
Sui social spopola uno spezzone del film di don Camillo che celebra messa da solo mentre tutto il paese è rifugiato oltre il fiume. Perché in questi giorni di chiese chiuse e note vescovili tipo bollettino Asl, c'è un clero che medita sull'emergenza in altro modo.«Fratelli, sono addolorato di non poter celebrare l'ufficio divino con voi, ma sono vicino a voi per elevare una preghiera nell'alto dei Cieli». Attacca così don Camillo, con l'acqua che gli arriva a mezza gamba e ha invaso perfino la chiesa, dopo aver celebrato la messa da solo mentre tutto il paese è rifugiato oltre l'argine, ad aspettare che le acque si ritirino.La scena è tratta dalla penna di Giovannino Guareschi e l'abbiamo vista rappresentata nel film Il ritorno di don Camillo, dove Fernandel sta ai piedi dell'altare con l'acqua che ha invaso tutto e saluta la sua gente, che lo può sentire sull'argine. Gli comunica che, nonostante la tragedia dell'alluvione, il Signore li benedice.In questi giorni di chiese chiuse e taluni comunicati vescovili che assomigliano al bollettino dell'Ausl, l'esempio di don Camillo è stato ripreso sui social diventando virale. Forse perché permette di uscire dallo straniamento dei porti aperti a fianco delle chiese chiuse: una dicotomia che sembra quasi suggerire un pericolo maggiore dalle seconde rispetti ai primi. Nella situazione un po' spettrale di assenza di messe pubbliche, infatti, il prete della Bassa a suo modo mostra che oltre la retorica del #restiamoumani, dei ponti e non dei muri, della predicazione sui populismi come nuovi fascio-nazismi, c'è una chiesa che può meditare sull'emergenza corona virus in un altro modo.Innanzitutto, come ha scritto monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia e Guastalla, «per richiamarci tutti ad uno sguardo più profondo sulla nostra vita», spesso talmente concentrata sul nostro ombelico da dimenticare la banalità della finitezza. «Un microscopico virus», ha scritto monsignor Francesco Cavina, vescovo emerito di Carpi, «sta paralizzando il mondo e la presunzione dell'uomo di essere padrone del proprio destino».«Questa situazione di prova», è il messaggio di monsignor Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia, «può essere un tempo di purificazione e di maturazione della nostra fede, se ci porta ancora di più a stringerci a Cristo salvatore, con la preghiera personale e nelle famiglie: come facevano i nostri vecchi, quando si trovavano ad affrontare ben peggiori epidemie e malattie, senza togliere nulla all'impegno prezioso dei medici e degli operatori sanitari, e senza venire meno alle indicazioni di prudenza e d'igiene, prendiamo in mano il Rosario».Una corona contro l'altra, quella di Ave da sgranare in faccia a quella di origine cinese che di cognome fa virus. Come facevano i nostri vecchi, che di fronte al limite cercavano di sfondarlo guardando in Alto. «Tutti i possibili mezzi umani devono essere messi in atto», ha sintetizzato monsignor Edoardo Aldo Cerrato, vescovo di Ivrea, «ma senza dimenticare che l'impostazione del cristiano, in questa come in altre circostanze della vita, è quella sinteticamente espressa da un'espressione semplice e profonda: “Con le nostre mani e con la tua forza, Signore"».Se questa dei nostri vecchi è una religione degradata, «superstiziosa» o solo «civile» (sembra questo l'unico virus che ultimamente tormenta il sonno di alcuni zelanti pastori), allora ridateci don Camillo e la sua gente. Peccatori certamente, ma capaci di riconoscere il bene e il male. Mangiapreti forse, ma non senza Dio.Perché, come scrive ancora Camisasca al suo popolo, «l'uomo senza Dio perde completamente la bussola della propria vita. Con Dio può ritrovarla. Può imparare a considerarsi non semplicemente un cercatore di soddisfazioni a buon mercato, ma un cercatore di infinito, un fratello e un amico degli altri uomini, un abitatore rispettoso di questo pianeta». Oggi è il mercoledì delle ceneri, l'avvio dei quaranta giorni di quaresima, tempo penitenziale cristiano per definizione: le ceneri ci ricordano che siamo polvere; se la prospettiva di finire solo come terra nella terra non ci soddisfa, allora è indicata una via di conversione.«Una società dove i diritti di Dio e la preghiera non sono più ritenuti necessari è destinata alla rovina. La Chiesa ha la missione di richiamare il primato di Dio, non per la difesa di Dio - che non ha bisogno di essere difeso - ma per la difesa dell'uomo, che privato dell'adorazione, diviene un uomo mutilato», scrive il vescovo Cavina invitando alla preghiera del Rosario proprio oggi, per chiedere grazie per «l'umanità ferita». «Se ci è possibile, chiediamo la guarigione dei cuori, oltre che dei corpi, anche attraverso il digiuno, nelle forme che ciascuno deciderà di intraprendere», gli fa eco Camisasca.È questa la crociata della corona contro il corona come facevano i nostri vecchi, uniti spiritualmente per assaltare il Cielo e chiedere grazie e perdono. Mentre i sacerdoti si ricordino di compiere ciò che è essenziale, perché come diceva Padre Pio «sarebbe più facile che la terra si reggesse senza sole, anziché senza la santa messa». Basta crederci. Per questo c'è un prete a Castiglione d'Adda, don Gabriele Bernardelli, che in un messaggio alla sua gente nella chat di Whatsapp ha detto tutto. «Quando sentirete suonare le campane della Messa», ha detto, «unitevi al sacerdote che offrirà il sacrificio del Signore per tutti. Domani mattina, dopo la Messa che celebrerò alle 11.00, uscirò sul sagrato della parrocchiale benedicendo con il santissimo sacramento tutta la parrocchia e tutto il paese».Le foto lo ritraggono in piedi sul sagrato della sua chiesa con il Santissimo, traccia il segno della croce nell'aria rivolgendosi verso i quattro punti cardinali per raggiungere tutti. Per qualcuno sarà poco, ma per la gente della Bassa, quella che ascoltava don Camillo sull'argine, è tantissimo. È l'esempio di un prete che ci crede e non molla.
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Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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