
Mossa a sorpresa del leader della Lega per stanare il vicepremier grillino: «Pronti a eliminare 345 poltrone». Forza Italia si dimostra leale con il ministro dell'Interno, ma esclude la lista unica. Intanto Mara Carfagna respinge la corte di Luca Lotti e Pier Ferdinando Casini.Una bella partita a scacchi, quella tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Una trattativa di quelle toste, fatta di stop and go, minacce e lusinghe, frenate e accelerazioni. La posta in gioco? Le candidature per le prossime elezioni politiche e gli assetti di governo nel caso di vittoria del centrodestra. Elezioni politiche che, tra i big di Forza Italia, non tutti considerano vicine. «Faranno di tutto», spiega alla Verità una fonte di primissimo piano, «per tenere a galla la legislatura. La vera partita che si sta giocando è quella per l'elezione del capo dello Stato, nel 2022. L'attuale Parlamento è eterogeneo, permette ampi margini di manovra per eleggere un presidente della Repubblica che vada bene a tutti, o a quasi tutti. Dove il quasi sarebbe Matteo Salvini». Il successore di Sergio Mattarella potrebbe essere lo stesso Sergio Mattarella? «Non c'è alcun dubbio», risponde la nostra fonte, «che l'ipotesi del bis sia in campo». Per sparigliare le carte, ieri, in Aula, Matteo Salvini ha tirato fuori il classico coniglio dal cilindro: «Sono arrivate alcune proposte», ha detto il vicepremier leghista, «le raccolgo. Ho sentito l'amico e collega Luigi Di Maio più di una volta ribadire in questi giorni: “Votiamo il taglio di 345 parlamentari e poi andiamo subito al voto". Prendo e rilancio: tagliamo i parlamentari la prossima settimana e poi andiamo subito al voto». Taglio che, come ha poi ribadito lo stesso Salvini, diventerebbe effettivo dopo cinque mesi, e dunque, se si andasse al voto prima di questa scadenza, la sforbiciata andrebbe in vigore alle elezioni successive. Un modo per convincere i parlamentari a correre alle urne per avere la speranza di essere rieletti, prima che scatti la tagliola. La riunione di Forza Italia convocata ieri prima della seduta del Senato da Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, definita «interlocutoria» dai partecipanti, si è conclusa con una nota tutt'altro che accomodante verso la Lega. Gianni Letta e Antonio Tajani, le capigruppo al Senato e alla Camera, Anna Maria Bernini e Mariastella Gelmini, e Sestino Giacomoni, hanno deciso, insieme a Berlusconi, di rifiutare di confluire in una lista unica del centrodestra.«Il coordinamento di presidenza di Forza Italia», recita la nota diffusa al termine dell'incontro, «in relazione all'ipotesi di un listone di centrodestra apparsa su alcuni quotidiani, si dichiara radicalmente contrario a questa ipotesi. Forza Italia, pur auspicando un accordo di coalizione con gli altri partiti di centrodestra, non è disposta a rinunciare alla propria storia, al proprio simbolo e alle proprie liste in vista delle prossime elezioni politiche». In realtà, un autorevole e smaliziato esponente azzurro propende per l'idea che l'ipotesi del listone unico sia una forzatura di Salvini, ma che lo stesso leader della Lega non sia assolutamente contrario a un'alleanza classica, con tutti i partiti coi propri simboli e il «Sì» nei loghi, poiché la legge elettorale, con un'ampia quota proporzionale, i due terzi degli eletti, favorisce le coalizioni ampie. «Alla lista unica», spiega la nostra fonte, «non crede nemmeno Salvini». Nel corso del vertice ci sarebbero stati contatti telefonici tra Salvini e Berlusconi.La linea del Cav, in ogni caso, non cambia: sì al centrodestra unito, nessun sostegno a ipotesi di governi alternativi: se pastrocchio sarà, i berlusconiani saranno saldamente all'opposizione insieme a Lega e Fdi. Forza Italia è certa del fatto che, anche alla luce dei sondaggi, Matteo Salvini, sia convinto della necessità di tenere insieme tutto il centrodestra per avere la ragionevole certezza di approdare a Palazzo Chigi in caso di elezioni anticipate. La dichiarazione del capogruppo al Senato, Anna Maria Bernini, in apertura di seduta, ha ufficializzato la posizione: «Vogliamo votare il più velocemente possibile la mozione di sfiducia al presidente del Consiglio. Chi è vera opposizione dimostri di esserlo. Quando il “partito di Bibbiano" e il “partito del vaffaday", la prossima settimana, si metteranno d'accordo, saremo di fronte a una vera e propria barzelletta. Chiediamo anzi di votare la sfiducia a Conte in coda a questa seduta. Siamo tutti qui, in 55». La precisazione della Bernini è relativa alle indiscrezioni, circolate nella mattinata di ieri, che volevano una decina di senatori azzurri pronti ad assentarsi per dare manforte ai fautori del governo giallorosso (non ce ne vorranno i tifosi della Roma). Ipotesi smentita dai fatti: Berlusconi è riuscito a tenere il partito unito.Dunque, al di là delle schermaglie tattiche, il centrodestra unito regge e regge anche Forza Italia. Come anticipato ieri dalla Verità, anche Mara Carfagna, sottoposta in questi ultimi giorni a un asfissiante pressing da parte di Matteo Renzi, Luca Lotti e Pier Ferdinando Casini, per convincerla a sostenere l'eventuale governo giallorosso, ha ribadito la sua collocazione nel centrodestra: «La battaglia elettorale», ha scritto in una nota la Carfagna, «se si andrà al voto, si vincerà al Sud esattamente come è successo nel 2018. Ma il Sud non si può utilizzare come bacino elettorale da spremere e buttare. Forza Italia», ha sottolineato la vicepresidente della Camera, «ne è già in larga parte consapevole ma voglio dirlo anche ai colleghi della Lega, che già immaginano una campagna facile e sicuramente vittoriosa: senza il Sud non si vince, non si governa, l'Italia non cresce e non migliora».
Sébastien Lecornu (Ansa)
- Il nuovo capo del governo, che ieri ha visto il suo ex leader Nicolas Sarkozy, rischia di perdere il sostegno perfino di alcuni parlamentari eletti nel partito del presidente. Mozione di 104 deputati contro l’inquilino dell’Eliseo.
- A pochi mesi dalle Regionali, il Parlamento tedesco toglie le garanzie a Maximilian Krah, accusato di aver ricevuto soldi dalla Cina: perquisiti i suoi uffici e la sua casa.
Lo speciale contiene due articoli
Friedrich Merz ed Emmanuel Macron (Ansa)
Altro che Difesa comune: vertice «segreto» con i Paesi Baltici. Obiettivo: tagliare dal bilancio Ue i fondi per i «mediterranei».
Il drone Geran-2, nome russo per lo Shahed 136 di fabbricazione iraniana (Getty images)
Per intercettare dei mezzi piuttosto lenti la risposta occidentale è stata sproporzionata.
Getty images
Starmer, Merz e Macron parlano da capi della Nato: «Rinforzare le difese». A Vilnius il comandante Alexus Grynkkewich: «L’art.5 può scattare». Pietro Parolin: «Temo l’escalation».