2020-01-17
Rissa con Renzi sulla prescrizione. E un altro senatore molla i grillini
Esecutivo sempre più dilaniato. Il Bullo: «Con Fi per abolire la riforma Bonafede anche in Aula. Vogliamo la legge Orlando». Luigi Di Marzio passa al Misto: ora a Palazzo Madama la maggioranza è di cinque voti.Ogni giorno ha la sua pena, o meglio il suo addio: quando va male, anche due. Ieri il M5s ha perso un altro senatore: Luigi Di Marzio, dirigente medico, eletto nel marzo 2018 nel collegio uninominale di Campobasso, è passato al gruppo misto. Un altro senatore pentastellato, il pugliese Lello Ciampolillo, sarà espulso a breve perché non intende mettersi in regola con le restituzioni. Si assottiglia dunque la pattuglia di senatori grillini, e la maggioranza giallorossa traballa, anche se Di Marzio così ha risposto alla Verità, che gli ha chiesto se continuerà a sostenere il governo guidato da Giuseppe Conte: «Certamente. Anche se con la facoltà», ha precisato, «di dissentire ove le circostanze lo dovessero richiedere».fallimentoSottraendo Di Marzio, il gruppo al Senato del M5s scende a 99 elementi, dai 112 originariamente eletti nel 2018. Aggiungendo i 36 del Pd, i 17 di Italia viva, i sei fuoriusciti dal M5s passati al Misto, i cinque di Leu e i tre delle Autonomie, si arriva a quota 166. La maggioranza è fissata a quota 161. In sostanza, i giallorossi ballano terribilmente, e le parole di Di Marzio sono tutt'altro che rassicuranti. Del resto, il senatore ha spiegato in Aula il suo addio con un discorso denso di contenuti, e all'insegna della delusione umana e politica. Di Marzio è uno dei tre senatori M5s, insieme a Mario Michele Giarrusso e Gianni Marilotti, ad aver firmato per il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. «Sorprendentemente questo gesto», ha scandito, «improntato al rigoroso rispetto della democrazia sostanziale, si è invece trasformato in motivo di stigma e non soltanto sui social network. Non si è registrata nessuna presa di posizione ufficiale a difesa di un principio democratico cui pure si era inneggiato», ha aggiunto, «lasciando così che venissi additato quale eretico e traditore». Di Marzio ha evidenziato la sua «delusione» nei confronti dei vertici del M5s, dei quali ha messo in evidenza il «disinteresse ad accogliere qualsivoglia contributo ulteriore, rispetto a quello di dover pigiare pulsanti». A Di Marzio ha rivolto un appello «a collaborare insieme» un altro fuoriuscito dal M5s, il deputato Gianluca Rospi: «Con l'uscita del senatore Luigi Di Marzio, e altri che so usciranno a breve, non ho che la conferma che il M5s ha fallito nella missione di cambiare il Paese».Intanto, la maggioranza è alle prese con lo scontro durissimo tra Matteo Renzi egli alleatid sulla riforma della prescrizione voluta dal ministro grillino Alfonso Bonafede. I dem accusano Renzi di essere «a rimorchio di Salvini», mentre per il leader di Iv «il Pd insegue il populismo giudiziario del M5s». Le polemiche sono iniziate dopo che Iv ha votato in commissione Affari costituzionali con il centrodestra per salvare la proposta di legge di Forza Italia che cancella la prescrizione mentre Pd, Leu e M5s hanno votano compatti a favore dell'emendamento pentastellato contro il testo a prima firma dell'azzurro Enrico Costa, bocciato per un solo voto. Scambio di accuse ieri tra gli esponenti di Iv e il ministro della giustizia Bonafede che è stato tranchant: «Italia viva si è isolata sul tema prescrizione votando con le opposizioni e noi andiamo avanti sul cosiddetto lodo Conte».Dura la replica via Twitter della capogruppo alla Camera di Iv, Maria Elena Boschi: «Prescrizione: Bonafede e malafede. Mentre vota la riforma Bonafede scritta da Lega e M5s, il Pd ci accusa di tradimento perché votiamo una riforma scritta dall'attuale vicesegretario del Pd. In questa storia c'è qualcuno in malafede».Renzi ha ribadito la sua posizione sui social: «Non abbiamo rotto la maggioranza. Abbiamo solo difeso lo Stato di diritto. Continueremo a farlo, anche senza il permesso dei populisti, nuovi e vecchi. Abbiamo fatto un governo insieme per mandare a casa Salvini, non per diventare grillini. Noi abbiamo votato per ripristinare la legge dei nostri governi, cancellando le misure giustizialiste e populiste. Mi dispiace solo che il Pd abbia scelto di andare a rimorchio del M5s». d'alema e toninelliRenzi ha poi ribadito che non toglierà il sostegno al Conte 2, ma che è disposto a votare con Forza Italia anche in Aula e che il suo partito vuole sostituire la legge attuale con quella proposta a suo tempo dal dem Andrea Orlando. Poi la stoccata agli alleati: «Il nuovo Pd si sta spostando su una linea di maggiore contiguità con i grillini. Una grande alleanza da D'Alema a Toninelli? Mi sento male solo a pensarci».Duro il responsabile giustizia del Pd, Walter Verini: «Renzi bluffa. Italia viva ha votato con Salvini e con la destra per impedire, sostanzialmente, l'avvio della riforma del processo penale che non si limita solamente alla riforma della prescrizione, ma punta a garantire il giusto processo. Renzi continua a piantare bandierine spaventato, forse, da consensi fermi al palo».
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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