2023-05-31
Lega di lotta o di governo nell’Ue: il bivio di Salvini per le Europee
Il Carroccio dovrà scegliere se agganciarsi all’asse Ppe-Ecr o rimanere «scettico».Dopo la disfatta della sinistra al secondo turno delle amministrative, contemporanea al botto del Partito socialista spagnolo, l’orizzonte politico è tutto proiettato sulle Europee del 2024. Come ampiamente spiegato su queste colonne, Giorgia Meloni tenterà di strutturare l’embrione di un partito conservatore che sfondi il perimetro ideologico-culturale ed elettorale di Fratelli d’Italia e intercetti l’onda lunga di quella che appare a livello internazionale una stagione sfavorevole alla sinistra: tendenza che potrebbe avere una clamorosa conferma con le Presidenziali Usa, pochi mesi dopo le Europee.Al Parlamento dell’Unione il centrodestra di governo si presenta, oggi, diviso in tre compagini differenti: una - Forza Italia - fa parte della «maggioranza Ursula» che ha permesso la nascita della Commissione Von der Leyen grazie anche alla delegazione grillina; una - Fratelli d’Italia - ambisce a farne parte dalla prossima legislatura, forte della leadership meloniana di Ecr (il gruppo di Strasburgo cui sono iscritti gli uomini di Fdi) e del prevedibile balzo numerico in Aula rispetto a oggi; la terza, la Lega, è il partito la cui collocazione - oggi all’opposizione in Europa - si presenta come più intrigante e complessa, tanto da finire oggetto di discussione negli ultimi due Federali.Mentre infatti l’orizzonte del cartello di Silvio Berlusconi è chiaro (stare dov’è, puntando sul cursus di Antonio Tajani) e quello di Giorgia Meloni è di dar vita a una nuova maggioranza con al centro l’asse Ppe-Ecr, il Carroccio ha davanti una scelta ancor più radicale: «normalizzarsi», tentando di far parte anch’esso della nuova euromaggioranza (col vantaggio teorico della possibile armonia politica tra Roma e Strasburgo) o mantenere una piattaforma di radicalità scettica, sfruttando anche il progressivo «ammorbidimento» degli alleati di governo. Non è, come si vede, una decisione scontata né semplice: da questa però deriverà anche la mossa «pratica» relativa al gruppo in cui collocarsi. Oggi il partito guidato da Matteo Salvini abita in Identità e democrazia con il partito di Marine Le Pen, Alternative für Deutschland, l’FpÖ austriaco e altre sei sigle. Mantenere questa squadra vorrebbe dire escludere quasi certamente di poter entrare nella maggioranza del nuovo governo dell’Ue dopo le Europee: non è detto però che farne parte sia un obiettivo irrinunciabile per Salvini. Realisticamente, infatti, anche al prossimo giro l’Ue rischia di essere governata da una Grosse Koalition comprendente come detto Ecr. Che sarà chiamato a una grandissima prova se in questa coalizione non vorrà avere un ruolo da comprimario. Tradotto in soldoni: alla Meloni potrà spettare una fiche importante nel giro di nomine che contano (presidenza della Commissione, del Consiglio e del Parlamento) solo con un esito elettorale del suo gruppo oggi difficilmente preventivabile. Tornando alla Lega, le opzioni di «cambiare aria» includono una corsa solitaria (decisamente sconsigliabile anche per ragioni pratiche ed economiche), o il tentativo di entrare in altri gruppi: la strada del Ppe è molto difficile ma non del tutto impossibile: c’è anche la pista di un accordo tecnico ancora tutto da definire (anche perché i Popolari devono contemporaneamente definire l’approccio e le richieste per l’alleanza con Fdi). A meno che - ultima ipotesi - Salvini non voglia chiedere ospitalità alla Meloni stessa, certificando però una subordinazione non proprio ideale sul piano interno. «Prima dell’estate avremo una decisione», spiegano dal partito. Non sarà facile, né indolore.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)