
Il sindaco meneghino, che qualche mese fa snobbava l’argomento sicurezza, apre gli occhi dopo i casi di cronaca a Milano. «Sono consapevole che una parte significativa dei crimini è commessa dagli immigrati, la sinistra non balbetti sul tema».Sala s’è desto. E si butta anche un po’ a destra. Nel giro di due giorni, un poliziotto è stato accoltellato da un clandestino e un altro agente ha ferito un immigrato armato di pietre in stazione Centrale. E così, il sindaco che a metà novembre vedeva solo «una campagna mediatica contro Milano», ora non solo ammette che in città c’è un grave problema di sicurezza, ma invita la sinistra «a non balbettare più sul tema». Finalmente si capisce perché gli piacciono tanto i 30 all’ora: per fare meglio le inversioni a U. Intanto Giorgia Meloni ha rilanciato il video dei colleghi dell’agente ferito, che urlano «Forza Christian!»Il nuovo verbo del sindaco dem viene diffuso ieri dal Corriere della Sera, che nelle pagine nazionali è costretto a raccontare l’ondata di violenza nelle strade della capitale economica e morale d’Italia, l’unica città veramente europea della Penisola, condannata però ad avere stazioni messicane. Sala parte al grido di «Milano non è fuori controllo» e ripete subito che ha solo i problemi «di cui soffrono le grandi città, in particolare quelle ricche dove arriva anche chi ha bisogno». Ma poi concede un’importante ammissione e una riflessione solo apparentemente banale: «Un legame tra sicurezza e immigrazione c’è. Sono più che consapevole che una parte significativa dei crimini a Milano sono commessi da immigrati». Eccolo lì, l’autorevole esponente del partito guidato dalla negazionista Elli Schlein che con nonchalance riconosce che sì, c’è proprio un nesso tra immigrazione e reati più o meno di strada come rapine, aggressioni e spaccio. Insomma, se lo dice lui, non è più razzista segnalarlo. Ed è interessante notare come ci è arrivato, il signor sindaco: ha preso atto della nazionalità e dello status di chi commette i suddetti crimini. Avrà dei dati riservati che gli passano in segreto il questore e il capo dei vigili urbani, perché secondo le anime belle dei giornaloni e di certe tv sarebbe gravemente discriminatorio indicare la nazionalità di chi è accusato di un reato (come se i lettori non se la chiedessero). In ogni caso, è evidente che anche il redivivo Sala non potrebbe cogitare e deliberare per il bene dei milanesi senza dati e informazioni precise. Ma dopo 48 ore di ordinaria follia in città, il primo cittadino pensa di ricavarsi uno spazio tra «buonisti di sinistra e cattivisti di destra» affermando che il vero problema è che «il problema migratorio non è mai stato affrontato seriamente». Trattandosi di un problema planetario, in attesa della sua soluzione «non ideologica» (quindi tecnica?), nella famosa città della moda converrà uscire di casa vestiti da finto poveri ed equipaggiare soldati e poliziotti come tartarughe Ninja. Sala al Corriere dice comunque anche una cosa «di sinistra» quando sottolinea che «non abbiamo ancora capito che la maggior parte di questi eventi sono causati da persone che sono drogate, ubriache o hanno gravi problemi psichici». Insomma, ci sarebbe anche «un problema di gestione sociosanitaria». Che però casualmente, neppure questo, compete a Palazzo Marino, ma alla Regione Lombardia. Che sempre casualmente è governata da una maggioranza di diverso colore e che Sala vuole però «chiamare al tavolo» istituzionale sul problema sicurezza. Che adesso c’è e quindi è meglio condividerlo. Alla fine, però, la frase a effetto della sua arringa di carta è rivolta ai compagni di mille vernissage: «Penso che la mia parte politica non può (sic) continuare a balbettare, ma deve dimostrare di essere in grado di gestire la situazione e di portare delle idee». È almeno dai tempi di Enrico Berlinguer e Ugo Pecchioli, per arrivare a Massimo D’Alema, Giorgio Napolitano, Luciano Violante e Marco Minniti, che a sinistra c’è un filone law and order ben consolidato, una vena che ha prodotto anche leggi importanti. Ma Sala evidentemente era distratto. Del resto, fino a poco tempo fa reagiva con malcelato fastidio quando i cittadini si lamentavano della crescente insicurezza, anche in centro, anche in pieno giorno. Al Sala che oggi ammette la gravità del problema sicurezza e il connubio con il tema immigrazione clandestina, va almeno ricordato che a metà novembre, quando Chiara Ferragni denunciò sui social la situazione in peggioramento, il sindaco influencer buttò la palla in tribuna sostenendo che c’era «un’evidente campagna politico-mediatica contro Milano e contro il suo sindaco». Ieri pomeriggio, intanto, il premier ha rilanciato su Linkedin il video dei colleghi di Christian Di Martino, che finiscono il loro messaggio urlando «Forza Christian!». Meloni ha aggiunto: «Siamo tutti con Christian, che sta lottando per la vita in ospedale dopo l’aggressione subita alla Stazione Lambrate». Da notare che il marocchino di 37 anni che lo ha colpito con una lama di 20 centimetri, Hasan Hamis, è un immigrato irregolare e per questo Sala ha buttato lì che non doveva essere a Milano. Colpa del governo, insomma. Mentre l’egiziano di 36 anni che tirava pietre alla polizia sotto l’effetto di droghe, dopo aver rapinato un cittadino marocchino, e si è beccato una pallottola nella spalla, sarebbe un richiedente asilo con pratica approvata. Dal che si ricava una volta di più che il problema della sicurezza non sono (solo) le mancate espulsioni, ma questo modello di accoglienza. L’agente che ha sparato è indagato per lesioni dolose aggravate, ma la Procura di Milano già ipotizza che abbia le scriminanti della legittima difesa e dell’uso legittimo delle armi. Mentre l’egiziano ferito è al Niguarda ed è denunciato per rapina.
L’Ue vuole sovvenzionare l’Ucraina con altri 140 miliardi, ma non sa da dove tirarli fuori. Sul rischioso uso degli asset russi confiscati c’è il muro del Belgio, mentre l’indebitamento della Commissione o degli Stati esporrebbe troppo mercati e bilanci.
«Le esigenze di finanziamento dell’Ucraina non sono solo elevate, ma anche urgenti». Sono state queste le inequivocabili parole del Commissario Ue, Valdis Dombrovskis, in occasione della conferenza stampa di giovedì dopo il Consiglio Ecofin.
Ansa
Il generale Fabio Mini: «Qualsiasi attacco contro la Russia impatta solo sul breve periodo».
Nella roccaforte ucraina del Donetsk, a Pokrovsk, si fa sempre più concreto il rischio che l’esercito di Kiev abbia i giorni contati, nonostante le varie rassicurazioni dei vertici militari ucraini.
A confermare la situazione drammatica sul campo è il generale di corpo d’armata dell’Esercito italiano, Fabio Mini, che ne ha parlato con La Verità. «Zelensky sa benissimo che le unità del suo esercito sono state circondate» ha detto il generale. Non sono state «ancora eliminate» perché i russi «stanno sempre contrattando e trattando per un ritiro, visto che non hanno bisogno di fare prigionieri». Dunque «le sacche sono chiuse», ha proseguito Mini, sottolineando che dalle fonti «dell’intelligence statunitense e inglese» è evidente «che non ci sia più la grande speranza di una vittoria». Quel che resta è la possibilità «di una sconfitta onorevole».
Bruxelles: «Chiediamo tolleranza zero sulla corruzione». Lo scandalo agita pure il governo. Matteo Salvini: «I nostri soldi vanno ai criminali?». Guido Crosetto: «Non giudico per due casi». E Antonio Tajani annuncia altri aiuti.
«Mi sembra che stiano emergendo scandali legati alla corruzione, che coinvolgono il governo ucraino, quindi non vorrei che con i soldi dei lavoratori e dei pensionati italiani si andasse ad alimentare ulteriore corruzione»: il leader della Lega, Matteo Salvini, pronuncia queste parole a Napoli a margine di un sopralluogo al porto, a proposito dell’acquisto di ulteriori armamenti dagli Usa da inviare in Ucraina. «La via di soluzione», aggiunge Salvini, «è quella indicata dal Santo Padre e da Trump, ovvero dialogo, mettere intorno a un tavolo Zelensky e Putin e far tacere le armi. Non penso che l’invio di altre armi risolverà il problema e mi sembra che quello che sta accadendo nelle ultime ore, con l’avanzata delle truppe russe, ci dica che è interesse di tutti, in primis dell’Ucraina, fermare la guerra. Pensare che mandare armi significa che l’Ucraina possa riconquistare i terreni perduti è ingenuo quantomeno».
Volodymyr Zelensky
Pronto un altro pacchetto di aiuti, ma la Lega frena: «Prima bisogna fare assoluta chiarezza sugli scandali di corruzione». E persino la Commissione europea adesso ha dubbi: «Rivalutare i fondi a Kiev, Volodymy Zelensky ci deve garantire trasparenza».
I nostri soldi all’Ucraina sono serviti anche per costruire i bagni d’oro dei corrotti nel cerchio magico di Volodymyr Zelensky. E mentre sia l’Ue sia l’Italia, non paghe di aver erogato oltre 187 miliardi la prima e tra i 3 e i 3 miliardi e mezzo la seconda, si ostinano a foraggiare gli alleati con aiuti economici e militari, sorge un interrogativo inquietante: se il denaro occidentale ha contribuito ad arricchire i profittatori di guerra, che fine potrebbero fare le armi che mandiamo alla resistenza?




