2024-05-24
L’idea di aumentare i senatori a vita serve al Pd per ipotecare il futuro Parlamento
Dario Franceschini e Sergio Mattarella (Ansa)
L’emendamento per cambiare la Costituzione toglie sovranità ai cittadini e apre alla nascita del «partito del presidente».Oltre a essere la più bella del mondo (copyright di un noto docente di Diritto di nome Roberto Benigni), la nostra Costituzione è sacra e di cambiarla per dare più potere a un presidente del Consiglio eletto dagli italiani non se ne parla. Però modificarla per dare al capo dello Stato la possibilità di nominare altri senatori a vita, sì, si può fare. Sono i paradossi di un’opposizione che ha perso tutto, tranne il senso del ridicolo. La stessa che invoca la lotta all’evasione fiscale, ma se il governo rispolvera il redditometro, cioè uno strumento che confronta il tenore di vita con la dichiarazione dei redditi di un contribuente, poi denuncia l’invasione della privacy da parte del Fisco. Del resto, sono i compagni alla Beppe Sala che, dopo aver aperto le porte a un’immigrazione selvaggia, quando qualche poliziotto o cittadino comune viene accoltellato da un extracomunitario accusano il governo di non fare il proprio dovere. Tornando però ai senatori a vita e all’idea di nominarne altri, la proposta fa parte di un emendamento presentato dal Pd in Parlamento, durante la discussione sulla riforma costituzionale. Come si concilino dei nominati dal Colle con la richiesta di un’elezione diretta del premier, così da rispettare il dettato costituzionale contenuto nell’articolo uno della nostra Carta («La sovranità appartiene al popolo»), non è chiarissimo. Peraltro sono molte le cose che non ci appaiono del tutto logiche, come appunto la lotta all’evasione senza confrontare le spese dei contribuenti con ciò che dichiarano. Tuttavia, l’idea di consentire al presidente della Repubblica di raddoppiare il proprio potere di nomina, oltre ad apparire più degna di una monarchia che di una Repubblica democratica, appare contrastare anche con il proposito di dare un taglio alle spese e pure alle rappresentanze parlamentari. In passato, all’unanimità, forse per paura che i grillini ne facessero una bandiera, tutti hanno votato come un sol uomo per il dimagrimento di Camera e Senato, dimezzando o quasi il numero dei rappresentanti del popolo. E adesso, passati appena quattro anni, che facciamo, riaumentiamo i senatori che abbiamo appena ridotto? Per di più li riaumentiamo assegnando non agli italiani il compito di designarli, ma al capo dello Stato il quale, appunto, disporrebbe di un potere quasi monarchico, di nominare i duchi o i lord o quindi i senatori. Vi sembra una stupidaggine? Anche a me. Però l’emendamento è stato sottoscritto da una folta pattuglia di onorevoli del Pd i quali evidentemente, preoccupati di perdere seggi con le prossime elezioni, sperano di recuperare attribuendo al presidente della Repubblica il potere di ripescare alcuni di loro. Che non si tratti di un’uscita estemporanea è certo, perché la proposta è stata sottoscritta da una quarantina di esponenti del Partito democratico, fra i quali Susanna Camusso, Pier Ferdinando Casini, Francesco Boccia, Dario Franceschini, Graziano Delrio, Simona Malpezzi, Annamaria Furlan e altri maggiorenti di Largo del Nazareno. La sensazione è che, zitta zitta, mentre da un lato contesta i cambiamenti proposti dalla maggioranza, l’opposizione cerchi di guadagnar terreno, portando a casa qualche risultato per il futuro. E siccome con un Parlamento ristretto nel numero di eletti non ci saranno poltrone per tutti, ecco escogitato il sistema per uscire dalla porta e rientrare dalla finestra. Fra l’altro, l’operazione ha tanto l’aria di un ritorno al passato e di una sottrazione della sovranità popolare. E che spiri aria di restaurazione lo si vede anche nell’iniziativa che punta a ripristinare i vitalizi degli onorevoli. Partita su impulso di alcuni ex deputati e senatori, l’azione sta riportando in auge il vecchio e molto vantaggioso sistema in uso qualche tempo fa. Con il risultato che i tanto sbandierati tagli agli stipendi e alle pensioni della Casta rischiano di essere solo un ricordo del passato. Se poi a questo si aggiungesse davvero un «rimpolpamento» del numero di senatori a vita, otterremmo, se non il ritorno all’esercito di rappresentanti del popolo che avevamo prima, almeno un rafforzamento dei rappresentanti del Quirinale. I quali potrebbero quasi fare gruppo autonomo all’interno del Parlamento. Sarebbe il partito del presidente, quello capace di fare la differenza, soprattutto in una Camera e un Senato in cui, per effetto del dimezzamento, gli equilibri fra maggioranza e opposizione potrebbero dipendere da pochi voti, ovvero da quei senatori a vita.Con un emendamento del genere, proposto dallo stato maggiore del Pd, però dovremmo modificare l’articolo uno della nostra Costituzione: non più la sovranità appartiene al popolo, ma apparteneva. Che in fondo è un po’ quanto successo dal 2011 al 2022.
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