2023-07-18
Renzi perde la causa con «La Verità» e scatena il «Riformista» sul giudice
L’ex Rottamatore attacca la toga di Firenze: è una no vax ed è una complottista.«Beato lui». Si intitola proprio così «il panegirico sull’arcitaliano Silvio Berlusconi» dato alle stampe da Pietrangelo Buttafuoco. A officiare la presentazione sarà ovviamente Matteo Renzi che le sta provando tutte per sostituire politicamente l’ex presidente di Forza Italia e accaparrarsi i suoi voti. Non ci stupirebbe se puntasse anche a guadagnarsi un posto nel mausoleo di Arcore. Ma, al contrario del Cavaliere, il fu Rottamatore conduce in prima persona la sua guerra contro i magistrati, usando giornali e social. Si è persino fatto nominare direttore editoriale del Riformista pur di poter martellare senza mediazioni pm e giudici del Tribunale di Firenze. Non ha più il potere del passato, ormai la sua forza sono solo i giochi di palazzo, ma in quelli resta quasi imbattibile. E deve ritenere il momento attuale ideale per rimettere al loro posto le toghe a lui invise, usando il Guardasigilli Carlo Nordio come ariete. Nell’ultimo numero, quello di sabato, il dir. Renzi si è lagnato di aver perso una causa contro La Verità e ha attaccato chi ha scritto la sentenza, il giudice Susanna Zanda.A noi ha ricordato il caso del giudice Raimondo Mesiano, pedinato e sbertucciato in tv per i suoi calzini azzurri dopo una sentenza sgradita. Sabato il senatore ha vergato e twittato: «La vera separazione delle carriere non è tra Pm e giudici, ma tra giudici bravi e giudici incapaci». Ed è chiaro a quale casella pensasse per la Zanda. Renzi ci ha anche fatto sapere che questa cernita lui la fa «a costo di sacrifici personali». Quali? Eccoli: «Ieri ho ricevuto l’ennesima condanna alle spese da parte della solita giudice No vax e No wifi: la dottoressa Zanda, casualmente a Firenze. Diffamato sui media e insultato in Tribunale da una dottoressa che parla di sieri, campi elettromagnetici, complotti internazionali». I «segugi» dell’ex premier hanno compulsato le sentenze della Zanda e cercato notizie sul suo conto, per poi metterla alla berlina sulla base delle opinioni che avrebbe esternato su green-pass, vaccini e onde magnetiche. Tutte idee che la trasformerebbero automaticamente in un cattivo magistrato, tanto da meritare un’intera paginata firmata con pseudonimo e intitolata «Se questo è un giudice imparziale», con allegato box irridente («Affidereste il vostro onore a un magistrato così?»). Nell’articolo in questione l’inesistente Valeria Cereleoni usa il metodo Mesiano, mascariando a più non posso il giudice. A giugno, sempre la sedicente Cereleoni aveva provato a mettere pressione alla toga in vista della sentenza che ci riguardava «La giudice Zanda e il sostegno de La Verità di Belpietro che deve processare per diffamazione». Il 28 giugno, nella sua enews, Renzi aveva rilanciato ben due articoli della giornalista senza volto (chissà chi si nasconde dietro al nom de plume), uno dei quali riguardava «lo strano caso del dottor Turco». Luca Turco è il procuratore aggiunto che ha in mano il fascicolo dell’inchiesta Open, quella in cui l’ex sindaco di Firenze è indagato, e per il suo lavoro è stato ringraziato con articoli come questo: «Chi sbaglia non paga mai? Il pm Turco e le ispezioni del ministero». In soldoni un invito a spedire gli 007 di via Arenula nella Procura che ha messo sotto inchiesta Renzi. Davvero poco elegante. È come se noi della Verità, quando un giudice civile con una sentenza del tutto opinabile e che è stata appellata, aveva dato ragione ai genitori di Renzi, avessimo passato ai raggi x vita e opere di quella toga. Ma contro Turco Renzi ha schierato anche un’altra firma di giudiziaria della sua redazione, pure questa protetta da pseudonimo. Stiamo parlando di tal Paolo Pandolfini, il quale ha, tra l’altro, accusato i pm di Firenze di «pensare a Berlusconi e di dimenticare la piccola Kata», scomparsa da un palazzo occupato abusivamente. In pratica contro le toghe Renzi ha deciso di schierare una squadra di cronisti anonimi. Con l’obiettivo dichiarato di restare a piede libero: «Se pensano di fermarmi così significa che non mi conoscono. Chi non ha paura sa che questo è il prezzo della libertà. E alla libertà io non rinuncerò mai». Tanto le querele arrivano al direttore responsabile.
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