2023-08-26
Re Sergio punge: «Italia figlia di più etnie»
Al meeting di Cl, il capo dello Stato invoca il «superamento dell’odio» e l’abbattimento di «muri e barriere». Poi risponde indirettamente alle tesi di Vannacci: «Il nostro straordinario popolo è frutto di apporti diversi in vista del bene comune».La differenza tra un pastore di anime che parla tanto di «valori» e poco di Gesù per piacere a tutti e un capo dello Stato impegnato costantemente a fare il collante della nazione è ormai minima. «Vorrei che ci interrogassimo», dice un Sergio Mattarella in versione pastorale al Meeting di Rimini, parlando di amicizia, centralità della persona, «appartenenza all’unica famiglia umana» e «dimensione dell’incontro». Poi, già che c’è, senza fare nomi ed evitando polemiche dirette, il capo dello Stato non si fa mancare qualche frecciata al generale Roberto Vannacci e al premier Giorgia Meloni, quando affronta il tema delle etnie diverse che vivono in Italia. Mattarella torna a Rimini sette anni dopo la sua ultima apparizione all’appuntamento annuale di Comunione e liberazione. All’epoca, il tema era l’incontro, con il titolo ambizioso «Tu sei un bene per me». Oggi il centro della riflessione comunitaria è l’amicizia («L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile») e il presidente, che pure viene da un ambito come la politica dove l’amicizia è scambiata per debolezza e stupidità, non si sottrae alla meditazione pubblica. Aristotele diceva che «nessuno sceglierebbe di vivere senza amici anche se avesse tutti gli altri beni» e Mattarella ricorda che «l’amicizia è vocazione incomprimibile dell’uomo» e che il suo crescere fra le persone «è quello che ha caratterizzato il progresso dell’umanità». Il presidente parla più volte di «superamento dell’odio» come di una condizione necessaria per dare vita a una comunità solida e civile e ovviamente gioca ancora una volta la carta della Costituzione e dell’Assemblea costituente, «nella quale opinioni diverse si sono incontrate in spirito di collaborazione, per condividere e affermare i valori della dignità, ed eguaglianza, delle persone; della pace; della libertà». Rispetto al solito, Mattarella aggiunge il riferimento al tema di giornata quando spiega : «Ecco come nasce la nostra Costituzione: con l’amicizia come risorsa a cui attingere per superare - insieme - le barriere e gli ostacoli; per esprimere la nostra stessa umanità». Lettura zuccherina di una storia complessa, alla quale hanno preso parte, anche solo per restare all’impersonalità dei partiti, la Dc, il Pci e il Psi, che spesso si guardavano in cagnesco e hanno trattato anche sulle virgole. Lasciata la Costituzione nata dall’amicizia, Mattarella entra su un terreno impegnativo come quello dell’omologazione e del conformismo di massa. Prima sottolinea che l’amicizia non può riguardare solo coloro che si riconoscono come simili. Poi parla di «rispetto delle diversità» e delle «specificità di ciascuna persona» e infine afferma che senza tutto questo ci si avventurerebbe sulla strada «della spinta all’omologazione e dell’appiattimento». Poco oltre, il presidente della Repubblica completa il quadro delle sacre guarentigie con un moto da sincero liberale quando dice: «È il binomio persona-comunità a sorreggere un ordinamento che non deve essere intrusivo, ma diretto a valorizzare pluralità e libertà». Eh sì, non omologazione e non intrusione. Se ai tempi del Covid fossimo stati su Marte, simili sottolineature potrebbero finire tranquillamente sul libro dei buoni propositi. Siamo amici di Platone, ma ancor più della verità e allora come non ricordare il discorso del medesimo Mattarella all’università di Pavia il 5 settembre 2021 in cui affermò con il sopracciglio alzato: «Nel nostro Paese, come in tutti, deve esserci un senso di responsabilità comune. Non si invochi la libertà per sottrarsi alla vaccinazione. Chi pretende di non vaccinarsi e svolgere una vita normale in realtà costringe tutti gli altri a limitare la propria libertà». Oggi però c’è la pandemia del Vannacci-pensiero, con il libro del generale che spopola su internet e infuoca il dibattito politico. Mattarella, che è anche capo delle forze armate, ovviamente non cita Il mondo al contrario, ma gli dedica indirettamente un passaggio del suo discorso riminese. Lo fa quando ricorda «il valore della nostra Patria, del nostro straordinario popolo, frutto, nel succedersi della storia, dell’incontro di più etnie, consuetudini, esperienze, religioni; di apporto di diversi idiomi per la nostra splendida lingua; e nella direzione del bene comune». Quel riferimento all’incontro di più etnie, viste le idee dell’ex comandante della Folgore, pare proprio mirato. E a proposito di etnie, il presidente stila anche un mezzo programma per la lotta all’immigrazione clandestina che sembra diretto a Giorgia Meloni e al vicepremier Matteo Salvini, che su questo tema hanno insistito particolarmente, e con successo, in campagna elettorale. L’inquilino del Quirinale sostiene che i fenomeni migratori sono «movimenti globali, che non vengono cancellati da muri o barriere». Poi ammette che l’Europa dovrebbe impegnarsi di più e afferma che per stroncare il traffico di esseri umani servono «ingressi regolari, sostenibili, in numero adeguatamente ampio». Già, il problema è proprio su che cosa s’intenda per «adeguatamente ampio». Tornando al tema centrale dell’amicizia nella politica, il capo dello Stato mette in guardia dai «pretesti per alimentare i contrasti» tra le persone e ne fa un piccolo elenco: «La invocazione di contrapposizioni ideologiche; la invocazione di caratteri etnici; di ingannevoli lotte di classe; o la pretesa di resuscitare anacronistici nazionalismi». Chissà se la dura polemica di Elly Schlein sulle parole del ministro Francesco Lollobrigida riferite ai poveri che mangerebbero meglio dei ricchi fa parte di queste «ingannevoli lotta di classe».
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