2024-05-14
«Nel 2021 avvisai delle falle nei trial di Astrazeneca. Ma Aifa volle tirare dritto»
Nel riquadro, il professor Sergio Romagnani (Ansa)
L’immunologo Sergio Romagnani: «Parlai degli errori nei test anche con Abrignani e altri colleghi, tutti concordi. Però pubblicamente non potevano dirlo, c’era troppa pressione».C’era chi lo aveva detto, che Astrazeneca non avrebbe funzionato. Era il professor Sergio Romagnani, uno dei più importanti autori a livello mondiale nel settore dell’immunologia, Grande Ufficiale della Repubblica, professore emerito dell’università di Firenze, dove è stato anche direttore del centro di eccellenza di ricerca dell’Ateneo, autore di 486 pubblicazioni con un Impact Factor superiore a 2.00, oltre 40 mila citazioni, hIndex 107. Fu lui a fine gennaio 2021 a leggersi i trial Astrazeneca ed evidenziarne le criticità, per poi dichiarare pubblicamente: «Io non farei mai questo vaccino». Il Corriere Fiorentino raccolse il suo allarme (ora quell’articolo su Google è introvabile) e gli diede voce.Come andò esattamente?«È stata davvero una brutta storia, quella di Astrazeneca. Io avevo letto i lavori con l’attenzione di un reviewer e avevo concluso che erano stati commessi errori nei trial clinici, nella fattispecie due: innanzitutto erano state usate due dosi identiche in tre dei quattro gruppi di volontari ed una dose dimezzata nella prima inoculazione del quarto gruppo. Ciò nonostante, a livello di efficacia fu poi fatta una media dei risultati tra tutti e quattro i gruppi, raggiungendo poi una protezione dalla malattia grave e dall’ospedalizzazione che fu calcolata tra il 50 e il 70%. Ma questo è un procedimento completamente antiscientifico, non si può fare». E il secondo errore?«Nelle quattro casistiche di volontari non c’era un numero sufficiente di persone di età superiore ai 55 anni, erano pochissimi e quindi non si sapeva l’effetto che poteva avere su questa età, soprattutto tenendo conto che era l’età delle persone più colpite dalla malattia grave».Quindi il trial non fu fatto come di solito vengono fatti?«No, un trial deve essere qualitativo, fatto bene, soprattutto se si usa un farmaco o un vaccino nuovo, come in questo caso». Poi cosa successe? «Insorse il problema degli effetti collaterali gravi, delle donne soprattutto giovani. La soluzione fu: facciamolo alle persone di età superiore ai 55, cioè proprio a quelle sulle quali non sapevano quale sarebbe stato l’effetto, perché non c’era un numero sufficiente di dati sui volontari preclinici».Un’assurdità…«È stato un pasticcio, un brutto pasticcio. Del resto, non è un caso che la Food and Drug Administration americana non abbia mai preso in considerazione questo vaccino».Magari anche per ragioni commerciali? In fin dei conti AstraZeneca era il vaccino europeo, loro avevano Pfizer e Moderna.«Non credo, e dopo le spiegherò perché. E anche in Svizzera fu bocciato, mentre i tedeschi si accorsero che non c’era un numero sufficiente di volontari anziani che consentisse di dire che il vaccino era efficace, e quindi anche loro lo approvarono, ma soltanto sotto i 55 anni». E poi?«Dopo successe il finimondo, con quelle tromboembolie di marzo-aprile in tutta Europa e allora il discorso fu rigirato. Dissero: “Siccome bisogna fare un vaccino a tutti i costi perché il morbo infuria, facciamolo ai vecchi per non far rischiare i giovani”, s’immagini».A cosa è dovuto il ritiro di poche settimane fa? «Al fatto ormai acclarato che è comunque un vaccino in cui i rischi superano i benefici e soprattutto può avere degli effetti collaterali che ne controindicano l’uso nelle giovani donne». Lei provò a dirlo…«Io avevo un conflitto interiore: quello dello scienziato intellettualmente onesto che vuol dire la verità sempre, e quella dell’uomo comune che aveva delle responsabilità. Temevo che dicendo questa verità la gente non si sarebbe più vaccinata».Cosa fece? «Andai in regione a parlare con l’assessore alla sanità toscano e il suo consulente mi disse che mi avrebbe fatto contattare da Aifa».La chiamarono?«Sì. Mandai una relazione con le mie valutazioni sui trial clinici. Mi risposero dopo circa venti giorni. Con i miei sessant’anni di esperienza alle spalle, capii che probabilmente il lavoro non lo avevano letto o forse non lo avevano capito. Spero però che sia stata una superficialità e non una malafede».Perché? «Perché non mi diedero risposte specifiche e precise, si limitarono a dire che anche questo vaccino era efficace e che in un momento così bisognava usarlo per salvare la gente. Teoria condivisibile - ricordo che allora c’era una grande isteria: vaccinare, vaccinare, vaccinare, anche giusta perché il momento era molto critico sul piano epidemiologico - ma il problema è che quel vaccino forse non doveva essere approvato, capisce?».Ne parlò con qualcun altro? «Con Sergio Abrignani (in seguito membro del Cts, ndr) e altri colleghi ho parlato al telefono più volte e tutti mi dicevano che avevo ragione. Poi però quando andavano in televisione subivano la pressione, che era fortissima».Come risolse il suo conflitto interiore?«Dissi pubblicamente che non mi sarei vaccinato con AstraZeneca. Fui anche invitato ad alcune trasmissioni televisive di successo, ma bloccato quasi subito. Un programma mi chiamò e mi preparò una serie di quesiti, detti delle risposte scritte in modo che sapessero che cosa avrei detto. Ebbene, il giorno prima fui avvertito dalla regista che la mia partecipazione era stata esclusa perché era “contro la linea editoriale”».Che conclusioni ha tratto?«Che bastava leggere i trial clinici per capire che c’erano dei problemi. Certo poi sono insorti problemi ancora maggiori, cioè le tromboembolie nelle giovani donne. Mi faccia fare una considerazione: la mia critica di fondo è che i politici probabilmente ricevevano consigli e suggerimenti da organi tecnici che non erano sufficientemente preparati. L’Ema doveva fare come la Food and Drug Administration».Noi avevamo il Cts, che peraltro si è lamentato del fatto che la politica non abbia seguito le sue raccomandazioni…«Ma, più che il Cts credo che in questa situazione abbiano contato di più Ema e Aifa».Quindi l’errore l’ha fatto soltanto Ema, secondo lei? «Io so che il vaccino AstraZeneca è stato presentato alla Food and Drug Administration almeno due volte. Credo che fu chiesto di fare variazioni sui trial, di aggiungere casi. È stato presentato due volte e due volte sono state chieste le modifiche. Sono loro che non l’hanno accettato».