2021-10-14
Sale la tensione tra Cina e Usa per Taiwan
Pechino ha inviato nei giorni scorsi 145 velivoli militari a sorvolare lo spazio aereo dell'isola. Washington ha risposto organizzando esercitazioni navali congiunte con India, Giappone e Australia. Taipei è convinta che il Dragone lancerà l'invasione entro il 2025.Non accenna a diminuire la tensione tra Pechino e Taipei. Ieri, il portavoce dell'Ufficio cinese per gli affari taiwanesi, Ma Xiaoguang, ha definito le manovre militari che la Repubblica popolare sta conducendo nei pressi dell'isola come una mossa «giusta». In particolare, secondo il Dragone, tali manovre sarebbero funzionali alla protezione della pace e della stabilità contro interferenze esterne. Non solo: il portavoce cinese ha anche duramente attaccato il Partito progressista democratico, attualmente al potere a Taipei, tacciandolo di «collusione» con potenze straniere. L'atteggiamento minaccioso di Pechino è stato comunque rispedito al mittente da Taiwan, con il suo ministero della Difesa che, in un rapporto presentato al Parlamento, ha significativamente dichiarato: «Più [i cinesi] si avvicinano all'isola, più forti saranno le contromisure». Ricordiamo che, negli scorsi giorni, 145 velivoli militari cinesi sono entrati nello spazio di difesa aerea di Taipei, mentre di recente Pechino ha effettuato simulazioni di sbarco sulle spiagge del Fujian (luogo da cui prevedibilmente prenderebbe avvio un'eventuale attacco a Taiwan). Si tratta di una situazione di turbolenza che il ministro della Difesa taiwanese, Chiu Kuo-cheng, ha recentemente definito come la peggiore degli ultimi quarant'anni, paventando inoltre un'invasione cinese dell'isola «su vasta scala» entro il 2025. Parole poco rassicuranti sono d'altronde arrivate, appena sabato scorso, dal presidente cinese, Xi Jinping, che ha auspicato una «riunificazione in modo pacifico», per poi tuttavia aggiungere: «Nessuno dovrebbe sottovalutare la ferma determinazione, la ferma volontà e la forte capacità del popolo cinese di difendere la sovranità nazionale e l'integrità territoriale». Giusto ieri, il Global Times (organo del Partito comunista cinese) ha inoltre pubblicato un inquietante editoriale, in cui si criticavano i «secessionisti» taiwanesi e si parlava di una «resistenza indifesa» da parte dell'isola. In tutto questo, pochi giorni fa, Pechino ha incassato l'esplicito appoggio di Mosca, con il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, che ha dichiarato: «La Russia, come la stragrande maggioranza degli altri Paesi, considera Taiwan parte della Repubblica popolare cinese». Le ragioni che stanno spingendo la Cina verso un atteggiamento così agguerrito in questo momento possono essere molteplici. È chiaro che Pechino stia cercando di mettere sotto pressione Taiwan innanzitutto per orientarne la politica e cercare di indebolire l'attuale presidente, Tsai Ing-wen. In secondo luogo, non è da escludere la volontà cinese di fiaccare la credibilità internazionale statunitense: il Dragone ha infatti già cercato di utilizzare il ritiro dall'Afghanistan per diffondere propagandisticamente l'immagine di un'America pronta ad abbandonare anche Taipei. Un terzo obiettivo che infine potrebbe essere alla base della condotta di Pechino è quello di coprire alcuni rilevanti problemi di politica interna: problemi probabilmente dovuti soprattutto alla significativa crisi energetica che la Cina si sta trovando ad affrontare. Eppure Washington non sembra affatto intenzionata a un passo indietro nel suo confronto con Pechino. E questo è chiaro innanzitutto dalla recente creazione dell'Aukus: il patto tra Stati Uniti, Australia e Gran Bretagna nel settore della Difesa che mira a contenere l'influenza cinese nell'Indo-Pacifico. Si scorgono tuttavia anche altri elementi che vanno in questa direzione. Come riferito dall'Hindustan Times, i Paesi appartenenti al Quad - India, Stati Uniti, Giappone e Australia - hanno iniziato martedì una nuova fase di esercitazioni navali nel Golfo del Bengala: esercitazioni che si terranno fino a domani e che fanno seguito a quelle già svoltesi in agosto nei pressi dell'isola di Guam. Sempre secondo l'Hindustan Times, uno degli obiettivi di Nuova Delhi con le attuali esercitazioni sarebbe proprio quello di lanciare un avvertimento contro le ambizioni del Dragone nell'Oceano Indiano. Va tra l'altro sottolineato che il dossier taiwanese è stato al centro del vertice tra i Paesi del Quad, tenutosi lo scorso agosto: tutto ciò, mentre - proprio ieri - la Cnn riferiva di un nuovo aumento della tensione tra Nuova Delhi e Pechino nell'area himalayana. È anche in questo tumultuoso contesto che, lo scorso 7 ottobre, la Cia ha annunciato la nascita del China mission center: una nuova unità finalizzata ad «affrontare la sfida globale posta dalla Repubblica popolare cinese che attraversa tutte le aree di missione dell'agenzia». Una nuova unità che, secondo il direttore della Cia, William Burns, «rafforzerà ulteriormente il nostro lavoro collettivo sulla più importante minaccia che affrontiamo nel ventunesimo secolo, un governo cinese sempre più ostile». Tra l'altro, il Wall Street Journal ha rivelato di recente che, da almeno un anno, un piccolo contingente di addestratori militari statunitensi sarebbe presente a Taiwan. Washington non sembra, insomma, intenzionata a fare passi indietro.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)