A tanto ammontava, lo scorso anno, l’export tra l’Italia e i due Paesi belligeranti. Dopo il periodo nero della pandemia, la guerra ha bloccato il nono mercato del settore. Il grido di Sergio Tamborini, presidente di Smi: «A tutto questo si aggiunge il caro energia».
A tanto ammontava, lo scorso anno, l’export tra l’Italia e i due Paesi belligeranti. Dopo il periodo nero della pandemia, la guerra ha bloccato il nono mercato del settore. Il grido di Sergio Tamborini, presidente di Smi: «A tutto questo si aggiunge il caro energia».Calcolare con precisione quanto le sanzioni verso la Russia abbiano impattato sulla moda italiana non è semplice. Secondo le stime di Sistema moda Italia, l’export totale nel 2021 in Russia e Ucraina valeva circa 1,1 miliardi di euro. Dividendo questo valore per 12 mesi si ottiene una cifra di 91,1 milioni di euro: quanto la moda italiana solo il mese scorso potrebbe aver perso con le nuove limitazioni imposte dall’Ue. D’altronde, le sanzioni hanno imposto restrizioni a esportare beni di lusso verso Mosca e dintorni (del valore superiore a 300 euro per articolo), tra cui rientrano diversi articoli di abbigliamento, calzature, accessori, gioielleria, orologi, articoli da viaggio, borsette, profumi e cosmetici.Non stupisce, insomma, che le limitazioni volute da Bruxelles (ma anche dagli Stati Uniti) abbiano un serio impatto sulla moda italiana. D’altronde, oggi, il valore delle esportazioni di Russia e Ucraina vale il 3,5% del totale (2,9% Russia e 0,6% Ucraina). A questo si aggiunga che il settore, prima del 24 febbraio, data di inizio dell’invasione russa in Ucraina, veniva da due anni di magra dovuta al Covid-19 che ha comportato la chiusura di molti punti vendita in giro per il mondo. Secondo i dati di Sistema moda Italia, le esportazioni verso la Russia, dopo aver superato il miliardo di euro nel 2018, hanno accusato un calo del 17% nel 2020. Nel 2021, però, quando la morsa della pandemia sembrava un poco allentata, il giro d’affari è stato interessato da un recupero del 15,1% arrivando a quota 947 milioni di euro (-4,5% sul medesimo periodo del 2019, ovvero circa 44,3 milioni in meno).Secondo i dati Smi, nel corso del 2021 l’export destinato alla Russia valeva il 2,9% del totale venduto oltreconfine (32,4 miliardi). Del resto, la Russia, per importanza di mercato nel 2021, per l’Italia si posizionava al nono posto, dopo Hong Kong e prima della Corea del Sud.Nel 2017 l’incidenza del mercato russo per la moda italiana era stata pari al 3,4%, nel 2019 (anno pre-Covid) era stata pari al 3%. L’andamento del mercato, insomma, già da prima della pandemia era in calo. Più in dettaglio, dal 2005 al 2021, il picco di export si è verificato nel 2008 quando la Russia aveva raggiunto quota 1,7 miliardi di euro. Un altro livello significativo era stato raggiunto nel 2013, quando la quota si era portata a 1,5 miliardi. Torna poi di poco sopra al miliardo nel 2017.Se si focalizza l’attenzione sulla moda donna, nel 2021 l’incidenza di questa nicchia sul totale di comparto è stata pari al 4,5% confermandosi al nono posto, mentre nel 2017 era stata del 5,7% (corrispondente al settimo posto tra i migliori mercati per il settore). Insomma, proprio il mondo della moda femminile è tra quello che ha sofferto di più negli ultimi anni. Si ricordi che nel 2013 il mercato russo era stato il secondo per valore di export di «womenswear», con una quota del 10,2%.Con le sanzioni, inoltre, il mercato italiano dice addio anche alle esportazioni verso l’Ucraina. Sempre secondo i dati di Sistema moda Italia, l’export verso Kiev e dintorni, dopo aver superato i 170 milioni di euro nel 2019, ha contenuto la flessione al -10,8% nel 2020. Nel 2021, quando la pandemia pareva in diminuzione, l’export è cresciuto del +18,9% portandosi a circa 181 milioni di euro, ovvero su livelli superiori del +6% rispetto al medesimo periodo del 2019 (ovvero 10,3 milioni di euro in più in termini assoluti). Come spiega alla Verità, Sergio Tamborini, presidente di Sistema moda Italia, «a due mesi dall’inizio del conflitto sappiamo che a risentirne sono le aziende in particolare del settore moda e calzaturiero di alcuni distretti per il loro naturale sbocco sul mercato russo», spiega. «Ad esempio, ne hanno risentito alcune delle calzature prodotte nelle Marche, mentre il Veneto è un forte esportatore di abbigliamento. A essere coinvolti sono anche alcuni marchi di fascia media i cui negozi hanno chiuso a tempo indefinito. I mercati russo e ucraino sono in pausa. Ma le difficoltà interessano anche gli approvvigionamenti di materiali vitali per la filiera del tessile, come i fertilizzanti azotati dall’Ucraina, necessari nei processi di nobilitazione. A sovrastare il tutto, il tema del caro energia. Mentre l’effetto indotto è un’atmosfera non favorevole ai consumi». Ci sono anche alcuni imprenditori che, per aggirare le sanzioni, tentano la strada della triangolazione spedendo merce verso Paesi amici del Cremlino, come ad esempio l’Uzbekistan, e da lì dirigono le spedizioni verso l’ex Unione sovietica.Il meccanismo non è certamente lecito, ma per alcuni può significare la sopravvivenza, visto che la Russia poteva significare un mercato molto importante che ora è destinato a sparire dai radar per diverso tempo.
Da sinistra: Piero De Luca, segretario regionale pd della Campania, il leader del M5s Giuseppe Conte e l’economista Carlo Cottarelli (Ansa)
La gabella ideata da Schlein e Landini fa venire l’orticaria persino a compagni di partito e possibili alleati. Dopo la presa di distanza di Conte, il dem De Luca jr. smentisce che l’idea sia condivisa. Scettici anche Ruffini (ex capo dell’Agenzia delle entrate) e Cottarelli.
«Continuiamo così: facciamoci del male», diceva Nanni Moretti, e non è un caso che male fa rima con patrimoniale. L’incredibile ennesimo autogol politico e comunicativo della sinistra ormai targata Maurizio Landini è infatti il rilancio dell’idea di una tassa sui patrimoni degli italiani. I più ricchi, certo, ma anche quelli che hanno già pagato le tasse e le hanno pagate più degli altri.
Jannik Sinner (Ansa)
All’Inalpi Arena di Torino esordio positivo per l’altoatesino, che supera in due set Felix Auger-Aliassime confermando la sua solidità. Giornata amara invece per Lorenzo Musetti che paga le fatiche di Atene e l’emozione per l’esordio nel torneo. Il carrarino è stato battuto da un Taylor Fritz più incisivo nei momenti chiave.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.






