Tornano le grandi mostre presso lo spazio espositivo più prestigioso del capoluogo meneghino. Tra i protagonisti Claude Monet con ben 150 opere provenienti dal Museo Marmottan di Parigi e 80 capolavori della corrente della prima metà del Novecento.
Tornano le grandi mostre presso lo spazio espositivo più prestigioso del capoluogo meneghino. Tra i protagonisti Claude Monet con ben 150 opere provenienti dal Museo Marmottan di Parigi e 80 capolavori della corrente della prima metà del Novecento. Palazzo Reale e le mostre «della ripartenza» Edificio dal grande valore artistico ed architettonico, la cui storia è strettamente legata a quella della città di Milano, con i suoi fasti e le sue cadute, Palazzo Reale è senza ombra di dubbio lo spazio espositivo più prestigioso del capoluogo meneghino. Qui, nel lontano 1953, in una Milano ancora ferita dalle bombe del secondo conflitto mondiale, nella Sala delle Cariatidi Picasso espose la «Guernica». Qui, nel corso dei decenni, sono passate sotto gli occhi ammirati di milanesi e turisti le opere degli artisti più grandi. Mostre che sono state immense casse di risonanza. Le più importanti in Italia. Fra le più importanti nel mondo. Da Caravaggio a Van Gogh, dai fiamminghi a De Chirico, da Klimt a Modigliani. Rodin e Canova. Keith Haring e Toulouse-Lautrec. Il Medioevo, il Barocco e la pop-Art. Pittura, scultura, fotografia. Arte sacra e moda. E anche quest’anno, dopo la lunga pausa forzata che ha cristallizzato l’universo tutto, Palazzo Reale ha ripreso la sua stagione espositiva. Con cautela. Con tutte le precauzioni necessarie. Ma la ripartenza è iniziata. Ed è una ripartenza alla grande, come si addice a Milano. Da settembre ai primi mesi del 2022, cinque le mostre in programma: Monet, Opere dal Musée Marmottan Monet di Parigi; Tullio Pericoli, Frammenti; Corpus Domini. Dal corpo glorioso alle rovine dell'anima; Pablo Atchugarry; Realismo Magico, uno stile italiano. Fra queste, senza nulla togliere all’originalità e all'unicità delle altre, Monet e realismo magico particolarmente di spicco. Se sugli impressionisti e il loro esponente più amato c’è poco da aggiungere, visto che ogni mostra registra uno strepitoso successo di pubblico e l’impressionismo è fra le correnti pittoriche più conosciute, amate e studiate, oserei dire «scandagliate» in ogni più piccolo dettaglio, altrettanto non si può dire per il realismo magico, forma d’arte caratterizzata da una pittura dalle atmosfere sospese e surreali, a tratti enigmatiche, che ha vissuto la sua fase più creativa ed originale nel periodo fra le due guerre. Più precisamente fra il 1920 e il 1935. Il realismo magico e la mostra milanese Fu il critico tedesco Franz Roh, nel 1925, ad identificare con l’ossimoro realismo magico quella corrente artistica (pittorica innanzitutto, ma anche letteraria) caratterizzata, soprattutto in Italia, da una resa così pulita, definita e precisa della realtà da risultare insolita, straniante, spesso inquietante. Forte il richiamo alla staticità classica e ai valori plastici dell'arte del passato, da Giotto a Masaccio, passando per Piero della Francesca. Altrettanto forte la contrapposizione al dinamismo futurista di Filippo Tommaso Marinetti. «Precisione realistica di contorni, solidità di materia ben poggiata sul suolo; e intorno come un'atmosfera di magia che faccia sentire, traverso un'inquietudine intensa, quasi un'altra dimensione in cui la vita nostra si proietta...». Questa la definizione che ne diede nel 1928 lo scrittore e saggista Massimo Bontempelli. Mai definizione fu più precisa ed azzeccata. E a trent’anni di distanza dall’ultima esposizione milanese sul tema ( mostra curata da Maurizio Fagiolo dell’Arco nel 1986), Palazzo Reale torna a offrire al pubblico un’occasione unica per fare il punto su un periodo storico-artistico – quello tra le due guerre – piuttosto trascurato, ma diventato poi oggetto di un graduale trend di valorizzazione che culmina proprio in questa straordinaria mostra corale sul realismo magico. Ottanta le opere che si snodano in un percorso espositivo fatto di luci ed ombre, curato dallo Studio Mario Bellini con Raffaele Cipolletta e pensato proprio per dare risalto alle singole tele, immerse in un’atmosfera ieratica e sospesa. Forte l’impatto, che arriva dritto ai sensi e non lascia certo indifferenti. Come in «Dopo l’orgia», la straordinaria tela dell’artista-partigiano Cagnaccio di San Pietro (pseudonimo di Natalino Bentivoglio Scarpa), sicuramente la personalità italiana più rappresentativa del realismo magico. Come fossero parti di un racconto, sfilano sotto gli occhi del visitatore – in ordine cronologico, filologico e tematico - le opere originalissime di Felice Casorati, come il Ritratto di Silvana Cenni del 1922, così come le prime invenzioni metafisiche di Giorgio de Chirico, molto evidenti ne L’autoritratto e L’ottobrata del 1924, ma anche le proposte di Carlo Carrà, con Le figlie di Loth del 1919 e Gino Severini con i suoi Giocatori di carte. E poi L’ Allieva di Mario Sironi e i dipinti di Antonio Donghi, Ubaldo Oppi, Achille Funi, Mario e Edita Broglio, pittrice raffinata, rappresentata in mostra da un congruo numero di opere. Tutti artisti i cui destini si incrociarono con quelli di Novecento, il gruppo milanese creato e fortemente appoggiato da Margherita Sarfatti – critica d’arte e storica amante del Duce - ma soprattutto, pur con caratteristiche diverse, con esperienze tedesche e austriache e con i realismi che emergono in Olanda e in Unione Sovietica, negli Stati Uniti e in Francia, espressioni di un’arte che sicuramente ha come punto di partenza la realtà, ma che è inevitabilmente attraversata dalle inquietudini esistenziali e ideali del Novecento. La mostra Realismo Magico, uno stile italiano, a Palazzo Reale di Milano dal 19 ottobre 2021 al 27 febbraio 2022, è curata da Gabriella Belli e Valerio Terraroli ed è promossa e prodotta dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e 24 ORE Cultura-Gruppo 24 Ore.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.