2022-09-24
Il padre orco di Saman al telefono: «L’ho ammazzata per il mio onore»
Saman Abbas. Sullo sfondo, gli ultimi istanti di vita ripresi da una telecamera di sorveglianza (Ansa)
Nell’inchiesta sulla giovane di origine pachistana sparita nel nulla a Novellara compare un’intercettazione che rappresenta una confessione: «Non mi frega nulla di nessuno». Tutto è nato dalla foto di un bacio sui social.Già vestiva all’occidentale e si opponeva al matrimonio combinato dalla famiglia con un cugino. Un bacio per strada a quel fidanzato che non era stato mai accettato, finito impresso in un selfie, avrebbe quindi fatto traboccare il vaso, condannando la ragazza a morte: «Ho ucciso mia figlia, l’ho fatto per proteggere il mio onore». Le parole che per la Procura di Reggio Emilia avrebbero il sapore di una confessione sono di Shabbar Abbas, il papà di Saman, la diciottenne pakistana scomparsa nel nulla la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio dell’anno scorso a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. L’uomo, già fuggito in Pakistan con la moglie, era al telefono con un parente che vive in Italia. È l’8 giugno 2021 e Saman è scomparsa da poco più di un mese. «Per me la dignità degli altri non è più importante della mia [...]. Io ho lasciato mio figlio in Italia (il fratello minorenne di Saman, che ora è affidato a una comunità protetta e che è un testimone dell’accusa, ndr). Ho ucciso mia figlia e sono venuto, non me ne frega nulla di nessuno». A quel punto gli investigatori hanno convocato l’interlocutore del papà di Saman. E il 25 giugno hanno raccolto un riscontro, riportato in un’informativa di 80 pagine dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Emilia, che viene considerato di particolare importanza: il padre di Saman aveva telefonato per intimare al parente di non parlare in giro di lui e della sua famiglia. L’uomo avrebbe quindi riassunto così le parole pronunciate da Shabbar durante la telefonata: «Io sono già rovinato, avete parlato di me in giro, non lascerò in pace la vostra famiglia». Poi la spiegazione sulla confessione: «Io sono già morto, l’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore. Noi l’abbiamo uccisa». E ha spiegato, pur senza fare nomi, che quel «noi» a suo parere avrebbe indicato il contesto della famiglia. Da subito, infatti, gli investigatori hanno puntato la pista familiare, che ha prodotto l’arresto dello zio Danish Hasnain (considerato l’esecutore materiale dell’omicidio) e di due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Mentre papà Shabbar e la moglie Nazia Shaheen sono ancora latitanti in Pakistan, inseguiti da una richiesta di estradizione firmata dal ministro Marta Cartabia e rimasta nei cassetti delle autorità pakistane. La telefonata è saltata fuori solo ora perché depositata tra gli atti del processo a carico dei genitori di Saman, dello zio e dei due cugini che comincerà il 10 febbraio 2023 (sono accusati di sequestro di persona, omicidio e soppressione di cadavere). Insieme alla telefonata ci sono i filmati della telecamera dell’azienda agricola in cui lavoravano i parenti di Saman, che hanno ripreso lo zio e i cugini con arnesi da lavoro, con una pala e un piede di porco muoversi in un orario sospetto il giorno prima della scomparsa della ragazza. Saman, infatti, ritengono gli investigatori, sarebbe stata uccisa lo stesso giorno della scomparsa e il suo corpo, a lungo cercato senza esito nelle campagne e tra le serre della Bassa, sarebbe stato fatto sparire, probabilmente dopo essere stato smembrato. «Da quegli stralci non si può ricavare nulla», ha contestato Simone Servillo, difensore d’ufficio del padre di Saman, che ha aggiunto: «Addirittura leggo che c’è qualcuno che parla di confessione, ma lì non abbiamo nemmeno contezza effettivamente di chi sia l’interlocutore e gli stralci che sono stati estrapolati possono essere letti anche in chiave figurativa. Oltretutto stiamo parlando di intercettazioni di soggetti che parlavano in pakistano, magari in un dialetto, quindi parlare di confessione è completamente ridicolo». Nel novembre 2020 Saman, ancora minorenne, era stata allontanata dalla famiglia e protetta in una comunità, nella quale rimase anche per i primi mesi del 2021. Risale a quel periodo la foto del bacio, che la giovane ha condiviso su Instagram. Un passo falso in una famiglia che, come sembrano dimostrare gli atti dell’inchiesta, ha dimostrato di essere legata alle tradizioni pakistane più retrograde. Ad accorgersi di quello scatto sarebbe stato il fratellino di Saman, che l’avrebbe mostrata ai familiari. Un cugino di Saman, sentito dagli investigatori, ha riferito che papà Shabbar, la madre Nazia e il fratello «si lamentavano in continuazione» per quella foto. Sarebbe stata quella, quindi, la scintilla che avrebbe portato a prendere la decisione estrema. A gennaio 2021 il padre di Saman partì per il Pakistan e lì avrebbe minacciato di morte i familiari del fidanzato della figlia, come da questi denunciato. Saman fece quindi ritorno a casa il 20 aprile. Ma solo per prendere i suoi documenti e lasciare la casa paterna definitivamente, per vivere libera e con il ragazzo che aveva scelto senza imposizioni. Un sogno che non è riuscita a realizzare.
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)