2025-01-29
Sala chiede pietà per il Salva Milano. «Mai favori, agiamo così da 13 anni»
Giuseppe Sala (Getty images)
Il sindaco meneghino al Senato difende il ddl nato per sbloccare i cantieri sotto sequestro.«Il Salva Milano non è un liberi tutti». Dopo la richiesta di arresto delle archistar Stefano Boeri e Cino Zucchi, il sindaco Giuseppe Sala è molto preoccupato e non riesce a nascondere il nervosismo. Il progetto di un colpo di spugna legislativo, di una sanatoria sulla «stagione delle autocertificazioni» quando un capannone in disarmo veniva trasformato in un palazzo di venti piani senza variante urbanistica, ha subito una decisa frenata in Parlamento. Maggioranza e opposizione non hanno alcun interesse a intestarsi un decreto che apparirebbe come un «Salva Sala». E lui si sente con le spalle al muro. Ieri il borgomastro di Milano era a Roma, in Senato, per un intervento alla Commissione Ambiente. E sulla presunta Mattonopoli edilizia ha detto: «Non siamo sordi ai richiami che ci vengono fatti e non ci siamo messi in una situazione di difesa granitica di ciò che abbiamo fatto, ma stiamo agendo in questo modo da 13 anni». È una difesa sentita molte volte, è la giustificazione per 13 anni di «interpretazione meneghina» delle leggi. Quella che i pm hanno battezzato proprio come la stagione del liberi tutti. Con la miracolosa capacità di trasformare nuove costruzioni in ristrutturazioni; la perdita secca in oneri di urbanizzazione sarebbe stata di oltre 1,5 miliardi da mettere a disposizione dei servizi per i cittadini. Bastava una Scia (traduzione da geometra, autocertificazione) per veder comparire un albero di 30 piani senza scomodare Adriano Celentano. I magistrati non potevano fare a meno di notare tutto questo e di decretarne il tramonto a colpi di avvisi di garanzia. A fronte di ciò, il sindaco Sala e l’assessore alla Rigenerazione urbana, Giancarlo Tancredi, hanno sempre parlato di «superamento del caos urbanistico». E quest’ultimo, con una camminata lessicale sulle uova, ha sottolineato in un’intervista che «cercheremo di eliminare qualsiasi margine di discrezionalità», «bisogna risolvere le problematiche interpretative di leggi nazionali». Ma ciò che per il Comune (da 13 anni) è un’interpretazione da superare, per i pm che hanno aperto un fascicolo alto un metro è una violazione delle norme. Come se Milano si fosse concessa un’extraterritorialità rispetto al resto d’Italia. Lo stesso sindaco ha ammesso che sono circa 150 i cantieri in essere con quel sistema. Un’ecatombe di calcestruzzo.Durante l’audizione in Senato, Vanity Sala ha difeso il suo operato e quello degli uffici. «Non abbiamo mai fatto nessun favore a nessuno e non si sospetta nemmeno che nessuno dei dirigenti e dei funzionari del Comune di Milano abbia avuto qualche interesse in materia», ha spiegato. «A Milano si stima che siano stati riqualificati 20 milioni di metri quadrati di aree, un processo rigenerativo abbastanza unico nel Paese». Il problema resta il metodo. E non riguarda ormai storiche riqualificazioni come quelle operate da Gabriele Albertini e Letizia Moratti in Porta Nuova e a City Life, ma pura e semplice cementificazione da mago Merlino, che hanno portato al rinvio a giudizio di funzionari, professionisti e facilitatori per lottizzazione abusiva, abuso edilizio e abuso d’ufficio. E hanno fatto dire a Carlo Monguzzi, guru dei Verdi in consiglio comunale: «Questa è la pagina più buia della sinistra milanese». Le ordinanze giudiziarie parlano chiaro: «Gli strumenti di pianificazione comunali non possono produrre né l’implicita abrogazione, né la non applicabilità delle norme regionali e nazionali sull’urbanistica». Secondo Sala il sistema ambrosiano era necessario per non paralizzare la città. Lo ha ribadito anche ieri in Senato: «Il disegno di legge dovrebbe avere il pregio di salvaguardare le esigenze di semplificazione degli interventi di recupero». Ma i giudici gli hanno fatto sapere da tempo che «non esiste alcuna confusione legislativa. La disciplina dettata dal legislatore non è stata né abrogata né diversamente perimetrata per i singoli Comuni». In Procura i verbi superare e violare non hanno lo stesso significato.