbe espresso perplessità sul fatto che, escludendo Mosca da Swift, non potremmo pagare il gas. Tutto appare dunque ancora aperto: anche un ulteriore salto di qualità delle sanzioni, con l’ok di Berlino e il punto interrogativo sulla scelta finale di Roma. Tornando al discorso parlamentare, convincente è stata la parte in cui Draghi ha denunciato «l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni». «Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione», ha aggiunto il premier, che ha poi evocato il lavoro per garantire all’Italia forniture alternative (gas naturale liquefatto dagli Usa, ma mancano i rigassificatori; altro gas; possibile riapertura delle centrali a carbone). Quindi, a braccio, una parte che doveva essere ad alta intensità emotiva, e che invece si è trasformata in un boomerang: Draghi ha comunicato che era stato fissato un appuntamento telefonico con Zelensky, ma poi la telefonata è saltata perché Zelensky non era più disponibile. A onor del vero, ascoltando Draghi, il suo tono era parso tutt’altro che critico: anzi, sembrava chiara la sua preoccupazione per le circostanze che avevano impedito il colloquio. Ma a stretto giro di posta è giunto un tweet pesantissimo del presidente ucraino, che, dopo aver evocato i «pesanti combattimenti in corso» e il fatto che ci fossero stati molti morti, ha concluso: «La prossima volta cercherò di modificare il programma della guerra per parlare con Mario Draghi ad un’ora precisa. Nel frattempo, l’Ucraina continua a combattere per la sua gente». Una prima interpretazione può far pensare ad un equivoco, al fatto che magari a Zelensky non siano state riferite correttamente le parole di Draghi; ma una seconda interpretazione fa invece pensare che il presidente ucraino abbia voluto esplicitamente criticare uno dei leader che si sono opposti a sanzioni più dure. Sta di fatto che, per lunga parte della giornata, Draghi ha continuato a prendere colpi. Da Donald Tusk (presidente del Ppe), che ha esplicitamente incluso l’Italia tra i paesi che hanno «bloccato decisioni più dure» e che si sono «disonorati». Dal corrispondente a Bruxelles del Telegraph Joe Barnes che ha accusato Draghi di aver spinto per un’esenzione anche per i beni di lusso, attribuendo a una fonte un commento al vetriolo («Vendere mocassini Gucci agli oligarchi è una priorità più che rispondere a Putin»). E dal politologo Ian Bremmer, che ha lapidariamente definito questa crisi «un disastro per la reputazione» di Draghi.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)