2024-09-08
Reti unificate sulle tresche di Genny per non parlare di dossieraggi e Csm
Maria Rosaria Boccia e Gennaro Sangiuliano (Instagram)
Su Pasquale Striano e le accuse di Rosanna Natoli il silenzio è inquietante. Il premier: «Sproporzione».Si chiama doppiopesismo. Un termine che andava di moda qualche decennio fa, quando Paolo Mieli lo inventò da direttore del Corriere della Sera, entrato nel vocabolario come «tendenza nel linguaggio politico e giornalistico a usare due pesi e due misure, cioè a comportarsi in modo contraddittorio in circostanze analoghe». Esattamente ciò che accade in queste settimane, in circostanze neppure lontanamente analoghe. Da una parte c’è lo scatenamento parossistico nei confronti del gossip del caso Sangiuliano-Boccia e dall’altra il silenzio peloso su scenari cupi, con sfumature inquietanti come le rivelazioni di Rosanna Natoli sulle manovre del Csm e l’inchiesta del procuratore Raffaele Cantone a Perugia.Nella tarda estate italiana il sistema politico-mediatico - assatanato su trine e pizzi ministeriali - è curiosamente distratto, quasi infastidito, davanti alle penombre ipotizzate dentro l’organo di autogoverno della giustizia e a presunti atti illegali di organi dello Stato nel costruire dossier per infangare una parte del Parlamento, la solita, quella che rappresenta la maggioranza del Paese. Ciò non significa giustificare qualcosa o qualcuno; le ingenuità e le inopportunità di Gennaro Sangiuliano sono evidenti, anche questo piccolo giornale le ha stigmatizzate. Ma il doppiopesismo è evidente, enorme, ammorba l’aria e conferma un’alleanza ferrea fra le tante sinistre e molti autonominati Pulitzer di redazione.Ne ha parlato ieri anche il premier, Giorgia Meloni, al Forum Ambrosetti, fra gli stucchi di Villa d’Este e i motoscafi che galleggiano sul Comolake, con preambolo necessario. «Quando ancora la stampa aspettava le dimissioni del ministro, ero già al Quirinale a firmare la nomina del nuovo ministro. Intendo fare il mio lavoro, farlo bene e fino alla fine della legislatura». Poi la lucida fotografia di un problema vero che avvelena la vita pubblica. «C’era chi tifava su un inciampo fatale nel cammino di Palazzo Chigi. Penso che gli italiani capiscano un certo doppiopesismo, che si concretizza nel dare più importanza a cose che sarebbero meno rilevanti, e meno a cose che sarebbero più rilevanti». Il presidente del Consiglio non si ferma e scende nel dettaglio. «Sono molto colpita dalla sproporzione di articoli dedicati alla vicenda privata del ministro Sangiuliano rispetto a quelli dedicati a un’inchiesta portata avanti dalla Procura di Perugia che racconta di funzionari dello Stato che per anni hanno fatto centinaia di migliaia di accessi illegali alle banche dati di questa nazione, ragionevolmente per ricattare la gente». Si riferisce al lavoro del procuratore Cantone, che ha chiesto addirittura l’arresto (negato dal gip) dell’ex pm Antonio Laudati e del tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano nell’indagine sui dossieraggi orchestrati da alcuni media. Meloni chiude così: «Penso che dobbiamo riportare le cose alla loro giusta importanza se vogliamo dare una mano alle istituzioni di questa nazione».Interessano le polpette avvelenate costruite a tavolino da organi dello Stato? No, è più divertente scarnificare un ministro già indebolito di suo. Ci preoccupiamo per le rivelazioni del membro laico del Csm Natoli sulle presunte manovre, al centro l’11 settembre di un plenum presieduto dal capo dello Stato, Sergio Mattarella? No, fa più gola l’ultimo post allusivo di Maria Rosaria Boccia. Così, nell’enfasi a comando dentro il grande Luna park, gli uni coprono gli altri. Se questo accade, la responsabilità non è solo del variegato mondo dell’informazione. La colpa principale è dei politici, anche di governo, che lasciano inevitabilmente alla sinistra il compito di scandire l’agenda e dare le carte (in tutti i sensi). Mentre partono i siluri a orologeria, il centrodestra dorme. Si preoccupa di commentare incontri di boxe intersessuali e di sconsigliare i tuffi nella Senna. Con lo sconfortante risultato di lasciare soli coloro che vigilano, che indagano, che denunciano. Coloro che in solitudine tengono la barra dritta per difendere le istituzioni dal veleno della partigianeria e della delazione purchessia. «Intendo fare il mio lavoro, farlo bene, fino alla fine della legislatura». La frase di Meloni, destinata a procurare gastriti nella rete di potere che parte dal Nazareno e arriva alle più variopinte diramazioni, vuole significare che la spallata è andata a vuoto e non ha procurato crepe nel governo. Restano lì, come se fossero dettagli da fogliettone a pagina 32, due voragini istituzionali, due nodi sui quali non si può fischiettare alla luna. Dos pesos y dos misuras è il titolo ironico di un libro di Paolo Pillitteri scritto ai tempi di Tangentopoli per sottolineare certi riflessi condizionati di stampo sudamericano che avvelenavano il Paese. Doppiopesismo. Non è cambiato niente.
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Quelle che fondano imprese e reinventano modelli economici, che fanno ricerca, innovano nelle professioni, guidano comunità e progetti sociali. Quelle che mettono la competenza al servizio dell’impegno civile, che difendono i loro diritti, che si fanno portavoce di una nuova idea di leadership: inclusiva, empatica, concreta. Non a caso in questo numero è stato dato largo spazio al premio Donna d’autore, promosso dall’A.i.d.e. (Associazione indipendente donne europee) e in modo particolare alla sua entusiasta presidente Anna Silvia Angelini, perché le premiate rappresentano in maniera evidente i modelli di Valore Donna, dove ogni pagina è una finestra aperta su storie di talento, coraggio e visione. Non ho voluto costruire solo un racconto di unicità, ma anche restituire la normalità della grandezza femminile: donne che riescono, che sbagliano, che ricominciano, che costruiscono futuro. La loro forza non è un’eccezione, ma una presenza quotidiana che Valore Donna vuole portare alla luce, con impegno, rispetto e franchezza. Questo progetto editoriale inoltre ha nel suo dna un’idea di qualità come responsabilità: nella scrittura, nelle immagini, nella scelta dei temi. Ogni contributo è frutto di una ricerca attenta, di un linguaggio curato e di una sensibilità che si sforza di vedere il mondo con occhi diversi. Dando spazio a voci nuove, a imprenditrici, giornaliste, intellettuali, professioniste, donne della politica, giovani, donne che operano nel terzo settore, donne che collaborano, si sostengono e che raccontano la realtà contemporanea senza filtri, con l’autenticità di chi la vive pienamente. Perché solo rinnovando lo sguardo si può cambiare la prospettiva. Valore Donna vuole essere una rivista che lascia un’impronta nel panorama editoriale del Paese, un luogo d’incontro tra generazioni, esperienze e linguaggi. Non un manifesto ideologico, ma un laboratorio vivo, dove la libertà di pensiero e la sensibilità estetica si intrecciano. Nel racconto di queste pagine c’è l’orgoglio delle donne che sognano e nello stesso tempo si impegnano non per rivendicare uno spazio, ma per abitarlo con la pienezza di chi sa di meritarlo. Perché il futuro si scrive soprattutto con le loro voci.
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