2024-02-11
Riunione infuocata dei club di Serie A. La riforma Gravina trova pochi fan
Sul tavolo il campionato a 18 squadre, la scissione Lega-Figc e il controllo dei conti.Sarà un’assemblea rovente quella di domani, quando i club di Serie A si ritroveranno a discutere del piano della Figc per rilanciare il calcio italiano. La proposta di Gabriele Gravina ha molto l’aria di essere un riassunto delle proposte arrivate dalla Lega alla Figc in questi anni, ma con il bollino di Deloitte: lo sponsor dell’operazione sarebbe stato il ministro dello Sport Andrea Abodi. Il presidente nato a Castellaneta si gioca la riconferma, anche perché tra esattamente un anno, nel febbraio del 2025, scadrà il suo mandato insieme con quello di Giovanni Malagò al Coni e di Lorenzo Casini e Luigi De Siervo in Lega Serie A. La partita per la successione è iniziata, tanto che già si parla di un avvicendamento di Malagò in sella alla Figc. Ma è ancora presto. Al momento l’unico sostegno al presidente della Figc sul piano di riforma è arrivato dalle tre big di Serie A, Inter, Milan e Juventus, che continuano a spingere per avere un campionato a 18 squadre e non a 20. Del resto, nerazzurri, rossoneri e bianconeri sono anche le uniche squadre che in questi anni hanno avuto qualche problema con conti e giustizia (tra debiti, plusvalenze e calcio scommesse), ma da cui ne sono uscite senza troppi strascichi. Normale, quindi, che sostengano la proposta di Gravina che in questi anni le ha sostenute. L’appoggio, però, appare davvero flebile. È molto difficile (se non impossibile) che la riforma di Gravina passi - oltre alle 3 big ci potrebbe essere l’appoggio di Bologna e Sassuolo - ma è soprattutto davvero complicato che cambi davvero qualcosa da qui alla fine dell’anno. Di certo, dopo le nomine del prossimo anno, c’è che la Lega Serie A uscirà dalla Figc, come già anticipato dal presidente Casini durante l’ultima assemblea: il progetto è quello di imitare la Premier League. Oltre alla fine del rapporto venticinquennale con Tim, e l’ufficializzazione del nuovo sponsor Eni Live, è ormai dato per certo che la Lega abbandoni la federazione. Il nuovo piano di riforma di Gravina parte da un presupposto: l’impatto diretto del pallone sul Pil italiano è di 11 miliardi di euro e porta 1,3 miliardi al fisco, ma allo stesso tempo c’è un forte disequilibrio economico in un settore dove non esiste una stabilità economico finanziaria. Come noto, negli ultimi tre anni (dati Figc 2022) il calcio professionistico italiano ha subito perdite di quasi 3,6 miliardi (gli stipendi drenano l’84% dei ricavi) e l’indebitamento delle Serie A nel 2022 ha sfiorato i 5 miliardi con una percentuale di utili pari al 10%. Dentro alle 52 pagine c’è un po’ di tutto, dalla riduzione delle squadre iscritte al campionato a meno burocrazia per costruire gli stadi fino all’abolizione del divieto di pubblicità per società di scommesse o ancora a una maggiore precisione nell’assegnazione dei tempi di recupero. Si prevede anche un rafforzamento del Var, ma si valuta anche un nuovo modello di governance dove viene assegnata una poltrona anche al calcio femminile e una in più a serie B e Lega dilettanti. Ma c’è anche l’idea di rivedere il modello Coppa Italia sulla base del modello della Fa Cup inglese, con l’allargamento a tutti i club professionistici, con due turni in più. C’è anche la proposta di rivedere i meccanismi di iscrizione ai campionati, con il rafforzamento della Covisoc, la commissione di vigilanza dove nel novembre scorso si è insediata Germana Panzironi, considerata molto vicina a Giancarlo Viglione l’avvocato amministrativista di Gravina, vero deus ex machina della giustizia sportiva nel palazzo di via Allegri a Roma. La proposta della Figc è quella di aumentare i controlli Covisoc durante l’anno, passando da 2 a 4. Ma proprio su questo i club storcono il naso, anche perché preferirebbero il sistema spagnolo che prevede che prima dell’inizio della stagione i club discutano con la Lega Calcio le previsioni dei loro bilanci, tra entrate e uscite. In Spagna è stato introdotto ormai da 10 anni. E ha avuto il merito di sistemare i conti e fare pace con il fisco.
Pier Luigi Lopalco (Imagoeconomica)
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo