2019-04-20
Salvini vede lontano. Ma la palude romana potrebbe fermare la sua «rivoluzione»
Il Capitano ha una visione chiara fin da quando era un militante. Se così non fosse sarebbe ancora fermo ai riti folcloristici padani.Ma Matteo Salvini ha la vista lunga, o corta? Marcello Veneziani, nel suo bell'articolo di ieri, sembra pensare che la debba allungare. E certo, di questi tempi, devi sempre sforzarti di vedere più in là, il domani è subito ieri. Però, a vederlo non solo dal palcoscenico governativo, ma da Milano, il territorio antropologico cui sia pure con grande libertà organicamente appartiene, Salvini mi sembra uno che la vista lunga ce l'ha sempre avuta. Fin da ragazzo. La prima volta che l'ho incrociato, alla Lega Nord (o era ancora: Lombarda?) una trentina d'anni fa, si stava dando un gran daffare per organizzare un incontro e contrastare il progetto di una moschea a Lodi. Praticamente un sacrilegio in mezzo alla «pianura bianca», cattolica, dove nacquero - tra gli altri - i padri Barnabiti, presso i quali studiarono Alessandro Manzoni, Marco Bellocchio (che si vendicò crudelmente) e anche io (e molti altri). Quel (forse non ancora) ventenne, impegnato in pieno e distratto edonismo reaganiano a radunare vecchie cariatidi (come me e altri), per contrastare l'arrembaggio islamico, mi stupì non poco. Di sicuro non era un prodotto del consumismo politico che Veneziani perfettamente descrive e giustamente deplora, con i suoi facili e insulsi obiettivi. Certo avrebbe sempre potuto diventarlo dopo, naturalmente. Non potevo escluderlo. Anche se dalle poche volte che lo intravidi sotto casa (abito a fianco del Palazzo di giustizia, occhio di ogni ciclone), impegnato in mezzo alla strada in sacrosante e movimentate proteste, non mi diede l'impressione di stare imbolsendo in vaniloqui di maniera. Era un giovane attivista appassionato. Certamente non un burocrate, virus che ha contagiato legioni di giovani in questi anni; ma neppure uno che recita. A vederlo, dava l'impressione di uno che il copione ce l'ha nel sangue, non in testa. E non ce ne sono stati tanti così in giro. Un altro con la parte nel sangue era l'Umberto, il Senatùr. Ma quello, che all'inizio ci aveva visto lontanissimo, poi si innamorò della Padania, terra pure a me molto cara, ma anche rischiosa, come tutte le pianure ex paludi. Facile infognarcisi. Salvini invece questa capacità di alzare lo sguardo ce l'ha di natura, almeno finora. Io, che pure il cambiamento ce l'ho di default (e sono riconoscente alla neuroscienze che hanno scoperto che va bene così), rimasi di stucco quando lui buttò tutto il padanismo all'aria per il Sud, e lo convinse a dire: Io sto con Salvini. Però, con mia grande sorpresa, aveva ragione. Aveva colto la possibilità di un cambiamento positivo del Sud, invisibile per gli osservatori di professione, più o meno tutti malati di cinismo. Per verificare meglio, chiesi ai giovani: mi ero accorto che moltissimi, fra loro, erano compagni di avventure del Capitano. Cercai di capire se era un virus internettistico, una suggestione o cosa. Era altro, e imprevedibile. Gli volevano bene, e lui a loro. Era, dicevano, «vero», aggettivo che un giovane dice oggi a voce bassa e come con pudore, dato che i politici sono quasi tutti falsissimi. Ed era -altra cosa quasi inesistente tra i politici attuali - corretto, non una carogna. Non che non si battesse per le sue idee. Malgrado i bacioni che manda a questo e quello, è chiaro che attaccare briga a Salvini non dispiace affatto. Ma è leale. Così pare sia stato coi suoi due grossi avversari nella Lega, il Senatùr e Roberto Maroni. E un Capitano leale, in tempi in cui tutto è falso, non lo si trova tutti i giorni. Oltre a qualità personali tuttavia, oggi servono, come chiede Veneziani, idee e programmi. Ma qui Salvini, sa da sempre, (non saprei se per intuizione o per sudata conoscenza) cose e informazioni che altri non hanno. Per lui (come a dire la verità anche Bossi e altri nella Lega) il sovranismo non è affatto uno slogan vuoto, ma il fenomeno che li collega con gli altri movimenti autonomisti e sovranisti che dagli anni Ottanta in poi hanno gradualmente cambiato la carta geografica del mondo, e ora anche quella elettorale. Che i grandi giornali e strumenti informativi ne parlino il meno possibile (in parte per ignoranza, in parte per paura), si limita a rallentare il fenomeno. Su cui molti (me compreso) fin da allora scrivevano libri e tenevano corsi universitari nelle facoltà di scienze diplomatiche e politiche di mezzo mondo. Sovranismo e populismo, infatti, non sono due slogan di corto respiro che occorrerà cambiare da qui all'autunno per trovarne altri che tirino per qualche mese, ma i fenomeni (antichi) che cambieranno il mondo nei prossimi anni. Certo, bisognerà studiarseli bene nelle loro trasformazioni. I fenomeni politici sono aggregazioni di energie in continuo sviluppo, e per continuare a farne parte e guidarli occorre non farsi buttar fuori dalle pesantezze personali, o storiche, del contesto in cui ci si muove. Né a Roma, né a Bruxelles si respira aria buona (da tempo), e intossicarsi rimane il rischio principale del Capo (come già dimostrato dall'attuale Presidente dell'Unione europea, e altri). Su questo però, Milano ha una tradizione forte, borromaico-catara che Salvini pare avere già nel sangue. Deve solo averne cura, e difenderla.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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