
Dopo le regionali in Molise e Friuli Venezia Giulia, tra meno di due mesi (il 10 giugno) si tornerà alle urne in 800 Comuni. Per la prima volta è Matteo Salvini a imporre la linea agli alleati. E piazza uomini suoi in barba a ogni accordo.C'è una data sul calendario che potrebbe segnare per sempre la fine di un partito politico, ovvero Forza Italia, la creatura con cui dal 1994 Silvio Berlusconi ha segnato la politica nel nostro Paese. È il 10 giugno, data delle prossime elezioni amministrative, quando con tutta probabilità gli azzurri usciranno di scena lasciando lo scettro del nuovo centrodestra alla Lega di Matteo Salvini. Perché se a livello nazionale si lavora per trovare il bandolo della matassa per la formazione di un nuovo governo, a livello locale Salvini sta perfezionando la sua Opa per inghiottire definitivamente i forzisti. Non a caso il 10 giugno viene vissuto a palazzo Grazioli come il giorno dell'apocalisse.D'altra parte non ci sono solo le elezioni regionali imminenti in Molise (domenica prossima) e Friuli Venezia Giulia (29 aprile), con il Carroccio e il Movimento 5 stelle che spaventano il Cavaliere. Tra meno di due mesi si tornerà al voto in quasi 800 Comuni, tra cui 21 capoluoghi di provincia. In Lombardia si recheranno alle urne almeno 800.000 persone, con il rinnovo di almeno 103 amministrazioni comunali, tra cui capoluoghi come Brescia e Sondrio. La partita è ampia, si gioca in tutta la penisola e per la prima volta Salvini sta imponendo la linea agli alleati. Il Partito democratico ormai è dato per non pervenuto, mentre i grillini avanzano soprattutto a Sud, in particolare in Sicilia. Del resto, se prima erano gli azzurri a dare le carte, dopo i risultati delle politiche del 4 marzo tocca al segretario leghista che ha avuto più voti dettare la linea. C'è tempo fino al 10 maggio, ma già martedì prossimo ci sarà un aggiornamento su strategie e alleanze.Salvini e i suoi, dopo aver chiuso sul Friuli - dove Max Fedriga si appresta a vincere con facilità - stanno imponendo la maggior parte dei candidati in centro Italia, tra Toscana e Umbria: al Nord la marea verde è ormai un dato di fatto. Forza Italia e Fratelli D'Italia provano a resistere. Il caso emblematico è Terni, dove proprio Salvini si presenterà mercoledì mattina per presentare l'avvocato Leonardo Latini. Il leader del centrodestra ha spiazzato gli alleati, presentando un suo uomo in barba a ogni accordo. È probabile che ci sarà da litigare ai tavoli, ma la Lega ha dalla sua una buona mano di poker, grazie ai risultati alle ultime politiche ma soprattutto agli ultimi sondaggi. Secondo un report di Swg commissionato il 12 aprile da via Bellerio, la Lega ormai viaggia intorno al 23,5%, mentre Forza Italia perde quattro punti rispetto al 4 marzo, toccando appena il 10%. Non solo. La fiducia di Salvini continua a salire come quella del Carroccio. Per di più alla domanda su quale sia il leader che si sta comportando meglio nel post elezioni la leadership spetta sempre al segretario del Carroccio, che supera il leader pentastellato Luigi Di Maio e doppia persino Berlusconi. Resiste Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia. La Lega, quindi, si appresta a vincere in Friuli Venezia Giulia e a occupare tutte le caselle delle regioni del nord. Ormai manca solo il Piemonte che andrà in scadenza il prossimo anno, quando Sergio Chiamparino dovrà lasciare. Considerato il trend degli ultimi mesi è probabile che anche lì sarà sempre Salvini a dettare i tempi.Ma qua e là continuano a esserci sacche di resistenza. Come a Imperia, dove l'ex ministro dell'Interno, Claudio Scajola, si è candidato contro il nipote Marco, quest'ultimo sostenuto da tutta la coalizione, in particolare proprio dal governatore Giovanni Toti, il primo a sparigliare le carte dentro Forza Italia appoggiando in tutto e per tutto la linea leghista. Non solo. Anche in Toscana il Carroccio ha imposto il candidato a Pisa, mentre c'è ancora da chiudere gli accordi a Massa. In Lombardia, dove Attilio Fontana è il nuovo governatore, Forza Italia con Paola Villardi a Brescia, mentre a Sondrio Marco Scaramellini è un candidato più civico, formula con cui spesso si affrontano le elezioni amministrative. Ma negli altri Comuni al voto, la Lega l'ha spuntata a Cinisello Balsamo, a Bareggio e a Bresso presentando suoi uomini. Così come nella stessa Udine, dover a correre è Pietro Fontanini, storico leghista friulano, già deputato negli anni '90. Anche a Barletta, nella profonda Puglia. A sottoscrivere il ragionamento è stata anche Nunzia De Girolamo, storica forzista, qualche settimana fa ha detto nero su bianco che ormai il travaso di voti, consiglieri e parlamentari verso la Lega è imminente e che «la classe dirigente di Forza Italia non è all'altezza». In casa azzurri si ragiona sul futuro. E a quanto pare è Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera, che sta resistendo di più alla linea imposta da Niccolò Ghedini. Ma il problema è che non ci sono idee sul futuro. Cosa farà Forza Italia dopo essere scomparsa dai radar? Si unirà alla Lega oppure Berlusconi vorrà lanciare un nuovo partito? Di certo bisognerà capire cosa succederà la prossima settimana, quando il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, indicherà (forse) un esploratore. Da lì passerà altro tempo per cercare di formare un governo. In pochi ormai scommettono sulla possibilità che Salvini e Di Maio riescano a trovare un accordo. Anzi, a chi si fa presente che durante il Vinitaly, di fronte a un bicchiere di prosecco, i due possano sciogliersi la risposta è questa. «Più del Valpolicella vedo un Amarone». Nel senso di un calice amaro che dovrà bere il capo dello Stato che mercoledì dovrà fare le sue valutazioni. In casa Lega c'è grande tranquillità. Anche sui conti e sulla procura di Genova, vicende tornate di attualità in questi giorni sui giornali. A quanto pare l'accoglimento del ricorso dei pm al tribunale del riesame non significa che ci sarà un sequestro imminente dei 48 milioni di euro. Anzi, la situazione dei conti delle «nazioni» è rimasta invariata e quindi l'operatività è assicurata.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).
Mucche (iStock)
In Danimarca è obbligatorio per legge un additivo al mangime che riduce la CO2. Allevatori furiosi perché si munge di meno, la qualità cala e i capi stanno morendo.
«L’errore? Il delirio di onnipotenza per avere tutto e subito: lo dico mentre a Belém aprono la Cop30, ma gli effetti sul clima partendo dalle stalle non si bloccano per decreto». Chi parla è il professor Giuseppe Pulina, uno dei massimi scienziati sulle produzioni animali, presidente di Carni sostenibili. Il caso scoppia in Danimarca; gli allevatori sono sul piede di guerra - per dirla con la famosissima lettera di Totò e Peppino - «specie quest’anno che c’è stata la grande moria delle vacche». Come voi ben sapete, hanno aggiunto al loro governo (primo al mondo a inventarsi una tassa sui «peti» di bovini e maiali), che gli impone per legge di alimentare le vacche con un additivo, il Bovaer del colosso chimico svizzero-olandese Dsm-Firmenich (13 miliardi di fatturato 30.000 dipendenti), capace di ridurre le flatulenze animali del 40%.





