Ricci a un bivio tra suicidio politico e parlare alla cieca con i magistrati

È arrivato il giorno della verità per Matteo Ricci. Oggi il candidato governatore delle Marche, sotto indagine per corruzione, si presenterà in Tribunale a Pesaro per l’interrogatorio fissato davanti alla pm Maria Letizia Fucci
Il cinquantunenne eurodeputato, come nel Gioco della torre, dovrà decidere quale sia il male minore per lui: se difendere i suoi interessi di indagato o di politico.
I classici due corni del dilemma.
Accetterà di replicare alle domande senza conoscere nel dettaglio le carte in mano all’accusa, come aveva fatto Giovanni Toti? Oppure si avvarrà della facoltà di non rispondere? In questo secondo caso non rischierebbe autogol, ma, quasi certamente, sarebbe scaricato dal Movimento 5 stelle nella corsa alla presidenza. Insomma, dovrà scegliere se complicarsi la vita a livello giudiziario o a livello politico. La pm, durante il faccia a faccia, gli presenterà le fonti di prova e l’indagato potrà decidere di avvalersi della facoltà di non rispondere anche di fronte a singoli quesiti. Ma pure in questo caso i grillini non si riterrebbero tranquillizzati dalla condotta processuale del loro candidato.
Quanto resisterà Ricci senza alzare lo scudo di fronte al fuoco di fila di domande della Fucci assistita dagli investigatori della Polizia e della Guardia di finanza? Come nei rodeo o sopra il toro meccanico, l’esponente dem quanto tempo riuscirà a restare in sella senza avvalersi?
Certamente gli avvocati Lucio Monaco e Aldo Valentini proveranno a evitare che il loro cliente affronti l’interrogatorio senza una rete anticaduta o che possa rischiare, continuando nello scaricabarile messo in atto nei comizi, di essere accusato di calunnia.
Quando la Procura inizierà a scoprire le sue carte, Ricci saprà che cosa le toghe abbiano raccolto contro di lui. Gli inquirenti devono dimostrare che l’allora sindaco di Pesaro fosse consapevole dell’illiceità degli atti amministrativi compiuti (l’accusa è di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio) a favore delle associazioni culturali Opera maestra e Stella polare e che l’utilità ricevuta («il consenso politico») sia conseguenza degli stessi atti. Il famoso sinallagma.
La Procura contesta all’indagato anche il concorso nella corruzione di Massimiliano Santini, l’ex «addetto agli eventi» nell’ufficio di gabinetto dell’allora primo cittadino. In questo caso la Fucci dovrà dimostrare la consapevolezza da parte dell’aspirante governatore delle utilità economiche ricevute dal suo collaboratore.
Nell’avviso di garanzia è evidenziato il presunto accordo corruttivo tra Ricci, Santini e Stefano Esposto, il presidente delle due associazioni sotto inchiesta. Evidentemente qualche prova di questo patto deve risultare dalle carte.
Gli inquirenti potrebbero esibire anche chat e mail che coinvolgano Ricci, ma solo quelle antecedenti la sua nomina a deputato europeo.
Infatti, in base a una ormai giurisprudenza consolidata con tanto di pronuncia della Corte costituzionale (vedi il caso Open che ha coinvolto Matteo Renzi), per utilizzare la corrispondenza di un parlamentare occorre l’autorizzazione della Camera d’appartenenza.
E questo non solo in vista del processo, ma anche per le eventuali contestazioni in fase d’indagine (quindi anche oggi durante l’interrogatorio).
È da escludere che, in considerazione delle numerose pronunce, la pm Fucci estragga dal cilindro messaggi di Ricci successivi al giugno del 2024, momento della proclamazione della sua elezione a Bruxelles. Parimenti al politico non sarà chiesto di giustificare eventuali intercettazioni indirette in cui possa essere incappato dopo l’inizio delle indagini, partite nell’autunno del 2024.
Detto questo il quadro indiziario ai danni di Ricci dovrebbe essere piuttosto solido. Infatti, l’avviso di garanzia con i capi d’accusa è stato vistato dal procuratore Marco Mescolini che, seppur non sia cointestatario del fascicolo, ha sicuramente verificato che le contestazioni possano reggere al vaglio di un gup e di un collegio giudicante.
Il magistrato romagnolo, nella sua carriera, ha istruito importanti procedimenti che si sono conclusi con condanne definitive (a partire dal maxiprocesso Aemilia contro la ‘ndrangheta) e non ha certo intenzione di macchiarsi il curriculum avallando un’inchiesta fragile e strumentalizzabile politicamente.
Ricordiamo che in passato il procuratore era stato accusato da alcune colleghe di avere avuto un occhio di riguardo proprio nei confronti di alcuni esponenti dem e per questo era stato trasferito dal Csm, prima di essere completamente riabilitato dal Consiglio di Stato che aveva concluso che la ricostruzione fatta dalle pm si prestava «a essere interpretata come una manovra nettamente politica» di chi aveva individuato in Mescolini «un avversario, per così dire, “politico”».
In sostanza il procuratore, ove mai fosse intervenuto sulla direzione delle indagini, lo avrebbe fatto per evitare di inseguire fantasmi giudiziari sulla base dell’appartenenza partitica.
Dunque, il nome di Mescolini dovrebbe essere una garanzia di equilibrio anche per il Pd, sebbene i garantisti da salotto (che solitamente di diritto capiscono poco) abbiano già sollevato dubbi sull’utilità «non patrimoniale» contestata a Ricci, ossia il dividendo politico.
L’europarlamentare, secondo la pm, avrebbe garantito a sé stesso «un rilevante beneficio in termini di accresciuta popolarità e consenso […] attraverso la realizzazione, con modalità illegittime, di opere ed eventi pubblici del Comune di Pesaro di grande richiamo in grado di conferire un’immagine di efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa e politica del sindaco».
Ma, come abbiamo già spiegato, anche se il fine può apparire lecito, questo non si può raggiungere violando la legge.
Resta la domanda: Ricci risponderà o no? Se lo farà, probabilmente riuscirà a sfangare altri problemi sino alle elezioni. Infatti, l’avviso di chiusura delle indagini con la discovery di tutte le accuse potrebbe arrivare solo dopo le elezioni del 28-29 settembre. I termini di legge per le investigazioni scadono un anno dopo le prime iscrizioni e queste sono avvenute tra fine settembre e ottobre del 2024. In più, dall’avviso, passeranno altri 20 giorni concessi per la presentazione di eventuali memorie o per rendere interrogatorio. Trattandosi di 24 indagati i tempi potrebbero dilatarsi ulteriormente. A tenere al riparo il candidato da brutte sorprese c’è anche il codice etico del Pd, laddove avverte che il partito «si impegna a non candidare, ad ogni tipo di elezione coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato emesso decreto che dispone il giudizio», ma non specifica che cosa fare degli eletti mandati a processo.
Di fronte a questo quadro, Ricci è il primo indagato del gruppo che ha annunciato di voler rispondere. L’altro è il suo vecchio capo di gabinetto Franco Arceci, che sarà sentito domani. Perciò, tra i due, a sapere che cosa sia stato contestato all’altro sarà solo Arceci. Il candidato governatore dovrà decidere se giocare d’azzardo o, più semplicemente, dovrà scegliere quando far venire i nodi al pettine.






