2018-11-05
Renzi giura: «Non compro “L’Unità”». Ma è l’ennesima bugia: tutto vero
Matteo Renzi non delude mai. Se c'è una notizia vera che lo riguarda, lui la smentisce o la fa smentire dai suoi galoppini. È successo anche l'altro ieri, quando abbiamo pubblicato di un suo interessamento per L'Unità, il quotidiano che da presidente del Consiglio ha contribuito ad affossare imponendo un direttore caro al Giglio magico. (...)(...) Da settimane, lui e il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi, ronzano intorno alla testata come le api vicino al miele. Ma quando La Verità ha rivelato la trattativa, Renzi si è affrettato a far diramare una smentita, negando di voler comprare ciò che resta del quotidiano comunista in vista della battaglia congressuale e delle elezioni europee.Che abbia smentito una notizia vera non stupisce. L'intera sua carriera politica è disseminata di fatti negati, ma che puntualmente poi si sono verificati. Andò così fin dal principio, quando regnava su Palazzo Vecchio e tutti i quotidiani gli attribuivano la voglia di candidarsi a un ruolo di rilievo nazionale. A microfoni aperti Renzi sentenziò che mai si sarebbe concesso a una tribuna diversa da quella locale, promettendo di fare il sindaco di Firenze fino alla fine del proprio mandato. Come c'era da aspettarsi, un secondo dopo aver giurato prese a brigare per conquistare la poltrona di segretario del Pd. E una volta ottenuto il seggiolone che tanto gli stava a cuore, alle domande maliziose di chi immaginava che la guida del partito fosse solo il primo gradino di una scalata ben più ambiziosa, l'ex primo cittadino assicurò il contrario. «#Enricostaisereno» è un hashtag che ha fatto epoca, e ancora oggi, se dite a uno «stai sereno», quello inizia subito a preoccuparsi.Quando il nostro Giacomo Amadori svelò la storia della casa che Marco Carrai pagava per l'allora sindaco di Firenze, Renzi fece diffondere una nota dall'ufficio stampa della presidenza del Consiglio sostenendo l'assoluta infondatezza della notizia. In realtà, di lì a pochi giorni si scoprì che il premier in quella casa aveva messo radici al punto di trasferirvi la residenza. Peccato che il contratto d'affitto fosse intestato all'amico, il quale, ça va sans dire, provvedeva anche a pagare il canone mensile.Con le case, in effetti, Renzi ha sempre avuto un problema. Quando a maggio di quest'anno sulla Verità rivelammo che l'ex segretario era a un passo dal comprarsene una nuova in uno degli angoli più prestigiosi di Firenze, lo stesso Renzi, che si era appena dipinto come un politico in bolletta, negò ogni cosa, diffondendo un comunicato in cui si smentiva ogni acquisizione. Neppure l'esibizione di un preliminare, con tanto di valore dell'immobile e timbro del notaio, lo fece desistere dal negare. In un video, addirittura, il senatore semplice di Scandicci parlò di bufale e fake news, salvo poi rogitare di lì a qualche settimana, staccando un assegno da un milione e mezzo, tasse e parcella notarile escluse.Ormai ci abbiamo fatto l'abitudine. Quando qualcuno gli rompe le uova nel paniere, il nostro rivolta la frittata e accusa i giornali di aver diffuso una bufala. È successo anche quando i 5 stelle, arrivati a Palazzo Chigi, scelsero di farsi un selfie con l'Air Force Renzi, il super aereo che l'ex segretario pd si era fatto prendere in leasing per girare il mondo. Alla notizia della rottura del contratto che costringeva l'Italia a un salasso mensile, Renzi negò qualsiasi responsabilità, lasciando intendere che il velivolo fosse stato voluto dal Padreterno, ma non certo da lui. Anzi, fosse stato per lui, alla Casa Bianca ci sarebbe andato in bicicletta, proprio come fece quando per la prima volta si recò a Palazzo Chigi, salvo poi, una volta svoltato l'angolo, salire sull'aereo di Stato per recarsi a Courmayeur con la famiglia.Viste le premesse, dunque, non soltanto confermiamo la notizia dell'Unità, ma aggiungiamo anche che i soldi per l'operazione non saranno un problema. Perché, nonostante a gennaio avesse solo 15.000 euro sul conto, Renzi gode sempre di ottimo credito.
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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