2025-08-31
Ricolfi: «Rimossi perché abbiamo affrontato i tabù»
Il sociologo riflette sull’immotivata decisione della Rai di chiudere il programma radio «Giù la maschera» dell’ex presidente Foa. «Parlavamo di guerre e Covid senza la pretesa di indicare il punto di vista corretto. Se sei troppo indipendente, nessuno ti difende».Ma l’aspetto più inquietante è il silenzio calato sulla vicenda. Nessuna spiegazione da parte dei vertici aziendali, nessuna presa di posizione pubblica da parte del mondo politico. Come già accadde nel caso del professor Marco Bassani, punito dall’Università per un tweet politicamente scorretto, la solidarietà verso il censurato arriva solo per vie private, da colleghi o amici che, però, di prendere una posizione pubblica non se la sentono proprio. Possiamo leggere tutto questo come indice di vigliaccheria, conformismo, opportunismo. Ma come sociologo mi sembra di poter dire che la radice non è individuale - ognuno fa i conti con la dotazione di coraggio e indipendenza di cui dispone - ma sociale: negli ultimi 5-6 anni, complice il Covid e due guerre drammatiche, nelle nostre civilissime società democratiche si è instaurato un clima di intimidazione e di paura che ci rende tutti più prudenti, timorosi di assumere posizioni che qualcuno potrebbe giudicare inaccettabili, con conseguente emarginazione di chi le professa. Anche in una cena privata, siamo tutti più guardinghi di un tempo. E se ci invitano a firmare un appello, troviamo difficile sottrarci, perché il clima è intimidatorio e manicheo».Lei è stato tra gli opinionisti fissi del programma: ha interrotto la collaborazione perché si era trovato male?«Assolutamente no, mi ero trovato benissimo, il mio ritiro è stato dovuto soltanto a ragioni personali, di scarsa compatibilità con altri impegni».Che cosa apprezzava di più e cosa di meno del programma?«Due cose. La prima è che, pur avendo a disposizione un’ora di tempo, Foa non è mai caduto nella tentazione del “minestrone” di argomenti, come fanno tanti programmi. E sa come mai poteva reggere un’intera ora su un unico argomento? Perché dietro quell’ora c’era tantissimo lavoro dello staff - Nancy Squitieri, Mauro Convertito e altri - che permetteva al conduttore di approfondire il tema, anziché toccarlo superficialmente per poi passare ad altro. Senza contare il valore aggiunto della sondaggista Alessandra Ghisleri, una miniera di informazioni sugli atteggiamenti della popolazione. La seconda cosa che apprezzavo è la scelta dei temi, compresi i tre tabù: Covid, Ucraina, Gaza, per non parlare di quelli minori come Vannacci e l’annullamento delle elezioni in Romania. Forse è questo che è stato fatale al programma. Perché Giù la maschera li affrontava senza la pretesa di indicare il punto di vista corretto». Mentre collaborava, e anche dopo se ha continuato a seguirlo, immaginava che avrebbe potuto incontrare degli ostacoli?«Non mi è mai venuto in mente, il programma era ok e Foa un ex presidente Rai». Cosa pensa del fatto che i dirigenti non abbiano spiegato il motivo della decisione?«Non mi stupisce, a me sono capitate cose consimili: quando il tuo interlocutore non vuole darti retta, preferisce sparire piuttosto che dire dei no espliciti. È il classico mix italiano di maleducazione, sciatteria, superficialità. Però il caso di Foa va oltre, perché è stato presidente della Rai. Liquidarlo senza una parola è un gesto di arroganza che la dice lunga sui tempi che vive la tv pubblica. E pure sui tempi che viviamo in generale: succede anche all’università, quando un professore sta per andare in pensione - e quindi non conterà più nulla nei concorsi - spesso la deferenza si tramuta repentinamente in indifferenza».Foa dice che il programma è stato chiuso perché troppo indipendente, concorda?«Temo che la ragione sia più sottile: non è il suo programma a essere troppo indipendente, è lui che è troppo libero. Può sembrare la stessa cosa, ma non lo è. Il problema di Foa è che non è organico né alla destra né alla sinistra, e quindi non ha la protezione che deriva dall’appartenenza. Se avesse avuto un’affiliazione, non importa se a destra o a sinistra, il suo programma sarebbe stato difeso con le unghie e con i denti».Disturbava poteri e ambienti che non potevano tollerarlo?«Non più di altri scrittori, studiosi o conduttori tv. Il nodo non sono le sue idee, ma la non affiliazione, la non organicità. Possiamo mettere la cosa anche in altro modo. Prendiamo il caso dell’Ucraina. Posizioni anti-occidentali, o ben lontane dalla fedeltà atlantica, sono state più volte espresse anche da persone di sinistra: Massimo Cacciari e Luciana Castellina, ad esempio. Ma nessuno li ha mai lapidati con l’accusa di putinismo, che invece implacabilmente colpisce tanti altri». Perché?«Perché appartengono alla cerchia dei progressisti, la loro fede democratica è fuori discussione. Quindi possono dire quel che vogliono, nessuno li accuserà di alcunché. Se invece le stesse cose le dice, o permette che vengano dette, una persona di destra “sovranista” o semplicemente non schierata scatta la demonizzazione. Che rimane relativamente sopportabile se quella persona ha una contro-appartenenza (ad esempio è iscritta alla Lega, o a Fratelli d’Italia), ma diventa un macigno se quella persona non ha una cerchia che la protegge. Detto brutalmente: nel clima attuale, essere liberi è molto più pericoloso che essere di destra».Condivide la riflessione di Foa quando dice che poteva aspettarsi un trattamento di questo tipo da una Rai con una dirigenza di sinistra ma non da una Rai con una governance di destra?«No, su questo la penso diversamente. Non credo che, sul piano culturale, la destra sia più liberale della sinistra. Semmai è meno organizzata, e ha meno truppe».TeleMeloni, ammesso che ci sia, fa notizia perché cancella un irregolare di destra?«La notizia sarà già sparita dai radar quando questa intervista verrà stampata».Hanno ragione quegli osservatori che si aspettavano un cambio di passo nella gestione della tv pubblica?«Direi di no. Quegli osservatori hanno confuso le loro speranze con la realtà».A suo avviso, questa vicenda è sintomo di qualcosa di più generale?«Sì, ma è qualcosa di generico e composito: l’arroganza del potere, il disprezzo per la cultura, forse anche il ricambio generazionale negli enti pubblici. Tutte cose di cui la trasmissione Giù la maschera non è l’unica vittima».Nella gestione dei fondi ministeriali del cinema e nella direzione di alcuni enti culturali qualche segnale di novità si inizia a vedere. È ancora troppo poco?«È ancora troppo poco, ma è comunque un inizio. Fare peggio del centrosinistra era quasi impossibile».Alcuni commentatori hanno apprezzato il discorso della Meloni al Meeting di Rimini, qualcun altro ha osservato che il premier è più efficace quando parla che quando opera in concreto«Penso che Giorgia Meloni sia altrettanto efficace quando parla davanti a un grande pubblico e quando agisce. Semmai il problema è che i media si occupano molto di quel che dice, pochissimo di quel che fa. Specie se quel che fa è poco spettacolarizzabile, come i primi passi del Piano Mattei, o le innumerevoli micro-misure in campo economico-sociale».Nel contesto di apparati e burocrazie controllati dalla sinistra, bisogna concedere a questo governo un margine di tempo maggiore perché possa essere incisivo?«Cinque anni non bastano. Ma il problema non sono solo gli apparati e le burocrazie internazionali controllate dalla sinistra, c’è anche il problema delle piccole guerre fra alleati di governo, lo stillicidio di polemiche minori senza che emerga in modo chiaro qual è il disegno della coalizione di centrodestra, quali sono gli ostacoli da superare, quali sono gli obiettivi realistici».
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.
Ecco #DimmiLaVerità del 17 ottobre 2025. Ospite il capogruppo di Fdi in Commissione agricoltura, Marco Cerreto. L'argomento del giorno è: "Il pasticcio europeo del taglio dei fondi del settore agricolo".