2023-04-15
Saltato il ministero, Bassetti punta all’Iss
Matteo Bassetti (Imagoeconomica)
La virostar indicata come possibile candidato alla presidenza dell’Istituto, oggi guidato da Silvio Brusaferro: così salteremmo dalla padella alla brace. Il professore, per adesso, tiene un profilo basso. E alla «Verità» risponde solo con un «no comment».«No comment», risponde stizzito Matteo Bassetti alla Verità, che gli chiede se è vero che, come scritto ieri dalla Stampa, sia in pole position per assumere la guida dell’Istituto superiore di sanità. La virostar, diventato famoso durante la pandemia, prenderebbe il posto di Silvio Brusaferro, in scadenza a luglio. Bassetti, genovese, 52 anni, direttore della clinica di malattie infettive del policlinico San Martino del capoluogo ligure, è uno dei veterani, per non dire dei reduci, della brigata di medici che durante la pandemia invase gli schermi delle nostre televisioni, dispensando indicazioni, considerazioni, previsioni, dipingendo scenari: dalle loro labbra pendeva l’Italia disperata, rinchiusa in casa, terrorizzata dalle immagini dei pronto soccorso e delle sale di rianimazione degli ospedali. La maggior parte di questa pattuglia di camici bianchi è ritornata a fare il proprio lavoro senza più la luce dei riflettori puntata addosso, altri continuano invece, seppure raramente, a apparire nei talk show, altri ancora soffrono per la improvvisamente svanita notorietà e s’offrono per incarichi prestigiosi. Quando, lo scorso agosto, in piena campagna elettorale, il nome di Bassetti iniziò a circolare come possibile ministro della Salute nel caso di vittoria del centrodestra, il nostro si dichiarò pronto ad assumere la pesante responsabilità per amor di Patria: «Se qualcuno me lo chiedesse», disse all’Adnkronos, « sarei ovviamente onorato, lusingato e a disposizione per dare una mano come tecnico. Poi, in che ruolo, evidentemente non spetta a me dirlo. Io la mia disponibilità la do ovviamente come tecnico, all’interno del ministero della Salute che è una macchina che credo di conoscere. Dopo di che» si schernì Bassetti, «tutto il resto sono rumors». Arrivò la vittoria di Giorgia Meloni, ma nessuno chiese a Bassetti di fare il ministro, e neanche il sottosegretario, insomma niente. Lui però non la prese a male, il nostro uomo sa come si sta al mondo, anche se quando il governo decise il reintegro dei medici non vaccinati non trattenne il suo sdegno: «Questo è il modo peggiore in cui si potesse cominciare», attaccò Bassetti su Cusano Italia tv, «aver detto oggi, facendo di tutta l’erba un fascio, che è stato tutto ideologico e che oggi invece si vuole fare tutto di scientifico è un errore clamoroso che non andava fatto. Perché c’è stato qualche errore e io sono stato il primo a metterlo in luce», aggiunse modestamente Bassetti, «abbiamo fatto lockdown troppo lunghi, abbiamo chiuso le scuole quando andavano riaperte, abbiamo sbagliato a mettere troppo a lungo l’obbligo delle mascherine. Ma aver detto che è tutto sbagliato, ivi compresa la politica vaccinale, che invece deve essere vista come un fiore all’occhiello del nostro paese è un errore clamoroso. E io mi auguravo non si commettesse», continuò Bassetti, «perché sa molto di resa dei conti ed è uno schiaffo pesante al 95% degli italiani che si sono vaccinati. Ed è uno schiaffo al 99,3% dei medici italiani che si sono vaccinati. Perché è come dire: siete dei cretini, hanno fatto bene quelli a non vaccinarsi. È un errore clamoroso che io sinceramente non mi sarei mai aspettato. È Il modo peggiore in cui si potesse cominciare». I soliti pettegoli di palazzo attribuirono la durezza delle parole di Bassetti contro il governo alla mancata nomina a ministro della Salute: maldicenze ignobili, considerata la proverbiale ritrosia del luminare ad assumere incarichi pubblici. Non solo: a metà novembre, quando il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, di Fdi, finì al centro della bufera per alcune sue dichiarazioni sui vaccini, Bassetti lo attaccò duramente: «Ma come si fa», twittò Bassetti, «a dire che non c’è prova scientifica che i vaccini sono serviti a salvare la vita a milioni di persone? Basterebbe saper leggere la letteratura scientifica. Un bel tacer non fu mai scritto». Resta leggendaria l’intervista a Chi dell’aprile 2021, quando Bassetti commentò con la consueta modestia la sua crescente fama di sex symbol: «Una leggenda messa in giro dai giornalisti», si schernì, «come dice mia moglie, mi piace piacere , Che c’è di male? Ho 50 anni, professore e direttore, ora anche la notorietà. Perché dovrei vergognarmene? La telecamera è una droga», confessò, «ma quando non mi chiameranno più vorrà dire che l’emergenza è finita. Accetto volentieri lo scambio, ma non credo che sarà per forza oblio». Non è stato oblio, infatti, anzi: Bassetti mediaticamente vive e lotta insieme a noi, e ora si scopre che è pure tra i papabili per la presidenza dell’Istituto superiore di sanità. Avremmo voluto domandargli se sarebbe disponibile, ma lui ha troncato la conversazione in maniera assai netta. Magari ci avrebbe potuto rispondere: «Io presidente dell’Iss? Se qualcuno me lo chiedesse sarei a disposizione del mio Paese», ma evidentemente c’è la concreta possibilità che nessuno gli chieda assolutamente niente, neanche stavolta, e quindi meglio attendere e tacere, se non altro per scaramanzia.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)