2020-02-13
Renzi batte i pugni, però è disperato e cerca una sponda nel centrodestra
Iv rivota col centrodestra sul lodo Annibali (bocciato): si offre per un nuovo esecutivo.Se gli fai «quella» domanda, in questi giorni, la faccia sorridente di Giorgia Meloni diventa improvvisamente di granito. La domanda è: Fratelli d'Italia sarebbe disposta a dar vita a una maggioranza (in questo Parlamento) che comprenda anche Italia viva? La Meloni a quel punto scandisce: «Mai con Matteo Renzi, nemmeno un caffè insieme. Figurarsi una qualsiasi convergenza in Parlamento. No, mai, sarebbe un suicidio politico, per noi l'ipotesi non esiste». Subito dopo, se non fosse chiaro, la leader di Fdi aggiunge: «Conosco l'intelligenza politica di Matteo Salvini, non credo potrebbe considerare utile una operazione di questo tipo». Così, per capire lo scenario che balugina in queste ore occorre riavvolgere queste dichiarazioni, sommarle a quello che la Meloni ha detto a Carta Bianca su questo tema, combinarle con le parole di Nicola Zingaretti contro Renzi: «Diceva che ha fatto il governo per combattere Salvini, vedo che sta lavorando per lui». È come se la vicenda della prescrizione si fosse risolta con una tregua, insomma (lo abbiamo raccontato su queste pagine), ma le ferite che ha prodotto nella maggioranza no. Ieri il lodo Annibali è stato bocciato alle Commissioni congiunte ma Iv ha votato ancora con Lega, Fdi e Fi.Nel Pd, gli uomini più vicini al segretario sono convinti che Renzi 1) abbia già maturato l'idea di far cadere il governo; 2) stia solo aspettando di capire quando farlo e 3) abbia già in tasca un accordo con il centrodestra per impedire lo scioglimento delle Camere. La prima conseguenza della rottura sarebbe inevitabile: Renzi non potrebbe più correre con il centrosinistra, e con la nuova legge elettorale la sua soglia di sbarramento salirebbe dal 3% (del Rosatellum) al 5%. I primi due sospetti degli zingarettiani sono fondati: Renzi accarezza l'idea dello strappo. Ma il terzo punto - l'accordo con il centrodestra - non è realtà. Ci sono contatti: c'è lo storico canale «nazareno» con Silvio Berlusconi (anche lui interessato a non andare al voto) e c'è il canale Verdini (nel senso di Denis) che parla sia con il Cavaliere, sia con Salvini, sia con Renzi (suo ex alleato). I pontieri che lavorano a questo accordo vogliono mostrarne i vantaggi a Salvini (togliere di mezzo Giuseppe Conte, affondare l'alleanza giallorossa, prendersi la rivincita sull'Emilia e sulla beffa della crisi di agosto). Salvini è molto prudente e sa che l'assenso della Meloni sarebbe una precondizione per qualsiasi trattativa. Sia per la forza che la sua alleata ha raggiunto nella coalizione (valeva un quinto della Lega, ora un terzo), sia perché se si facesse l'inciucio e Fdi ne restasse fuori guadagnerebbe grazie al marketing della «coerenza meloniana». Ieri il sondaggista Roberto Weber di Ixé spiegava un punto decisivo del derby elettorale nel centrodestra: «Poco meno di un voto su due di quelli acquisiti da Fdi dopo le europee arriva dalla Lega. Ma quello che deve più preoccupare Salvini», aggiunge Weber, «è che l'80% dei suoi elettori indica come “secondo voto" il partito della Meloni». Ecco spiegata la nettezza con cui la giovane leader, consapevole di tutti questi canali, sceglie di chiudere la porta a qualsiasi ipotesi di accordo parlamentare. Se le domandi quanta possibilità ci sia di sottomettersi al principio di leadership della coalizione (oggi nelle mani di Salvini) su una decisione così importante, risponde: «Non credo proprio che Salvini me lo chiederebbe. È una questione di identità». Anche perché, aggiunge, «il nostro messaggio arriva e convince perché è molto chiaro: andremo al governo non appena si vota, perché il M5s si è liquefatto, non è più il primo partito del Paese». Conclusione: «Non abbiamo bisogno di trucchi: il governo si logora da solo, il centrodestra è già maggioranza, bisogna solo aspettare un voto che certifichi questa condizione». Posizione che è all'opposto di quella desiderata da Silvio Berlusconi: in caso di voto anticipato Forza Italia faticherebbe a riportare in Parlamento un terzo dei suoi eletti, mentre la Meloni riuscirebbe a triplicarli e Salvini a raddoppiarli. Intorno a Renzi si decidono molti destini: partite fatte di uova da incassare subito, e di galline da sognare domani.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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