2023-09-22
Il Colle si desta: «Dublino è la preistoria»
Sergio Mattarella (Imagoeconomica)
Dopo anni di critiche del centrodestra alle regole dell’Ue sull’accoglienza, il capo dello Stato batte un colpo. E spiega all’omologo tedesco, in visita in Sicilia, cosa non va. Salvo poi perdersi nella retorica delle «soluzioni comuni». E in serata riceve Paolo Gentiloni.«Le regole di Dublino sono preistoria». La spallata di Sergio Mattarella è come una scossa tellurica, parte da Roma ma si avverte soprattutto a Bruxelles con il peso dell’autorevolezza di un capo dello Stato. L’Italia con le spalle al muro sembra finalmente indisporre il presidente che, accanto all’omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier in visita al centro di accoglienza di Piazza Armerina in Sicilia, alza il volume della radio sul fenomeno epocale delle migrazioni. E va oltre: «Quelle regole appartengono a un mondo che non c’è più. Regolare il fenomeno migratorio volendo far riferimento agli accordi di Dublino è come dire: realizziamo la comunicazione in Europa con le carrozze e i cavalli».Benvenuto presidente, verrebbe da dire. Con lei il club ora si fa più numeroso e più prestigioso. Perché le sollecitazioni a cambiare quel protocollo ambiguo e polveroso, che prevede il Paese di primo approdo come responsabile dell’accoglienza, arrivano da almeno un decennio (da Marco Minniti a Matteo Salvini, da Giuseppe Conte a Giorgia Meloni) nel silenzio generale, se non accompagnati fin qui da puntuali prese di distanza anche del Quirinale. E regolarmente si infrangono contro il muro dell’indifferenza e dell’ipocrisia eretto dall’Unione europea. Un muro cementato in casa nostra dai pesanti interessi economici del variegato mondo dell’accoglienza stessa. Come se la dichiarazione non fosse chiara, Mattarella - che poi in serata ha incontrato il commissario per gli Affari economici (nel mirino della maggioranza) Paolo Gentiloni - aggiunge che affidarsi oggi al trattato di Dublino «è come fare un salto nel Pleistocene, in un’altra era storia o zoologica; è proprio una cosa fuori dalla realtà». E ancora: «Non si possono usare strumenti rudimentali e superati di fronte a fenomeni totalmente nuovi». Sul totalmente nuovi qualche perplessità si fa largo perché le migrazioni massicce dall’Africa esistono da 20 anni; perché addirittura Bettino Craxi, morto nel 2000, prevedeva che sarebbero state difficilmente arrestabili («si gonfieranno in modo impressionante»); perché se vogliamo pignoleggiare il film Lamerica di Gianni Amelio, che già dava una dimensione drammatico-letteraria a un fenomeno sociale con radici in Albania, era uscito nel 1994.Non è nuovo questo fenomeno, descritto così da Mattarella davanti al presidente di uno dei Paesi (l’altro è la Francia) che hanno alzato muri ai nostri confini, lasciandoci soli. Non è nuovo. Semplicemente la sinistra non ha mai voluto affrontarlo con il principio di realtà, misurandone gli effetti concreti. Si è limitata all’emotività delle lacrime, all’effetto consolatorio del grande abbraccio, alla narrazione Boldrini cavalcata in una perenne campagna elettorale buonista, spazzata via dalla vista degli schiavi subsahariani che oggi popolano le periferie, le stazioni, i luoghi del degrado e della violenza. Tutto ciò senza mai preoccuparsi delle conseguenze sull’ordine pubblico, sull’integrazione, sulle prospettive d’una vita dignitosa per queste persone, che se va bene pedalano nella notte per portare le pizze al progressista illuminato del settimo piano nei quartieri cool di Roma o di Milano. Con il risultato che perfino i governatori del Pd rifiutano nuovi centri d’accoglienza per paura di essere mandati a casa. Per delucidazioni citofonare Stefano Bonaccini.Nel suo intervento Mattarella non si limita a demolire Dublino, ma fa qualcosa di curiosamente alternativo: addita per la prima volta l’Europa come un organismo fuori dalla realtà, primo responsabile d’una situazione anacronistica. «Serve da ognuno uno sforzo, nessuno ha la soluzione in tasca, nessuno ha indicazioni da dettare agli altri ma bisogna cercarle insieme e velocemente prima che sia impossibile governare il fenomeno. Soluzioni nuove e coraggiose, soprattutto soluzioni europee. Perché è un problema che non può essere affrontato da un Paese solo, neppure il più grande. È importante che tutti comprendano in Europa che il problema esiste e non si rimuove ignorandolo». Un endorsement inedito, anche se timido nei confronti dei traffici in altomare, dei trasbordi sospetti dalle Ong, dell’uso politico che altre nazioni fanno dei disperati per mettere alle corde il nostro sistema d’accoglienza. Nel fare l’esegesi di un discorso oggettivamente importante non si può dimenticare questo passaggio chiave: «Soluzioni nuove, soprattutto soluzioni europee». Allora è legittimo notare che, da ministro dell’Interno, Salvini nel 2019 aveva proposto con i decreti Sicurezza una soluzione criticabile finché si vuole ma oggettivamente nuova. Adesso è alla sbarra a Palermo, a 160 chilometri da Piazza Armerina: deve difendersi dall’accusa di sequestro di persona. Quanto alle «soluzioni europee», l’accordo con la Tunisia di Kaïs Saïed da parte di Ursula Von der Leyen, Mark Rutte e Giorgia Meloni è realistico e concreto. Somiglia a quello di Angela Merkel (quando era descritta come statista illuminata) con la Turchia. Ma è osteggiato, picconato, demolito proprio dai socialisti europei e in Italia dal Pd, che al dettato presidenziale si rifà a pranzo e a cena. Con il Quirinale silente spettatore.
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