2023-11-22
Sánchez inizia male. I giudici accusano il suo alleato catalano di terrorismo
Re Felipe e Pedro Sánchez (Ansa)
I pm mettono nei guai il neonato governo: i voti di Puigdemont sono indispensabili. E scoppia il caso di due ministri pro Hamas.Carles Puigdemont deve essere accusato di terrorismo. Per il pubblico ministero, i tumulti provocati dalla piattaforma anonima Tsunami Democràtic dopo la condanna dei leader indipendentisti catalani, nel 2019, sarebbero reati di disordine pubblico di competenza dei tribunali della Catalogna. Invece, il giudice del Tribunale nazionale spagnolo, Manuel García Castellón, ha chiesto alla Corte Suprema di aprire un’indagine sul leader della formazione secessionista catalana Junts, oggi eurodeputato a Bruxelles, come presunto organizzatore delle violente proteste. Il magistrato afferma l’esistenza di indizi, che permettono di dedurre che Puigdemont partecipò alla nascita e alla pianificazione delle azioni Tsunami in Catalogna, nell’autunno del 2019. Assieme a Puigdemont, chiede che vengano indagati la segretaria generale di Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc), Marta Rovira, e altre nove persone. Per Castellón, le rivolte vanno considerate «disordini pubblici di carattere terroristico, oggettivamente imputabili ai membri dell’organizzazione». Esistono indizi «fondati e seri», e l’inchiesta dimostra che Puigdemont aveva un ruolo di leadership nelle proteste, trasformatesi anche in atti criminali. I fatti, però, non possono essere chiariti perché sono assenti Puigdemont e il deputato del Parlamento della Catalogna Rubén Wagensberg.Dopo quattro anni di indagini, la conclusione è che il reato a carico dell’ex presidente della Generalitat non può che essere di terrorismo. Davvero un bell’inizio di legislatura, per il neo insediato governo spagnolo. Pedro Sánchez ha firmato un patto con Puigdemont per avere i voti con cui tornare alla Moncloa senza indire nuove elezioni, concedendo in cambio l’amnistia agli indipendentisti catalani con cause penali aperte e un nuovo referendum. Accordi che stanno spaccando il Paese.Il leader di Junts, latitante in Belgio, ha orchestrato l’operazione, manovrando per i suoi fini politici l’ambizione del segretario del Psoe di continuare a governare, malgrado il voto contrario di gran parte degli spagnoli. Fare carta straccia della Costituzione è già una colpa che magistrati, cittadini e le forze politiche all’opposizione non perdonano a Sánchez. Ma un patto, siglato con chi può essere accusato di terrorismo, affosserebbe il premier e il suo esecutivo nato due giorni fa.Il 14 ottobre 2019, mentre i manifestanti assediavano El Prat di Barcellona, un turista francese perse la vita. Era malato, però il blocco dell’aeroporto può essere stato determinante, «confermando il rischio che l’azione compiuta da Tsunami Democràtic avrebbe potuto comportare all’integrità delle persone presenti», sostiene Castellón. E tre poliziotti rimasero gravemente feriti negli scontri di quel 18 ottobre. Atti gravi, che godettero di copertura, «di protezione», si legge nella memoria motivata alla Corte Suprema. Il giudice ribadisce che sono stati «il risultato di una pianificazione effettuata da diverse persone per l’esecuzione di azioni su larga scala, con una vocazione alla permanenza, capaci di mobilitare una massa di persone in un modo che ha compromesso la stabilità economica, sociale, imprenditoriale e istituzionale della Spagna».Non è la sola batosta per il neonato governo spagnolo. Scuote l’opinione pubblica e non passa inosservato nella Ue che due ministri, ex eurodeputati, Ernest Urtasun (Cultura) e Sira Rego (Infanzia e gioventù), avevano votato no alla condanna al Parlamento europeo degli attacchi terroristici compiuti da Hamas il 7 ottobre, contro la popolazione civile in Israele. La risoluzione venne approvata il 19 ottobre con 500 voti favorevoli, 24 astensioni e solo 21 deputati espressero voto contrario. Della sparuta, ma preoccupante minoranza facevano parte i due nuovi membri dell’esecutivo spagnolo. «Ciò che la risoluzione dovrebbe chiedere è un cessate il fuoco, che è quello che hanno chiesto i Verdi e che è stato respinto», provò a giustificarsi Urtasun, portavoce di Sumar. Però la maggioranza (58 su 64) del gruppo parlamentare europeo di cui fa parte aveva votato sì. Sorprendeva meno il voto contrario di Sira Rego, deputato europeo dal 2019, con padre palestinese che vive in Cisgiordania. Il suo partito, Izquierda Unida (ma integrato in Podemos), chiedeva la rottura delle relazioni diplomatiche con Israele. Inoltre, la maggioranza (13 su 24) del suo gruppo della Sinistra al Parlamento europeo (Gue/Ngl) era contraria alla risoluzione. The Times of Israel scrive che l’oggi ministro Rego, dedita da anni ai temi della crisi ecologica e dell’ecosocialismo, lo stesso giorno in cui hanno avuto luogo gli attacchi di Hamas aveva postato su X: «La Palestina ha il diritto di resistere dopo decenni di occupazione, apartheid ed esilio». Non solo, «ha anche ripubblicato i tweet in cui afferma che “l’intera delegazione diplomatica israeliana deve essere espulsa dallo Stato spagnolo” e in cui definisce Israele “antidemocratico e corrotto”». È preoccupante «la mancanza di accordo all’interno del governo Sánchez su una questione di politica estera così rilevante», osservava ieri il quotidiano Abc. Già l’ex ministro per i Diritti sociali nonché segretario generale di Podemos, Ione Belarra, a ottobre aveva accusato il Paese ebraico «di genocidio per la sua risposta militare nella Striscia dopo gli attacchi di Hamas». Bisogna dire che la posizione ufficiale dell’esecutivo spagnolo, presidente di turno della Ue, è sempre stata di condanna dell’attacco a Israele da parte di Hamas, ma due ministri filopalestinesi non sono un buon segnale.