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La «caccia» a Salvini è giusta: ha troppo potere

La «caccia» a Salvini è giusta: ha troppo potere
ANSA

Venerdì 8 giugno l'articolo di fondo scritto da Maurizio Belpietro per La Verità recitava: «Il nuovo sport nazionale? Caccia a Salvini». E a pagina 3 la conclusione del pezzo aveva un titolo ancora più aspro: «In Italia se non spari su Salvini, non sei nessuno». Da semplice collaboratore settimanale della Verità, che ringrazio poiché ospita da anni il mio Bestiario, le affermazioni di Belpietro mi hanno costretto a un esame di coscienza. Mi sono domandato: caro Giampaolo, alla tua bella età sei diventato un killer che spara giudizi velenosi invece di pallottole? E seguiti a lavorare per un quotidiano che, secondo la penna del suo direttore, ritiene che i leader politici siano intoccabili e non possano essere criticati anche con durezza?

Bettino Craxi, che mi conosceva dai tempi dell'Università, quando s'imbatteva nel sottoscritto ringhiava: «Pansa, quando la smetterai di rompermi i coglioni?». I comunisti non potevano sopportarmi perché non ero disposto a considerare un santo il loro segretario generale, Enrico Berlinguer. Soltanto i democristiani restavano impassibili. Il mio bersaglio preferito era Amintore Fanfani. Eppure lui si comportava da vero signore. E mi riceveva sempre. Per il piacere di duellare e di scambiarsi colpi duri. Diceva: «I giornalisti leccaculo li lascio ai presunti big del mio partito!».

Quando la prima repubblica morì con l'avvento al potere di Silvio Berlusconi, il Cavaliere diventò il primo dei miei bersagli. Gli ho dato la caccia per anni. Dopo aver conquistato la Mondadori, il Berlusca si era messo in mente di papparsi anche il gruppo Espresso-Repubblica. Io ero il vicedirettore di Eugenio Scalfari e fui uno dei killer che, a sentire l'esercito del Cavaliere, aveva ricevuto l'incarico di abbatterlo con le parole stampate. Scrissi anche un libro contro il Silvio nazionale: L'intrigo, pubblicato dal mio editore di allora, la Sperling & Kupfer. Vendette molte copie e mi procurò dei buoni diritti d'autore. Era il prezzo del mio killeraggio ai danni del Cavaliere? Forse sì, ma non mi accorsi di essere diventato un criminale.

Adesso, nel giugno 2018, a sentire Belpietro si è aperta una nuova caccia a un big politico: Matteo Salvini, il capo della Lega. Debbo dire che tutta questa caccia io non la vedo. Esiste un solo quotidiano che gli è davvero contrario: La Repubblica diretta da Mario Calabresi. La sua ostilità è evidente, ma anche del tutto signorile, un tratto tipico nel mio vecchio amico Mario.

Ma se guardiamo al complesso della stampa italiana, tutta questa caccia mi appare una favola. Forse comincerà tra un po' di tempo, quando il leader leghista avrà dispiegato tutta la sua strapotenza politica e anche la bruscaggine del proprio carattere. Semmai oggi vedo qualche novità del tutto opposta. Ne volete un esempio? Eccovi serviti.

La novità stava sul Giornale di venerdì 8 giugno. Il quotidiano diretto con efficacia da Alessandro Sallusti non appartiene alla schiera delle gazzette favorevoli al governo gialloblù. Ma pur essendo una testata critica ha accettato di pubblicare un singolare appello di Francesco Alberoni, uno dei grandi sociologi italiani, un signore di 89 anni che ha visto e studiato i tanti mutamenti della nostra felice, o infelice, società. In quell'appello, rivolto a Salvini, Alberoni raccomanda al capo leghista di stare attento perché i suoi avversari proveranno a distruggerlo.

L'appello di Alberoni è importante. Non soltanto per la figura del suo autore, ma per quello che lascia intravvedere: il formarsi di una singolare convinzione. Provo a riassumerla così. La Lega è forte e grazie a Salvini diventerà il primo partito italiano, mettendo sotto i 5stelle, guidati da una coppia male assortita, Luigi Di Maio e Beppe Grillo. Ma questa possibilità renderà cazzuta, per usare una parola del linguaggio giovanile, l'opposizione a Matteo. Con tutte le conseguenze che spero non si avverino.

Per quanto riguarda il sottoscritto, ho un dovere verso i lettori del Bestiario: dire come la penso a proposito di Matteo Salvini. Questo signore non mi piace. È diventato il ministro dell'Interno e uno dei due vicepresidenti del Consiglio, ma non ha lasciato la carica di segretario politico della Lega. Creando un caos non da poco in un panorama politico già abbastanza confuso. Poi il Salvini mi sembra troppo muscolare, tanto da apparirmi un allievo del Dittatore dello stato libero di Bananas, un vecchio film diretto e interpretato da Woody Allen. Se ne frega dello spread che ritiene una malvagia invenzione di qualche professore alla Mario Monti. Invece costa milioni di euro a noi italiani. È pronto a litigare con mezzo mondo. E questo elenco potrebbe continuare per parecchi capoversi. Ma penso che annoierei un bel po' di lettori.

Arrivato a questo punto, sono obbligato a rivolgermi una domanda. Posso continuare a dare la caccia a Salvini come ho fatto, settimana dopo settimana, con Matteo Renzi, anche su un giornale diretto da Belpietro? Renzi l'avevo battezzato il Bullo o il Super Bullo. E anche oggi sulla Verità compaiono articoli al curaro su di lui e sugli affari del padre e della madre. Non abbiamo avuto misericordia per la famiglia Renzi e dobbiamo averla per Salvini, un maxibullo in camicia verde?

Sono meno anziano di Alberoni (82 anni contro 89). Però mi sto rendendo conto che forse sarebbe meglio pensare alla salute e scrivere buoni libri. Lasciando perdere i giornali, questa giungla di carta che ho cominciato a frequentare il giorno di Capodanno del 1961.La bellezza di mezzo secolo fa, più qualche frattaglia.

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Ricchezza triplicata e vecchiaia al sicuro: il piano  Mediolanum
Ansa
Stefano Volpato: col Tfr nei fondi previdenziali e un contributo volontario di circa 5.000 euro l’anno si riduce il nodo della pensione bassa.

Il 2025 rappresenta un punto di svolta per Banca Mediolanum. «Un anno memorabile», lo definisce Stefano Volpato, direttore commerciale, non solo per i risultati economici - budget ampiamente superati - ma perché segna il passaggio da una fase di crescita a una di trasformazione strutturale. L’obiettivo dichiarato è ambizioso: accompagnare i clienti verso l’autonomia e l’indipendenza finanziaria in età pensionabile, rendendo possibile, nei fatti, la triplicazione della ricchezza finanziaria pro capite, sottolinea Volpato durante la tradizionale convention con la rete a Merano, per tirare le somme dell’anno che sta per finire e definire le strategie del 2026. Un anno, ha confermato l’amministratore delegato Massimo Doris, destinato appunto a superare il record del 2024, con una raccolta netta di 10,4 miliardi e oltre 2 milioni di clienti e un primato, nell’universo Assoreti tra raccolta, mutui e prestiti concessi oltre che le polizze sottoscritte.

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«Nido di vipere», desiderio e ipocrisia nel Texas profondo
«The Hunting Wives» (Netflix)

Arrivata su Netflix Italia, Nido di vipere adatta il romanzo di May Cobb e racconta noia, desiderio e trasgressione in una comunità texana conservatrice. Tra dramma e giallo, la serie osserva le contraddizioni private e sociali della sua protagonista.

La serie dello scandalo, quella che negli Stati Uniti ha fama di aver passato al vaglio, senza nulla lasciare all'immaginazione, la sessualità omoerotica di donne all'apparenza tradizionali. The Hunting Wives, tradotto per l'Italia con Nido di vipere, è un romanzo di May Cobb, adattato poi a serie televisiva. Negli Usa, sotto forma di narrazione tv, ha debuttato lo scorso anno. Su Netflix Italia, invece, è arrivata lunedì 15 dicembre, portando con sé una storia fatta di noia e trasgressione, di bisogni che emergono piano, travolgendo chi li provi prima ancora che questi possa capire perché.

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Dimmi La Verità | Augusta Montaruli (Fdi): «Il centro sociale Askatasuna non ha mai ripudiato la violenza»

Ecco #DimmiLaVerità del 19 dicembre 2025. Ospite la vicecapogruppo di Fdi alla Camera Augusta Montaruli. L'argomento del giorno è: "Lo sgombero del centro sociale Askatasuna di Torino".

Stellantis & C. scoprono il bluff Ue: «Svolta sulle elettriche disastrosa»
Ansa
Anche le case tedesche bocciano la proposta della Commissione che dà più spazio alle auto diesel e benzina: «Troppe condizioni, lievitano i costi». Per il gruppo di Elkann il piano è «inadeguato». Meno pessimista Parigi.

Quella che i commenti a caldo definivano «svolta epocale», si è prima trasformata in un passo in avanti «importante» - a strettissimo giro sminuito come «significativo» -, e poi è diventata l’ennesimo pastrocchio della Commissione europea che peggiora la già drammatica situazione dell’automotive nel Vecchio continente. La rapidissima parabola delle modifiche annunciate da Bruxelles sui veicoli elettrici si è compiuta quando i diretti interessati, cioè le case automobilistiche, hanno svelato il bluff.

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