2022-02-15
«Sei ormai alla fine, ma hai l’immunità. Io, re Mida della m...»
La lettera di babbo Tiziano a Matteo Renzi dopo le elezioni del 2018: «confessa» le trame su Poste e i maneggi per piazzare i suoi.La più pungente sintesi di che cosa sia stato il Renzismo potrebbe averla scritta Tiziano Renzi in una missiva preparata per il figlio il giorno dopo le elezioni del 4 marzo 2018. Per lui i petali del Giglio magico erano la «Banda Bassotti», mentre definiva se stesso il «Re Mida della merda», capace di «concimare» chiunque con la sua vicinanza a causa delle indagini giudiziarie. E al figlio che, ancora oggi, finge di essere un politico nel pieno della carriera, il 5 marzo rivolgeva queste parole pietose: «Non ti scrivo certo per lamentarmi anzi provo tenerezza per te che malgrado le tue capacità e i tuoi don vivi la fine di un’epoca». Ma nello stesso tempo gli mostrava il lato luminoso della medaglia di elezioni tanto nefaste per il Pd: «Ora tu hai l’immunità, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te». Un’immunità che da mesi Renzi difende con i denti in tutte le aule contro i magistrati che lo vogliono processare per finanziamento illecito.La missiva è stata acquisita nel procedimento per bancarotta e false fatture in cui sono imputati i genitori del leader di Italia viva e che era stata sequestrata in un’altra inchiesta (dove il babbo è stato prosciolto dalle accuse di traffico di influenze). È diventata di pubblico dominio dopo che il giudice Fabio Gullotta (che ha già condannato a 1 anno e 9 mesi Tiziano e la moglie Laura per false fatture) ha respinto le obiezioni delle difese sulla sua utilizzabilità essendo indirizzata a un parlamentare.Nelle cinque pagine del testo emerge la solitudine del padre che, mentre la Procura di Firenze da qualche mese aveva iniziato a scavare sulle sue attività (nel maggio del 2017 lo aveva iscritto sul registro degli indagati), contesta al figlio di non credergli e di ritenerlo «un ostacolo e comunque un fastidio». Renzi, dunque, da premier e segretario del Pd attaccava i giornali per le cose che scrivevano su suo padre, ma contemporaneamente contestava al genitore quanto leggeva nelle cronache, senza dargli alcuna possibilità di difendersi. Per questo Tiziano, come ha raccontato l’ex sottosegretario Luca Lotti, aspettava sotto casa quest’ultimo e lo accompagnava alla stazione per mandare pizzini al suo ragazzo, che per lui era diventato un muro di gomma.Ma il babbo più che ai cronisti sembra accollare la colpa di questa diffidenza a quelli che lui chiamava «l’ectoplasma» e «la Banda Bassotti», cioè Alberto Bianchi, Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi, che «hanno davvero lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi», mentre Tiziano sarebbe «passato per ladro prendendolo nel culo». Il babbo, a proposito della Banda Bassotti, ricorda che «Virgilio lo hanno semplicemente ignorato, eppure chiedeva solo occasioni di lavori a provvigione, non favori». Virgilio C., a quanto risulta alla Verità, è un imprenditore che si occupa di recupero crediti e che probabilmente cercava qualche appalto.Tiziano è molto duro anche con un altro fedelissimo di Matteo: «Marco Carrai, coerentemente, non si deve mai più far vedere da me. Uomo falso che mi dice che Del Fante (Matteo, ad di Poste, ndr) è suo amico e non fa niente di niente, e che mi dice che l’egiziano (Seat) è pronto ad ascoltarlo e non solo non fa niente per Poste, ma non mi difende contro un attacco oggettivamente non supportato da ragioni professionali (era da 2010 che lavoravo per Pagine gialle con capacità professionali indubitabili) levandomi un fatturato di 3 milioni che ritenevo oggettivamente acquisito senza interferenze sindacali e non solo». Il riferimento è al contratto con Seat perso da Eventi 6 nel 2017.E di Poste Tiziano, che puntava a entrare nel mondo della distribuzione su larga scala, riparla quando ricorda al figlio come si potessero placare le rivendicazioni del coindagato Mariano Massone: «Sarebbe stato tutto risolto se din don (il soprannome del manager genovese Giuseppe Campanella, recentemente andato in pensione, ndr) avesse avuto quel che gli spettava come direttore commerciale di Poste perché essendogli amico lo avrebbe fatto lavorare e quindi mantenere la famiglia in aziende a lui vicine. Probabilmente sarei stato in condizioni di vendere l’azienda e comunque di provarci. Purtroppo la sfiducia nei miei confronti e la campagna dei giornali che ha convinto per primo te ed i tuoi accoliti mi ha reso incredibile e voi sospettosi». Renzi senior e Campanella si erano conosciuti nel periodo della distribuzione di Pagine gialle e il manager aveva avuto rapporti di lavoro anche con Massone. Quest’ultimo nel 2016 aveva accettato di patteggiare una pena di 26 mesi per la bancarotta della Chil post, la vecchia società dei Renzi rottamata dallo stesso Mariano.Una vicenda per cui Renzi senior è stato indagato e prosciolto dalla Procura di Genova. Ma che forse, a sentire il babbo, avrebbe potuto prendere anche una piega diversa: «Massone ha accettato il patteggiamento senza lottare, rinviando e traccheggiando come la legge gli avrebbe consentito, magari coinvolgendomi, sapendo che non aveva la condizionale».Mariano è stato per circa un lustro il compagno di avventure imprenditoriali di Tiziano Renzi, a partire da Genova, a inizio millennio. Oltre alla pena nel capoluogo ligure ne ha patteggiato anche un’altra da 6 mesi per la tripla bancarotta per cui è in corso il processo a Firenze che coinvolge i genitori del leader di Iv.Agli atti è stata depositata anche una mail in cui Mariano rinfaccia a Tiziano la pena incassata in Liguria. I due si erano appena incontrati e il summit era andato male: «Tra le tante cose che non ti ho detto oggi: 10 anni, ripeto 10 anni di divieto di svolgere attività commerciali: pena accessoria, con mia somma sorpresa (dato che non ricordo di aver sentito da nessuno che mi sarebbe stata regalata questa perla) comminata da quel buontempone di Airoldi (Marco, il pm genovese, ndr)».La lettera a livello processuale è molto importante perché dimostra come Tiziano, nonostante non avesse incarichi ufficiali nelle società, avesse pieno potere decisionale.Come quando scrive al figlio: «Per l’azienda stiamo cercando di diversificare. Quando ci vediamo, se credi, ne parliamo. Per togliere i fari dall’azienda (o per tentare) ho trasformato l’azienda fatta per la Sicilia (Very important products, ndr) in azienda di solo food. Mi sono tolto dalla Eventi 6 e mi sono nominato amministratore della Vip Srl». Ha progetti internazionali: «La missione è esportare la qualità dei nostri prodotti all’estero. Ho preso due contatti con importatori a Miami e a Toronto. C’è spazio. Ci sto lavorando».A evidenziare il ruolo di amministratori di fatto delle cooperative fallite di Renzi senior e della moglie Laura ci sono anche altri messaggi di posta. Come quello in cui la madre del fu Rottamatore riceve il bilancio della Marmodiv, una delle tre coop finite in bancarotta.Nella lettera il babbo difende anche i suoi affari immobiliari, il riacquisto grazie a un ricco mutuo di Mps del loro vecchio capannone («Fa male sentirti dire che non dovevo comprarlo» scrive a Matteo). Sogna di mettere a reddito l’immobile facendo aprire al piano terra una panetteria oppure appartamenti o uffici. «La logica vera non è quella di quanto costano i mutui» sostiene, «ma come far rendere le proprietà acquistate. Torri (la casa dove vive in quel momento, ndr) può diventare un affittacamere con 6 camere, 4 bagni, due cucine una piscina riscaldata e pagarsi anche dopo dì noi». Il babbo dice la sua anche sulla politica, dopo la batosta elettorale: suggerisce all’allora segretario del Pd, «visto il clima di destra che si respira», di «applicare un sano centralismo democratico», di «cacciare coloro che minano l’immagine del partito con continue dichiarazioni di distinguo», di «deferire ai probiviri chi non rispetta la linea del partito», di affidarsi a «una segreteria efficiente è necessaria per coltivare le relazioni anche oltre Obama (non vota in Italia)». Per lui «non serve un nuovo partito alla Macron», ma «occorre depurare il Pd a costo di perdere pezzi di apparato al fine di recuperare pezzi di elettorato». Per recuperare voti consiglia di ispirarsi a un ex assessore democristiano di Reggello: «Riguardo al tuo nuovo ruolo credo tu debba aprire l’ambulatorio alla Gianluca Parrini». E gli spiega il motivo: «Se c’è una critica che è circolata è che tu non hai cagato nessuno... perché avevi tante cose da fare. Hai dato un’immagine di supponenza e di autosufficienza e quindi di inutilità della ggente (alla Faina - Valter, altro dc locale, ndr-) che ha portato tutti a ritenerti arrogante. Che tu lo sia o no credo che chi ha un ruolo pubblico non possa sembrarlo».La missiva racconta come il rapporto tra i due si sia deteriorato a partire dall’ingresso in politica del figlio: «È dal tempo della Provincia che non sono stato messo in condizione di fare un ragionamento completo con te. In questi anni ho avuto la netta percezione, anzi la certezza, di essere considerato un ostacolo e comunque un fastidio». Tiziano cita i «rimproveri» e le «sfiducie preventive» del suo erede: «Una volta mi hai detto con cattiveria che io cercavo visibilità. Sbagliavi io volevo lavorare e lottare per recuperare un’immagine realistica e vera che poteva e doveva servire a te non a me. Io non ho niente da chiedere alla vita di più di ciò che ho. Ho vissuto l’ultimo anno con terrore. Non è servito a niente. Non posso andare avanti così […]. Se devo cadere preferisco farlo lottando e non nascondendomi». Adesso a scontrarsi con i magistrati, anche per lui, ci pensa Matteo.
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