2025-07-20
La vera storia del Pirellino: milioni ai privati col trucco
Manfredi Catella (Imagoeconomica)
Il discusso progetto prima bocciato e poi approvato su pressioni dell’archistar Boeri si riferisce a un palazzo ceduto dal Comune a Coima a un prezzo fissato per destinazione uffici. Se invece si ricavano case di lusso cambia tutto.Il sindaco e l’archistar si messaggiavano quasi ogni giorno. Al punto che Stefano Boeri, ex candidato alle primarie della sinistra per Milano, ma soprattutto ideatore del Bosco verticale e di tanti altri reclamizzati edifici cittadini, sembrava il vero sindaco. Non passava giorno che Beppe Sala non ricevesse qualche messaggio, con suggerimenti e commenti. I pm li hanno ritrovati nel telefono dell’architetto: otto anni di conversazioni in cui c’è tutto. Si parla di opere pubbliche, di politica, di campagna elettorale, ma anche di concessioni edilizie. In particolare ci sono discussioni intorno al cosiddetto Pirellino, un edificio che il Comune ha venduto alla Coima, la società di Manfredi Catella, e la cui ristrutturazione era affidata proprio a Boeri, l’uomo che sussurrava a Sala. Grazie alle intercettazioni gli investigatori hanno colto il famoso «warning» dell’architetto, il quale, incontrando delle resistenze all’interno della Commissione paesaggio, si è premurato di «avvisare» l’amico sindaco, perché facesse adeguate riflessioni. Alla fine, le modifiche richieste da Coima e Boeri otterranno il via libera, anche se poi il progetto si arenerà di nuovo. Tuttavia, per capire di che si tratta forse è utile leggere un esposto presentato da Luigi Corbani, ex vicesindaco di Milano in epoca passata, il quale due giorni fa ha scritto al Comune e ai vertici dell’urbanistica milanese per chiedere spiegazioni. La questione riguarda l’immobile di via Pirelli comprato da Manfredi Catella dal Comune. Scrive Corbani: le deliberazioni del Consiglio erano chiare. L’edificio aveva come destinazione d’uso esclusiva l’attività terziaria. E sulla base di queste indicazioni l’Agenzia delle entrate depositò, su richiesta del Comune, una determinazione di prezzo. «La vendita effettuata sul valore stimato dall’Agenzia delle entrate», scrive Corbani, «presupponeva una sola destinazione terziaria e non la possibilità di inserire altre destinazioni, tra cui quella residenziale». Per l’ex vicesindaco è palese che costruire appartamenti, nel contesto in cui è collocato l’immobile di via Pirelli 39, abbia «un valore nettamente superiore a quello terziario, come del resto indicato nella delibera del procedimento per l’adozione della variante al vigente piano di gestione del territorio».In pratica, Corbani sta dicendo che, se fosse autorizzata la trasformazione della destinazione dell’edificio in questione da terziario a residenziale, «si assisterebbe a un potenziale danno erariale per il Comune» (che avrebbe venduto un palazzo sotto costo), e a «un improprio vantaggio economico per l’operatore Coima».Chiaro, no? Dunque, chi parla di tentativo, da parte della Procura, di impedire lo sviluppo di Milano, o altri che limitano le questioni a teorie, opinioni o interpretazioni della legge, dimostrano o di non aver letto gli atti dell’inchiesta o di non averne capito nulla. Vendere un palazzo di proprietà pubblica per farne uffici è una cosa, venderne uno che poi può essere trasformato in abitazioni di lusso è un’altra. I guadagni, per chi costruisce, sono diversi. Come pure i mancati introiti per chi vende: in questo caso il Comune. È un po’ come la differenza fra un terreno non edificabile e uno su cui si può fare una bella speculazione edilizia con tante ville: il guadagno per il costruttore cambia. Dunque la domanda semplice semplice è: ma in Comune perché non han detto subito no alle richieste di Boeri e compagni? Oppure, perché non hanno messo in vendita il Pirellino con la destinazione d’uso residenziale, facendo fare all’Agenzia delle entrate una valutazione come se quel palazzo potesse essere trasformato in appartamenti? Misteri della giunta Sala. La più verde e rossa (di vergogna) d’Italia.
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
Elbano De Nuccio, presidente dei commercialisti (Imagoeconomica)
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)