2021-01-02
San Patrignano dipinta come lager è un regalo ai detrattori di Muccioli
La comunità si dissocia dalla serie di Netflix: «Sommaria e parziale». Tra scene di catene e filo spinato, il prodotto è un processo al fondatore che salvò migliaia di tossicodipendenti, considerati reietti dalla sinistra.Alla fine è slittata la frizione e lo hanno fatto diventare omosessuale. Niente di male ma curioso per i valori del politicamente corretto. Solo per dare l'idea del crescendo rossiniano, del vortice al veleno nel quale Vincenzo Muccioli è stato gettato a 25 anni dalla morte. Come quando cominci a insultare qualcuno, perdi il controllo e non ti fermi più. Prima santone perdigiorno, poi medium da strapazzo, aguzzino, forse mandante di omicidi, evasore fiscale, guru in preda a delirio di onnipotenza. E sempre tenutario di un lager chiamato San Patrignano.C'era attesa per la prima docuserie di Netflix Italia, prodotto audiovisivo della società fondata da Gianluca Neri, per la regia di Cosima Spender. Purtroppo si esce dalle cinque puntate di Sanpa, Luci e Tenebre di San Patrignano domandandosi dove siano le luci in questa visione distorta della realtà, che pretende di essere ecumenica e invece è prima indirizzata e poi dominata da una narrazione a senso unico, affidata a persone afflitte da un quarto di secolo da un mal di pancia che mediaticamente ancora funziona. E qualcuna pure condannata per le sue accuse. Se lo scopo era quello di colpire alle spalle la più grande comunità di recupero dalle tossicodipendenze d'Europa con oltre 1000 ospiti e di mandare nel mondo un'immagine negativa di una delle eccellenze italiane ricononosciute (Sanpa è partner dell'Onu e oggi ha imitazioni in tre continenti), l'operazione è riuscita. Lo si nota anche dall'entusiastica accoglienza della docu-fiction (nome più appropriato) da parte della dominante sinistra mediatica, genuflessa su un ginocchio davanti al colosso americano che paga gli spazi pubblicitari e sull'altro davanti a vecchie icone antipatizzanti rispolverate per l'occasione. Ci sono gli ex collaboratori usciti per dissidi e invidie, i testimoni dell'accusa ai processi Muccioli (due, sempre condannato in primo grado a Rimini e sempre assolto in appello), i giornalisti che allora facevano parte del plotone d'esecuzione, qualche pm che per una vita ha inseguito il fondatore, figure letterarie come Javert nei Miserabili. Allora Sanpa era vittima dell'astio politico di tre potenti chiese, che nella tragedia post-terroristica di fine anni Settanta non avevano capito nulla dei giovani reduci che si autodistruggevano iniettandosi eroina nei bagni delle stazioni. Erano il Pci dominante in Emilia Romagna che riteneva quei ragazzi relitti della società; il radicalismo antiproibizionista allora incarnato da Marco Pannella che vedeva la campagna di Muccioli contro la droga come fumo negli occhi; le associazioni cattoliche spiazzate da un uomo che curava una generazione perduta meglio di loro.La costruzione filmica della serie ha sorpreso San Patrignano, che con una nota si è dissociata completamente «da una visione unilaterale». «Il racconto che emerge è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla comunità stessa». Poi una sottolineatura imbarazzante per i curatori dell'operazione: «Senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti». Continua la contestazione: «Abbiamo ospitato per diversi giorni la regista della serie, che è stata libera di parlare con chiunque all'interno della comunità, e abbiamo inoltre fornito l'elenco di un ampio ventaglio di persone che potessero dare strumenti necessari per una ricostruzione oggettiva e informata. Elenco totalmente disatteso tranne il nostro responsabile terapeutico Antonio Boschini. Questo è un prodotto costruito per scopi di intrattenimento commerciale più che di seria ricostruzione documentaria». La comunità si dice inoltre preoccupata «per gli effetti negativi e destabilizzanti che potrebbero ricadere sull'oneroso lavoro di recupero, reinserimento e prevenzione». La character assassination di Muccioli a un quarto di secolo dalla morte è faticosamente riuscita. E nel «faticosamente» c'è la luce fioca che si fa largo fra le sbarre e il filo spinato filmati a caso, fra le catene che si muovono, fra i colpi di pistola che uccidono i manzi in macelleria, trovatine subliminali da scuola oratoriale di cinema per evocare il male. La luce è rappresentata dalla difesa del figlio Andrea, dalla verità della gente comune che andava in piazza per dare solidarietà a Muccioli, dai genitori dei ragazzi che si vedevano restituire vivi i figli dati per morti. E poi dall'impegno civile di personaggi pubblici come Giovanni Minoli, Indro Montanelli, Red Ronnie, Paolo Villaggio, Giandomenico Pisapia - il padre dell'ex sindaco di Milano fu il legale di Vincenzo - e di finanziatori come Gianmarco e Letizia Moratti (280 milioni donati perché Sanpa fosse quella che è oggi). La luce arriva da immagini a corollario come quelle delle code davanti all'ingresso della comunità nei giorni successivi alle furenti discussioni con Pannella in Tv o ai servizi sul processo «delle catene», con l'accusa di segregare i ragazzi più riottosi per non farli tornare a bucarsi. Quelle file di auto erano lì perché le famiglie avevano capito che l'ultima spiaggia dei loro figli era sì in riviera, ma su una collina dietro Rimini. Allora il clima era paradossale: perfino magistrati che indagavano sugli eccessi, telefonavano a Sanpa per far entrare figli di amici in difficoltà. «Miracolo non è quando spunta un fiore ma quando un fiore spunta da una pianta morta». Era una delle frasi preferite da Muccioli, è l'eredità lasciata alla San Patrignano di oggi che proprio non esiste dentro lo sgangherato prodotto di Netflix. In Sanpa manca soprattutto Sanpa. Quella che ha salvato 26.000 vite in 40 anni e le ha rimandate alle famiglie; quella che reinserisce nella società il 75% dei ragazzi drug free; quella che insegna loro una professione con i 40 laboratori; quella che continua a lottare sul fronte del flagello delle droghe sintetiche che devasta i minori; quella che ha ricevuto l'abbraccio istituzionale di segretari dell'Onu (Ban Ki-Moon), presidenti della Repubblica (Carlo Azeglio Ciampi, Sergio Mattarella), papi (Giovanni Paolo II); quella che fa risparmiare allo Stato italiano 28 milioni all'anno.Stressare all'eccesso vicende giudiziariamente chiuse della San Patrignano dell'altroieri con l'effetto di colpire la San Patrignano di oggi ha un senso? Carlo Gabardini, coautore della sceneggiatura, spiega che «non volevamo fare uno spot». Come se fra l'adulazione e la denigrazione non ci fosse spazio. Proprio lui ha detto a Vanity Fair: «Perché non sappiamo più niente di San Patrignano?». E lo chiede a noi? Chi si limita alle sue cinque puntate, con 180 ore di interviste e un gran tintinnar di catene, ne sa anche meno.
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