2021-08-18
«Repubblica» molesta i ragazzini per propagandare le vaccinazioni
Raffica di interviste a minorenni per magnificare il green pass che «dà la libertà». Sono gli stessi giovanotti ai quali il Pd vorrebbe dar diritto di voto a 16 anni, e che il Piemonte premia col gelato se fanno la puntura. E nell'ora più calda, se non nella più buia, arrivarono i baby influencer del vaccino. Merito di Repubblica, che nell'edizione di ieri ha arruolato un manipolo di dodicenni smaniosi di farsi immunizzare dalla formidabile macchina da vaccinazione del generale Francesco Figliuolo (se si chiama così, un motivo ci sarà). Tutti entusiasti di farsi inoculare nel braccio il magico principio attivo del green pass, al grido di: «Vogliamo tornare a fare sport e mai più Dad». E hanno ragione loro, per carità, dopo che nella prima parte della pandemia sono stati quelli più sacrificati sull'altare della sicurezza dei nonni. Eppure fa uno strano effetto quest'uso così smaccato di ragazzi tra i 12 e i 16 anni come testimonial. Va detto che almeno dicono la verità, ovvero che si vaccinano per poter tornare a vivere normalmente e avere il benedetto green pass. Però un po' dovremmo metterci d'accordo su questi adolescenti. Il Pd di Enrico Letta vorrebbe farli votare a 16 anni. Mentre la Regione Piemonte, per attirare i minorenni nel suo hub vaccinale, sabato ha regalato a tutti un cono gelato. Chè le caramelle avrebbero fatto un po' una brutta impressione.Il primo sfoglio di Repubblica, ieri, era davvero marziale. Le prime 10 pagine erano dedicate all'Afghanistan. Poi, avanti con un'alta guerra, senza veli e turbanti, ma con le mascherine addosso. «L'estate più dura del Covid», il titolo del pezzo con la cronaca di giornata dal fronte, dove, va detto, l'unica cosa che non tornava è che noi al posto di Winston Churchill abbiamo Roberto Speranza. A corredo, un paginone sui teenager «in fila per il vaccino». «La motivazione per quasi tutti è la voglia di ricominciare a vivere al 100%», sintetizzano al giornale diretto da Maurizio Molinari. Ma chi l'avrebbe detto. Sì, insomma, ci hanno risparmiato una parata di piccoli geni della chimica. Almeno per questa volta. Ma attenzione, perché l'argine del baby influencer sì vax è rotto. Anzi, c'erano già state le prove generali venerdì scorso, sempre su Repubblica, giornale che mai potrebbe essere accusato di sfruttare i ragazzini. Si trattava di un pezzo su un tredicenne di Genova che raccontava di aver fatto la prima dose di Pfizer senz'alcuna paura, perché «così con la mia squadra di calcio potrò giocare il campionato». Già, perché, come raccontava il ragazzino, per allenarsi non serve il green pass, ma per le gare ufficiali è «obbligatorio». Lo stesso calciatore in erba ha anche affermato: «Mi vaccino così ho la libertà». Che fa un po' venire i brividi. Se gli capiterà di studiare la locuzione «stato d'eccezione permanente», ne comprenderà al volo il significato. Dunque, ieri invece sono stati messe sul giornale le storie di sei ragazzi, tutti con mascherina salvo una certa Giulia, 16 anni, fiorentina, intervistata dai falchi di Repubblica mentre era in fila «all'hub Mandela Forum di Firenze». Lei spiega che, naturalmente, «all'inizio avevo un po' paura» (i convertiti sono i testimonial migliori), ma poi ha visto che gli amici vaccinati stanno tutti bene e, soprattutto, le mancano «i laboratori di scienze». Intanto, anche Giulia fornisce il suo piccolo contributo alla sperimentazione di massa. Filippo, quindici anni, milanese, racconta che «senza il green pass non si può fare nulla. All'aeroporto, per andare in Sardegna, non mi hanno fatto pranzare». Ginevra, 12 anni, bolognese, dice fiera: «No, non ho avuto mai dubbi. Devo fare la seconda media e questo è l'unico modo per non tornare in Dad». Sveglia e pragmatica anche lei: ha capito che tra Lucia Azzolina e Patrizio Bianchi la differenza si ferma allo smalto sulle unghie. Poi c'è Alessandro, 12 anni, torinese, che gioca a basket e di cognome fa pure Fassino. Consegna questa riflessione già di un certo respiro: «Di questo periodo si parlerà nei libri di storia dei miei figli, ma credo di essere in un'età in cui, non avendo un'età tutta mia, non ho dovuto rinunciare a molto». I genitori non hanno voluto a rinunciare a un viaggetto a Cipro e quindi anche lui è finito all'hub vaccinale del Lingotto. Molto diretto anche Marco, dodicenne romano: «Mi iscriverò a nuoto e il green pass è obbligatorio». Poi cala l'asso: «Ci siamo informati molto bene sui vaccini da mio zio che è pediatra. Lui ha detto che sono tutti sicuri, anche AstraZeneca». Non sarebbe Italia, senza un parente nel ramo. Va dritto al sodo anche Domenico, sedicenne milanese: «Mi vaccino così potrò avere il green pass». Non sarà come avere il motorino quando non prendi debiti a scuola, però non c'è dubbio che senza il passi si rischia l'esclusione sociale. Nei prossimi giorni assisteremo sicuramente a un crescendo di «interviste» del genere, adesso che un tempio del politicamente corretto come Repubblica ha sdoganato i baby influencer vaccinali. E anche il bonus gelato del Piemonte farà sicuramente scuola. Tutto lecito, per carità. Non sarà certo questo giornale a brandire presunte violazioni deontologiche. Ma visto che ci sono oltre 2 milioni di ultrasessantenni che non si sono vaccinati, ovvero soggetti decisamente più a rischio dei ragazzini, aspettiamo di leggere paginate con pensionati sì vax che raccontano di voler tornare a ballare il liscio ed enti locali che distribuiscono pilloline di sildenafil in omaggio.
«Ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano la cultura woke». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un video messaggio al gala 50esimo anniversario della National Italian American Foundation a Washington. "È un tentativo di cancellare la storia fondamentale degli italoamericani e di negare il loro posto speciale in questa nazione. Non glielo permetteremo. Il Columbus Day è qui per restare», ha aggiunto il presidente del Consiglio ringraziando Donald Trump per aver ripristinato quest'anno la celebrazione.
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L'amministratore delegato e direttore generale di Gruppo FS Stefano Antonio Donnarumma premiato a Washington
L’amministratore delegato del Gruppo FS Italiane ha ricevuto il Premio Dea Roma della National Italian American Foundation per il contributo alla modernizzazione delle infrastrutture di trasporto e alla crescita sostenibile del Paese.
La NIAF (National Italian American Foundation) ha conferito a Stefano Antonio Donnarumma, amministratore delegato e direttore generale del Gruppo FS Italiane, il Premio NIAF Dea Roma come leader nell’eccellenza ingegneristica per la crescita nazionale e l’infrastruttura sostenibile.
La cerimonia si è svolta sabato 18 ottobre 2025 durante il Gala del 50° Anniversario della NIAF, all’Hotel Washington Hilton di Washington D.C. negli Stati Uniti d’America. Il riconoscimento è stato assegnato per evidenziare il ruolo cruciale svolto da Donnarumma nella trasformazione e modernizzazione delle infrastrutture di trasporto italiane, con un forte impegno verso la sostenibilità e l’innovazione.
«È un vero onore ricevere questo premio che ho il piacere di dedicare a tutti gli italiani che creano valore sia nel nostro Paese che all’estero e diffondono principi volti a generare competenze specifiche nell’ambito dell’ingegneria, della tecnologia e dell’innovazione. Nel Gruppo FS Italiane abbiamo avviato quest’anno un Piano Strategico da 100 miliardi di euro di investimenti che rappresenta un motore fondamentale per la crescita e lo sviluppo del Paese». ha dichiarato Stefano Antonio Donnarumma.
Sotto la guida di Donnarumma, il Gruppo FS sta promuovendo importanti progressi nello sviluppo di linee ferroviarie ad Alta Velocità e nelle soluzioni di mobilità sostenibile, contribuendo a collegare le comunità italiane e a supportare gli obiettivi ambientali nazionali. Il Piano Strategico 2025-2029 include diversi interventi per migliorare la qualità del servizio ferroviario, costruire nuove linee ad alta velocità e dotare la rete del sistema ERTMS per garantire maggiore unione fra le diversi reti ferroviarie europee. Più di 60 miliardi è il valore degli investimenti destinati all'infrastruttura ferroviaria, con l'obiettivo di diventare leader nella mobilità e migliorare l’esperienza di viaggio. Questo comprende l’attivazione di nuove linee ad alta velocità per collegare aree non ancora servite, con l'obiettivo di aumentare del 30% le persone raggiunte dal sistema Alta Velocità. Sul fronte della sostenibilità, inoltre, il Gruppo FS - primo consumatore di energia elettrica del Paese con circa il 2% della domanda nazionale – si pone l’obiettivo di decarbonizzare i consumi energetici attraverso la produzione da fonti rinnovabili e l’installazione di oltre 1 GW di capacità rinnovabile entro il 2029, pari al 19% di tutti i consumi del Gruppo FS, e di circa 2 GW entro il 2034. Fondamentale è anche il presidio internazionale, con una previsione di crescita del volume passeggeri pari al 40%.
Il Gruppo FS ha infatti inserito lo sviluppo internazionale tra le sue priorità, destinando una quota significativa degli investimenti al rafforzamento della propria presenza oltre confine. L’obiettivo è consolidare il posizionamento del Gruppo in Europa, ormai percepita come un’estensione naturale del mercato domestico, e promuovere una rete ferroviaria sempre più integrata e in linea con i principi della mobilità sostenibile.
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