2019-03-19
Retromarcia saudita di Pereira. E rimedia una figuraccia pure Sala
Il cda della Scala di Milano decide di restituire i 3 milioni e 100.000 euro di Riad. Surreale la spiegazione del sovrintendente, difeso fino all'ultimo dal sindaco: «Il finanziamento? Gli arabi sapevano già l'iban».Finisce tra le urla di Alexander Pereira il consiglio di amministrazione della Scala di Milano, che ha deciso di restituire i 3.100.000 euro all'Arabia Saudita, rispedendo al mittente l'ipotesi di far entrare un esponente di Riad nel board scaligero. Sì, proprio tra le urla, perché fino all'ultimo il sovrintendente austriaco ha provato a difendere di fronte ai consiglieri il suo progetto di finanziamento saudita su cui continuano a circolare stranezze. Del resto, come hanno fatto gli sceicchi a inviare due bonifici al teatro senza che l'operazione fosse stava avallata dal consiglio di amministrazione? «Conoscevano l'iban perché glielo avevo fornito per l'acquisto dei biglietti della Prima della Scala…», ha cercato di spiegare Pereira di fronte a un consiglio incredulo per così tanto pressapochismo. Non a caso tutti i consiglieri, all'unanimità, in una sommossa simile a quella delle cinque giornate di Milano del 1848, hanno deciso declinare l'iniziativa saudita che è poi stata ratificata dal sindaco Beppe Sala di fronte ai giornalisti. «In data 4 marzo è arrivato un bonifico di 3 milioni è un secondo di 100.000 euro da parte del principe Badr bin Abd Allah. I bonifici non riportano causali, ma il problema è che sono stati fatti non rispettando le linee guida relative alle donazioni. La Scala ha un codice affinché eventuali donazioni vengano accettate. Quindi ho proposto, e il cda ha accettato, che questi 3 milioni vengano restituiti immediatamente. A oggi si ritorna al punto zero. Restituiamo i soldi ai sauditi. Vedremo se ci saranno altre possibilità di collaborazione», ha spiegato il primo cittadino, rimasto di fatto scottato dalle polemiche di queste ultime settimane, perché fino all'ultimo ha cercato di difendere Pereira, mollato invece dal governatore lombardo Attilio Fontana. «Alexander Pereira certamente rimane al suo posto. Non è in discussione», ha poi ribadito ancora Sala, in linea anche con il resto dei consiglieri che non vogliono un licenziamento in tronco a un anno di distanza dalla scadenza naturale del mandato: penalizzerebbe il prestigio del teatro. «Se Fontana intende portare avanti questa idea deve dire al suo rappresentante in cda, Philippe Daverio, di proporlo ma non è stato questo il caso», ha infine concluso il sindaco. Eppure la difesa a oltranza di Pereira rischia di diventare un boomerang per l'immagine di Sala, il sindaco in scadenza nel 2021 che a quanto pare viene considerato tra i papabili nuovi leader nazionali del centrosinistra. La gestione dei fondi dell'Arabia Saudita è l'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso della gestione Pereira, un sovrintendente che si è spesso comportato con metodi autoritari, quasi come gli austriaci nell'Ottocento. Per di più i conti del teatro non tornano, gli incassi dei biglietti sono diminuiti (da 39 a 35 milioni di euro nell'ultimo anno). Gli abbonamenti sono in calo. Non solo. Tenere aperto per così tanti giorni l'anno ha penalizzato l'affluenza e la qualità: a volte i loggionisti sono stati costretti a scendere per occupare i posti vuoti in platea. Ma come si è arrivati a questo disastro? Di sicuro qualche responsabilità ce l'ha la giunta di Giuliano Pisapia. Perché quando nel 2014 fu sostituito Stephane Lissner, ora all'Opera di Parigi, Pereira aveva già fatto capire di essere un sovrintendente capace di una gestione un po' allegra dei bilanci del teatro. In pochi forse lo ricordano, ma prima dell'Expo 2015, non ancora insediato, l'austriaco si distinse per l'acquisto al prezzo di 660.000 euro di quattro allestimenti (Falstaff, Lucio Silla, Don Carlo e la coproduzione dei Maestri Cantori di Norimberga) dal Festival di Salisburgo: in pratica comprava da sé stesso perché all'epoca era direttore artistico del festival e già consulente di palazzo Marino prima di prendere poi il posto di Lissner. Ne nacque una bagarre e una polemica politica, con imbarazzi in Austria, a Milano e al governo dove all'epoca c'era il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Alla fine si stabilì che Pereira sarebbe rimasto solo fino alla fine dell'Expo 2015. Ma poi Pisapia non ebbe forse il coraggio di cacciarlo sul finale di mandato. Così fu riconfermato per altri cinque anni. Ora siamo arrivati alla fine, ma di certo il sovrintendente austriaco non vuole mollare l'osso. E anzi punta alla riconferma il prossimo anno. Chi spinge per restare in città è soprattutto la moglie di Pereira, al secolo Daniela De Souza, compiuti da poco 30 anni, ex fotomodella brasiliana con studi alla Marangoni Fashion School e un atelier di abiti su misura in via Morone, di fianco alla casa del Manzoni e a due passi dalla sede della Casaleggio Associati. Ma ormai le possibilità di un secondo mandato sono al minimo, sarebbe di fondo la terza riconferma dopo le polemiche sul Festival di Salisburgo e su Aramco, la compagnia petrolifera saudita. Il governatore lombardo Fontana è stato chiaro in questi giorni: «Una cosa di tutta questa vicenda è chiara: l'attitudine di Pereira a creare confusione per coprire la preoccupante disinvoltura con cui ha gestito la politica culturale della Scala e la sua immagine nel mondo. Più grave è il fatto di aver comunque accettato dei fondi a prescindere dalle decisioni del cda e addirittura prima che questo si riunisse». Per quanto tempo Sala difenderà ancora Pereira?
Palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (Getty Images)
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