2025-02-14
Raffica di cause per discriminazione. Un trans intasca 240.000 euro
Il tedesco Alina, nato uomo, ha portato in tribunale 240 imprese che non lo hanno assunto: «Nelle selezioni sono svantaggiato». Le aziende condannate insorgono: «È tutta una truffa, non ha sufficiente esperienza».Si è messo da parte un bel gruzzolo, almeno 240.000 euro di risarcimenti esentasse, facendo causa a diverse aziende. Il quarantasettenne Alina S. è un transgender di Dortmund nato maschio, convinto di subire continue discriminazioni. Per questo ha intrapreso 240 procedimenti giudiziari, ottenendo quasi sempre il riconoscimento del danno. Se negli annunci di lavoro mancava la lettera «d» per «diverso», si rivolge al tribunale e ottiene ragione. Un avvocato parla di abuso di legge, nel comportamento di Alina. «Non lo faccio per soldi, non è un modello di business. Sono svantaggiato nel processo di selezione delle domande. Faccio causa per questo, ed è un mio diritto», ha affermato il trans in un servizio dell’emittente televisiva tedesca Rtl West. «Si tratta ovviamente di una truffa e di una fregatura. Quella persona lo fa da anni, in parte con successo», ha affermato la responsabile delle risorse umane di un’azienda di Dortmund che ha dovuto pagare i danni a Alina. Una delle tante realtà economiche accusate di discriminare il trans. L’ultima causa è stata presso il tribunale del lavoro di Hagen, perché una sua domanda di lavoro come impiegato presso una tipografia era stata respinta. La motivazione? Qualifiche inadeguate. Ma il soggetto dichiarò che non venne assunto a causa della sua transessualità, comportamento che viola la legge generale sulla parità di trattamento (Allgemeines Gleichbehandlungsgesetz, Agg) che proibisce la discriminazione basata sul genere o sull’identità sessuale. «Ho scritto 1.577 domande negli ultimi 8 anni, ma non ho mai ricevuto un lavoro», ha raccontato Alina al quotidiano Westfalen Blatt. L’avvocato Wolfgang Zwiehoff, che rappresenta la tipografia, ha definito la lettera di candidatura di Alina «terrificante. Ci sono qualifiche che non sono sufficienti per alcun lavoro nella vita. Non è questo che vogliamo». Alina aveva chiesto un risarcimento pari a due stipendi lordi, per un totale di 5.000 euro: alla fine si è accontentato di 700 euro.L’ulteriore beffa è che il trans riceve il Bürgergeld, una sorta di indennità di cittadinanza, alla quale si aggiungono le somme frutto di accordi giudiziari. Il denaro assegnato dal tribunale non fa ridurre il sussidio sociale ed è esente da tasse. Solo tra febbraio e settembre dello scorso anno Alina ha ottenuto 25.000 euro di risarcimento. Un’azienda di Langenberg, nella Westfalia orientale, si era vista chiedere 7.500 euro di danni per non aver preso in considerazione la candidatura dell’uomo, che non ha ancora completato il suo processo di transizione e non vuole essere definito donna. Il direttore generale aveva spiegato che c’è troppa distanza tra la città dove vive Alina e il luogo di lavoro, circa 90 chilometri: «Escludo subito dalla selezione chi vive a più di 30 chilometri di distanza. L’esperienza dimostra che molte persone si licenziano dopo un anno a causa dei lunghi tempi di percorrenza e quindi dobbiamo formare nuovo personale». Aveva poi scoperto che il trans era sprovvisto di patente di guida, quindi avrebbe impiegato più di due ore di viaggio in autobus e in treno per gli spostamenti. «Abbiamo capito con chi avevamo a che fare: con una persona che promuove cause in modo molto professionale», si è detto certo il manager. Per Joachim Kleveman, presidente del tribunale del lavoro di Bielefeld, nel Nord Reno Westfalia, rimaneva comunque la discriminazione che la persona transgender aveva subito. L’imprenditore si offrì di assumere Alina, ma ottenne un rifiuto: «Rischierei il licenziamento durante il periodo di prova», fu la sconcertante risposta del quarantasettenne. Il tribunale allora optò per ridurre il risarcimento a 3.750 euro. Nel salutare il trans, il giudice disse: «Ci vediamo la prossima settimana». Era calendarizzata, infatti, un’altra causa contro un’impresa di pulizie.Kleveman ha affermato che la serie di cause legali hanno finora fruttato all’uomo di Dortmund una somma a sei cifre. «Circa 240.000 euro, se ipotizziamo prudentemente che ci siano stati solo 1.000 euro per causa. In realtà, però, gli importi sono spesso più elevati», è stata la sua precisazione su un quotidiano regionale. «Germania 2025, una caricatura di sé stessa», è stato uno dei tanti commenti indignati su X, dopo la pubblicazione del servizio televisivo.Già aveva sconcertato parecchi, in Germania, l’entrata in vigore lo scorso novembre del Self-determination act o legge sull’autodeterminazione, in base al quale si può cambiare sesso e nome (anche ogni anno) presentando una dichiarazione all’ufficio anagrafe. E guai a chiamare uomo chi si fa passare per donna, o viceversa: la sanzione arriva a 10.000 euro. Nyke Slawik, parlamentare tedesca e donna transgender che aveva contribuito a negoziare la proposta di legge per i verdi, la definì «un segno di speranza in tempi in cui le voci populiste di destra stanno di nuovo diventando più forti e dove purtroppo c’è un passo indietro in molti Paesi in termini di diritti delle persone queer».Lo scorso giugno aveva fatto notizia il caso di un altro trans, che voleva iscriversi a una palestra femminile facendo leva sull’Agg. La proprietaria rifiutò: il suo interesse era proteggere le clienti da una persona con gli attributi maschili. L’Agenzia federale antidiscriminazione aveva scritto alla palestra chiedendo una spiegazione, ma contestualmente valutava la questione come violazione dei diritti della persona e propose il pagamento di un indennizzo «adeguato» per una «soluzione amichevole», pari a 1.000 euro.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)