2022-09-06
Ritardi «fisiologici», studi, protocolli. Continuano le balle sulle cure a casa
Pierpaolo Sileri (Imagoeconomica)
Per il sottosegretario Pierpaolo Sileri «forse si è perso tempo». Per i fact checkers di «Open» i dottori avrebbero potuto non seguire le circolari ministeriali su «paracetamolo e vigile attesa». Ma sarebbero stati a rischio punibilità.È «fisiologico che non si possa essere rapidi». Così Pierpaolo Sileri ha giustificato i ritardi del governo sugli antinfiammatori. Intervistato dalla Stampa, il sottosegretario alla Salute si è messo a balbettare sulle lacune nell’impiego di quei farmaci contro il Covid: «Giuseppe Remuzzi ebbe questa intuizione dieci mesi fa, forse bisognava indagare con più forza, forse a livello internazionale si è perso tempo». Forse, eh. Ma ammesso e non concesso che qualcuno, per negligenza o preconcetto, abbia trascurato il trattamento dei pazienti a casa - prima che finissero in terapia intensiva con i polmoni compromessi - la lentezza era «fisiologica».Non erano stati i sacerdoti della Cattedrale sanitaria a catechizzarci, spiegandoci che c’era un’emergenza, dunque bisognava fare presto, anche passando sopra a qualche diritto fondamentale, anche quando l’accantonamento della Costituzione non era giustificato dalle evidenze scientifiche? A chiuderci in casa sono stati lesti; per privarci del diritto al lavoro hanno ignorato le evidenze scientifiche; per curarci, invece, dovevano attendere «la validazione di protocolli». I timbri. La burocrazia. Gli studi? Certo: prima di somministrare un farmaco, sebbene arcinoto da decenni e con effetti collaterali ormai prevedibili, tipo l’ibuprofene, qualche verifica la devi fare. Ma come mai, per i vaccini, non c’è stata tutta questa prudenza? Secondo Matteo Bassetti, i loro effetti avversi sono minori di quelli della Tachipirina. Eppure, è durante la somministrazione di massa, che ci si è accorti che le iniezioni potevano provocare miocarditi nei giovani. E perché adesso, in assenza di emergenza, sarebbe urgente dotarsi di vaccini non testati sull’uomo, o somministrarne di riadattati per una variante che non circola più? Magari, non c’è un protocollo da rispettare. Almeno, si rispetti la logica. Leggete, ad esempio, la lettera pubblicata ieri da Quotidiano sanità e firmata da un medico di medicina generale, Clementino Stefanetti. Costui riferiva di essersi «speso moltissimo durante la pandemia trattando a domicilio i pazienti con Covid-19». Un bravo dottore, uno che ha rispettato il giuramento di Ippocrate. E infatti, ha sottolineato Stefanetti, «da oltre un anno non ho avuto ricoveri e morti per Covid-19». Incredibilmente, però, i successi hanno portato questo medico a convincersi che sia «fuorviante» definire «fondamentale» la terapia antinfiammatoria, come fa lo studio del Mario Negri, uscito su Lancet; e, addirittura, a suggerire che «la gestione domiciliare dovrebbe concentrarsi sul convincere i pazienti a vaccinarsi», al limite seguendoli «con controllo dei parametri vitali, temperatura, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, frequenza respiratoria e saturimetria». Leggasi vigile attesa. È il trionfo dell’irrazionale, propiziato da un approccio alla pandemia che ha stropicciato la scienza per trasformarla in ideologia. Quanto alla clamorosa conversione dai Fans al vaccino sola salus, bisognerebbe ricordare quanto ha dichiarato alla Verità Andrea Crisanti, prima di indossare ufficialmente la casacca del viropiddino: quest’estate, a morire, sono stati i fragili vaccinati. Ergo, la punturina non è un’alternativa alla cura. Pure gli inoculati devono essere trattati a casa. Anzi, proprio quelli che più hanno bisogno di vaccinarsi, essendo a rischio per patologie pregresse ed età, hanno anche più bisogno di essere curati, se si infettano.Ma il tripudio della faccia tosta si consuma sui siti dei fact checker, a partire da Open. Lì, ieri, i cacciatori di bufale, prendendo una vignetta social che accusa Roberto Speranza di aver fatto ricorso al Consiglio di Stato contro le cure domiciliari, pontificavano: Palazzo Spada ha dato ragione al ministero, chiarendo che le circolari ministeriali non contenevano «prescrizioni vincolanti per i medici». Se i camici bianchi avessero voluto discostarsi dal mantra «paracetamolo e vigile attesa», sarebbero stati liberi di farlo. Peccato che la legge Gelli, peraltro citata in quella sentenza di febbraio scorso, preveda che il medico si attenga ai protocolli e, qualora il paziente subisse danni o morisse, escluda la punibilità dei dottori se «sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida». Esiste, sì, la facoltà di valutare il «caso concreto» e di stabilire che le istruzioni ministeriali non gli si confanno. Tuttavia, bisogna assumersi la responsabilità della decisione. E la scriminante non è proprio immediata. L’allegra compagnia dei negazionisti delle terapie, dopo mesi trascorsi a raccontarci che le cure Covid non esistevano e che si poteva solo sperare nei vaccini, con una bella faccia fresca, fa finta di niente: loro - la stampa, gli esperti, il ministro - degli antinfiammatori hanno sempre parlato. E se hanno tardato un po’ a raccomandarli, è perché era «fisiologico» andarci piano.Ieri, Speranza, su Radio 24, ha raccolto la sfida della commissione parlamentare d’inchiesta, lanciata da Giorgia Meloni: «Io ho sempre detto che chiunque abbia avuto responsabilità di qualsiasi tipo nella pandemia, dal capo dell’Oms all’ultimo sindaco, debba essere disponibile a rendere conto di tutto». Grande notizia. Preparate i popcorn.