2021-08-10
Resistenza è un hotel sulle Dolomiti
Hotel Cavallino Bianco (Ansa)
La pensione dove passo l'estate rifiuta di vessare gli ospiti con i controlli. Sono pochi però coloro i quali pensano con la propria testa e tutelano la libertà, specie quella altrui.Mia moglie e io non intendiamo spendere i nostri soldi a beneficio di quanti, nell'epoca del Covid, hanno smesso di ragionare (chiamiamoli covidini); quindi, volendo concederci qualche giorno di svago, dopo accurate ricerche abbiamo selezionato l'albergo Il cavallino bianco di San Candido, i cui proprietari, la famiglia Kühebacher, hanno operato per tutto questo periodo in tranquilla violazione delle tirannie anti-Covid. Abbiamo prenotato una settimana di soggiorno e siamo rimasti in attesa. Non sapevamo che stavamo per compiere un atto politico. Il 27 luglio il presidente della provincia di Bolzano (cui qui non farò l'onore di menzionarlo per nome) ha emesso un'ordinanza di chiusura dell'albergo, dal 5 al 15 agosto, per violazione delle norme (le chiamano così). Il 5, puntuali, nove pattuglie di polizia e Digos hanno circondato questo pericoloso covo di malviventi e una quarantina di agenti ha cominciato a intimidire gli ospiti, minacciandoli di multe. Prontamente però è intervenuta l'onorevole Sara Cunial, che il giorno prima aveva stabilito la sua residenza nell'albergo, ed è arrivato anche l'avvocato Mauro Sandri, che sta combattendo valorose battaglie per i nostri diritti e, nel caso specifico, ha fatto presente che nella residenza di un parlamentare la polizia, per legge, non può entrare. L'ordinanza è stata sospesa e noi siamo regolarmente arrivati il 7 per il nostro soggiorno. È un luogo d'incanto: dopo una passeggiata per i boschi stasera ci aspetta una sauna e una deliziosa cena; dopo ci sarà musica in piazza. Domani mattina, un massaggio. La vita scorre felice a San Candido. Il che mi porta a parlare dei covidini, senza la cui preziosa collaborazione non si emanerebbero leggi liberticide e volanti della polizia non si affollerebbero intorno a onesti cittadini. Ce ne sono varie categorie. Ci sono gli spaventati, che girano in macchina, da soli e con i finestrini chiusi, con la museruola, cui si aggrappano come al corno che scaccia il malocchio. Li capisco ma non li approvo. Non è un caso che nella minuziosa rassegna di virtù condotta da Aristotele nell'Etica nicomachea il coraggio occupi il primo posto. La vita è rischiosa, anzi è per definizione rischio, e chi non è in grado di affrontarlo è già morto anche se respira (a malapena, sotto la museruola), e diffonde una cultura di morte intorno a sé. Ci sono gli invidiosi, risentiti contro chiunque (soprattutto se giovane) voglia divertirsi. Si rifletta sul fatto che l'unico esercizio che non ha mai aperto, nell'ultimo anno e mezzo, sono state le discoteche. Li chiamerò i piagnoni, mutuando il termine con cui ci si riferiva ai seguaci di Girolamo Savonarola, e ricorderò che nelle sue prediche il frate ferrarese tuonava: «State in penitenzia e non si faccino balli; guai a quella che farà balli». (Era soprattutto il ballo delle donne che andava proibito). Dalla parte opposta dell'equazione, ci sono i bruti ventenni che davvero non pensano ad altro che a divertirsi. Lobotomizzati da una cultura (si fa per dire) di cinguettii e condivisioni, non leggono, non si informano e non sanno nulla. Pur di andare in Grecia senza pensieri si fanno bucare, e poi magari invece che in Grecia finiscono all'obitorio. Seguono i molti che «non è il loro mestiere». Gli esperti hanno detto che si fa così e loro si adeguano. Fra gli esperti ci sono anche molti politici, che nessuno ha eletto e che ricoprono ruoli di responsabilità solo perché vengono giudicati esperti; quindi dobbiamo deferire alle loro decisioni, perché certamente sanno quel che fanno. Si distendono quindi i folti battaglioni dei ligi: di quelli che magari non sono d'accordo ma, insomma!, la legge è legge e va rispettata. Se la legge gli imponesse di imprigionare e torturare ebrei, probabilmente storcerebbero il naso ma poi si farebbero forza; altrimenti dove andremmo a finire? Nell'anarchia? Nel disfattismo? (Un termine, quest'ultimo, che circolava parecchio durante il ventennio). Ma veniamo al gruppo più consistente: gli indifferenti e opportunisti, quelli che non hanno nessuna opinione e puntano solo alla propria sopravvivenza, che tengono famiglia e tirano a campare. Eventualmente, a trarre qualche piccolo, lercio profitto dalla situazione. Nella Storia d'Italia, Francesco Guicciardini ne parla spesso. Del popolo genovese dice che «risguardava oziosamente il progresso della cosa, con quegli occhi medesimi che era solito per il passato a riguardare gli altri travagli loro: ne' quali, senza pericolo o danno di coloro che non prendevano l'armi, traportandosi l'autorità publica di una famiglia in un'altra, non si vedeva altra mutazione che nel palagio ducale altri abitatori, altri capitani e soldati alla custodia della piazza». E di quello romano: «il popolo di Roma, parte lieto de' […] sinistri [del papa] parte giudicando non attenere a sé il danno publico, [non] faceva segno di muoversi». Quest'ultima citazione precede di poco il sacco del 1527, peraltro in buona parte causato dal papa stesso, in cui indifferenti e opportunisti vennero fatti a pezzi. Alla reception del Cavallino Bianco, intanto, la padrona sta rispondendo al telefono e ripete all'interlocutore che non chiederà nessun green pass, che chiederlo sarebbe una violazione della privacy. Come sarebbe, spiega, chiedere a una persona l'ammontare del suo conto in banca. E io penso che è con persone così che si potrebbe, e dovrebbe, fare l'Italia. Ma sono poche, e l'esercito dei covidini è enorme. Come durante il fascismo, quando il regime aveva il 90% del consenso popolare e solo una dozzina di professori universitari si rifiutò di giurargli fedeltà. Viene in mente il famoso testo del pastore protestante Martin Niemöller, oppositore del nazismo, che suona più o meno così: «Prima vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare». Per i simpatici e terrorizzati covidini che preferiscono rimanere in casa a guardare Netflix, consiglio un vecchio film: L'invasione degli ultracorpi. L'edizione migliore è la prima, del 1956; ma anche il remake del 1978 può andar bene, soprattutto la scena finale.
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco