2019-10-24
«Report» e il Rublogate spaccano il cda Rai
Sotto accusa la trasmissione di Sigfrido Ranucci. I consiglieri della Lega: «Ha violato la par condicio». L'autore: «Matteo Salvini non ha mai risposto». Fabrizio Salini costretto a mediare. Secondo la banca Euro-Ib l'utile da spartire sarebbe stato di 20 milioni di dollari e non di 65.Oshibka rascheta direbbero i russi. Un errore di calcolo nella nostra lingua. Nella famigerata trattativa dell'hotel Metropol, a Mosca, per la compravendita di petrolio al centro dell'inchiesta Russiagate della Procura di Milano per corruzione internazionale, i conti e i numeri sono diversi da quelli raccontati fino a questo momento dalla cronaca giudiziaria dominante. Lo ha scoperto Panorama di questa settimana pubblicando non solo il «pizzino» riepilogativo del summit dell'ottobre 2018 ma anche riportando il contenuto di un prospetto excel sui costi reali dell'operazione redatto dalla banca Euro-Ib (non indagata). Un documento anteriore all'esplosione dell'indagine, in cui sono coinvolti Gianluca Savoini (ex portavoce di Matteo Salvini), Gianluca Meranda (avvocato massone di Cosenza) e Francesco Vannucci (sindacalista di Livorno), che dimostra che l'ipotetico utile della operazione sarebbe stato ben al di sotto dei 65 milioni di dollari che la narrazione di certa stampa ha trasformato d'emblée nella tangente da destinare alla Lega. E questo perché non sono stati calcolati i costi (diretti e accessori) previsti dalla contrattualistica internazionale del settore che assorbono due terzi della cifra iniziale.Nell'audio del Metropol si parla di una transazione su 3 milioni di tonnellate di gasolio per un valore commerciale di 1,65 miliardi di dollari. A cui applicare uno sconto del 4 per cento (66 milioni di dollari nello schema della banca inglese). Quello che finora non è stato spiegato è questa cifra non è l'utile netto, ma il margine lordo. Esiste una successiva ripartizione dei costi che vanno a decurtare di molto i 66 milioni di provvista finanziaria. E cioè i costi finanziari (0,75 per cento, pari a 12,375 milioni di dollari), sconto al cliente finale (2 per cento, pari a 33 milioni di dollari), costi legali (0,10 per cento, pari a 1,650 milioni di dollari), fee del reseller (0,50 per cento, pari a 8,250 milioni), commissioni ad agenti e mediatori (0,65 per cento, pari a 10,725 milioni di euro). Poiché i tre italiani avrebbero fatto da intermediari tra venditore e acquirente (si era ipotizzata l'Eni che, però, ha solo partecipato con una lettera di referenze) il conteggio è presto fatto: Savoini, Meranda e Vannucci e i tre russi avrebbero spuntato, come attività di «consulenza» sull'intero negoziato, poco più di 12 milioni di euro (fee del reseller più le commissioni) e non già l'ammontare dello sconto complessivo (66 milioni di euro nello schema della banca). Considerati gli 8,250 milioni di euro che sarebbero andati alla Euro-Ib arriviamo a 20 milioni di euro. Che cosa i tre italiani poi avrebbero fatto di questi soldi (4 milioni a testa Meranda e Savoini, tra i 500.000 e i 600.000 euro Meranda) non è dato sapere perché siamo nel campo delle illazioni visto che l'accordo non è stato raggiunto a causa dell'ingordigia dei mediatori russi che avrebbero preteso un ulteriore aggio del 2,5 per cento (quasi una ipotetica tangente) facendo lievitare la richiesta di sconto al 6,5 per cento bocciata da Gazprom. Dunque, la storia - dal punto di vista dell'aritmetica - è completamente diversa da com'è stata fino a questo momento rappresentata.Com'è diverso anche il contenuto del «pizzino», pubblicato in esclusiva sempre da Panorama, che nelle scorse settimane Repubblica e Il Fatto Quotidiano avevano spacciato per la «pistola fumante» del patto illecito che avrebbe coinvolto la Lega e che un sito online ieri ha strumentalmente riproposto nella sua versione deviata. Il «pizzino» scritto da Meranda e inviato come fotografia sui cellulari degli altri mediatori non è una bozza di contratto, ma solo un memorandum dei generici punti salienti della chiacchierata al Metropol in cui il Carroccio non compare mai.Al Russiagate, tre giorni fa, la trasmissione Report ha dedicato un lungo reportage che ha spaccato il consiglio di amministrazione della Rai. I due consiglieri Igor De Biasio, in quota Lega, e Giampaolo Rossi (in quota Fratelli d'Italia) hanno accusato il programma di Sigfrido Ranucci di violare le norme sulla par condicio perché mandato in onda a pochi giorni dalle elezioni regionali che si terranno in Umbria domenica 27 ottobre. De Biasio inoltre ha anche criticato nel merito il contenuto del servizio. D'altro canto, la consigliera dem Rita Borioni e Riccardo Laganà (rappresentante dei dipendenti), hanno difeso il diritto di inchiesta, rivendicando l'articolo 21 della Costituzione. «La mia solidarietà a tutti i giornalisti della Rai e a Report», ha affermato il vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai, Primo Di Nicola. Mentre l'amministratore delegato dell'azienda, Fabrizio Salini, avrebbe sì preso le difese di Report ma anche tentato una mediazione tra le parti. L'autore del programma, Sigfrido Ranucci, ha spiegato che «per ben tre volte abbiamo contattato invano Salvini, invitandolo a dire la sua sul materiale che avevamo raccolto» e che la «puntata andrà in replica come sempre anche sabato (giorno prima del voto in Umbria, ndr), e lunedì torneremo su questo argomento».