2024-01-08
Complotti, nomine e favoritismi. A Renzi il premio «faccia di bronzo»
Matteo Renzi (Imagoeconomica)
Il senatore di Italia Viva contesta a Giorgia Meloni colpe di cui lui in realtà si è macchiato, a partire dall’aver piazzato i suoi amici in ruoli apicali. E dimentica di quando dirottò un velivolo pubblico per le sue vacanze.Ieri ci siamo occupati della faccia tosta di Elly Schlein, che pur avendo vinto la palma per le assenze alla Camera è riuscita a rimproverare Giorgia Meloni dalle pagine di Repubblica, accusandola di frequentare poco il Parlamento. Oggi tocca segnalare la faccia di bronzo di Matteo Renzi, il quale dalle pagine del Corriere della Sera riesce ad accusare il presidente del Consiglio di ciò in cui lui si è dimostrato maestro.Innanzitutto i complotti. Il leader di Italia Viva censura il capo del governo per aver detto che non cederà alle pressioni in quanto non ricattabile. «La nostra premier passa le giornate a inseguire fantasmi invece di governare» la accusa il senatore semplice di Riad (copyright Dagospia). Detto da uno che per mesi ha denunciato il «gomplotto» di cui sarebbe stato vittima, in quanto una povera professoressa lo ha filmato mentre si intratteneva con un agente dei servizi segreti, fa ridere. Renzi addirittura si spinge a ipotizzare che Giorgia Meloni sia a conoscenza di qualche cosa che vorrebbe nascondere e dunque preparerebbe il terreno in vista di eventuali rivelazioni. E lui, che da capo di un partito incontra uno 007 in una piazzola di un’autostrada fuori Roma, che cosa aveva da nascondere? Sollevando il polverone del presunto pedinamento della donna (la quale lo avrebbe seguito con il padre malato al seguito, portandosi appresso pure la madre) di che cosa voleva evitare che si parlasse? Forse di un anomalo incontro con uno spione? Forse cercava di depistare i cronisti, affinché evitassero di domandargli perché un tipo che si appresta a far cadere il governo deve vedere un tizio che sta ai vertici dei servizi di sicurezza? Ma l’incredibile faccia di bronzo spinge l’ex presidente del Consiglio a sostenere che neanche in Corea del Nord si nomina la sorella a capo del partito e il cognato a capo della delegazione di governo. Eh, già. Invece in quale Stato di banana si cerca di piazzare l’amico che ti ha prestato la casa alla guida dell’agenzia della cybersicurezza e l’altro amico che ti ha ristrutturato la villa alla guida di Telecom Sparkle, ossia della società pubblica che gestisce i cavi sottomarini da cui passano tutte le comunicazioni? In quale altro Paese un aspirante dittatorello piazza nel consiglio di amministrazione di una società di Cassa depositi e prestiti un manager, finanziatore di Open, la cui famiglia gli anticipa i soldi per comprar casa e il suo capo dei vigili urbani nella stanza dei bottoni a dirigere il traffico della macchina di governo, promuovendolo poi al Consiglio di Stato anche se non ha i titoli?Sì, ci vuole una certa faccia di bronzo a parlare di tutto ciò. Soprattutto a cavalcare la fermata del Frecciarossa alla stazione di Ciampino per far scendere il ministro Lollobrigida atteso a Caivano. Certo, sono passati alcuni anni, ma è difficile dimenticare, non tanto i viaggi in elicottero di Renzi quando era premier, ma il dirottamento di un aereo di Stato, che invece di atterrare a Roma, scese a Firenze, per prelevare la famiglia del premier e consentire al capo del governo, alla moglie e ai pargoli di raggiungere Courmayeur e godere di una settimana di vacanza. Fin dall’inizio della sua carriera politica, la parola d’ordine di Renzi è stata «storytelling», ovvero il tentativo di cambiare verso alla narrazione dei fatti per imporre una visione diversa. In questo l’ex premier è stato il numero uno, fino a che gli italiani si sono accorti che lo «storytelling» altro non era che uno «story-balling», l’arte di spacciare frottole fingendo che fossero cose vere. L’atto che ancora si ricorda fu il suo addio a Palazzo Chigi dopo l’epocale sconfitta al referendum. Promise di lasciare la politica, ma dopo otto anni lo abbiamo ancora fra i piedi.