2021-10-07
«Raccolti rovinati dal pass obbligatorio»
L'imprenditore Pierangelo Boatti: «L'imposizione del certificato dal 15 ottobre rende difficile il reperimento di personale per la gestione dei vigneti. È una cosa senza senso, noi lavoriamo tutti all'aperto e molto distanziati. Chiederemo una deroga per il mondo dell'agricoltura».Il green pass non ha senso nel mondo dell'agricoltura. Si lavora in spazi aperti e si è ben distanziati dagli altri lavoratori. Servono delle regole specifiche e il governo lo deve tenere in considerazione. A parlare con la Verità è Pierangelo Boatti, titolare della casa vinicola pavese Monsupello. «Andrò a Roma a parlare con il ministro dell'Agricoltura per chiedere una deroga, altrimenti dal 15 ottobre molte aziende si fermeranno. Qui con la pandemia da tempo manca il personale e da metà ottobre la situazione sarà ancora peggiore». Che danni vi sta creando l'obbligo del green pass?«Quest'anno la vendemmia, che da noi viene fatta tutta rigorosamente a mano e in cassetta, è stata condotta come ogni anno all'85% da personale straniero. A differenza degli altri anni, però, abbiamo avuto meno personale stagionale, ostacolato dalle restrizioni Covid. Abbiamo quindi completato le squadre di raccolta uva con personale straniero di una cooperativa che è stata letteralmente presa d'assalto da imprenditori con l'uva sui filari. Ora dal 15 ottobre tutti dovranno avere il green pass per lavorare anche nelle aziende private, cosa che obbligherà i datori di lavoro a controllare che ogni dipendente abbia i requisiti necessari di legge per poter operare, spesso scontrandosi con i più restii no-vax. Sarebbe a mio avviso più corretto obbligare la vaccinazione senza mettere a rischio di sanzioni le imprese agricole anche sulle responsabilità del green pass. Nel nostro caso abbiamo avuto molta difficoltà a reperire personale che ci aiutasse nella potatura. Io di solito mi affidavo a una squadra di rumeni che mi aiutava nella potatura che avviene tra novembre e aprile. Quest'anno, però, nessuno di loro è vaccinato e ho dovuto chiedere alla cooperativa di lavoro interinale a cui mi rivolgo di trovarmi lavoratori albanesi o macedoni che sono tutti vaccinati. Il problema è che le associazioni di categoria come Coldiretti, Cia e Confagricoltura non fanno nulla per formare il personale. Ho un trattorista di 50 anni che mi tengo stretto. Sarebbe difficile doverlo sostituire. Stiamo parlando di un lavoratore che prende almeno 1.300 euro netti al mese fino a 1.800 per 14 mensilità. Con questa pandemia il problema è cresciuto e dal 15 ottobre sarà difficile reperire forza lavoro». Il problema, poi, non riguarda solo il settore del vino, ma tutto il mondo agricolo.«Dalla settimana prossima molte imprese rischiano di essere fuori legge o non poter raccogliere uva, frutta e verdure, lavorare il vino, allevare animali, lavorare i campi con una conseguenza incalcolabile nella catena dell'alimentazione. A dirlo è Copagri, la confederazione dei produttori agricoli. Nel settore del vino i nostri collaboratori passano la giornata all'aperto e molto distanziati tra loro. Imporre l'obbligo del green pass in ambienti lavorativi dove si pratica l'agricoltura non ha senso e in tanti dalla settimana prossima non potranno più far funzionare la catena della produzione di cibo». Siete in contatto con le istituzioni per trovare una soluzione?«Insieme a Copagri vogliamo chiedere una deroga perché il settore dell'agricoltura va sia considerato in modo speciale per le condizioni che offre e che garantiscono in larga parte di svolgere i compiti in sicurezza. È chiaro, poi, che, una volta conclusa la potatura, quando si deve andare in cantina ad imbottigliare ed etichettare, noi abbiamo bisogno di personale con il green pass valido. Con Copagri io ho chiesto un incontro a Roma con il ministro dell'Agricoltura per cercare di trovare una soluzione». Prevedete che l'obbligo del green pass avrà un impatto sul fatturato? «Lo avrà nel senso che senza personale il nostro settore non può andare avanti. Detto questo, il personale interinale per noi ha sempre lo stesso prezzo, 13 euro l'ora. Il problema è che non è facile trovare questi lavoratori perché durante la pandemia molti sono tornati a casa e non sono più rientrati in Italia. Quando era tempo di vendemmia venivano tutti i parenti dei rumeni a lavorare per noi. Ora non ci sono più o non hanno il green pass valido. Il nostro problema è che noi dobbiamo seguire delle tempistiche. La vendemmia o la potatura vanno fatte in determinati mesi e se non abbiamo personale il nostro business non può andare avanti. Il problema non è il vaccino, che a mio avviso va sostenuto, ma la difficoltà di rapportarsi con personale di culture diverse da quelle con cui operiamo di solito, fattore che rende molto complicato e difficile il lavoro».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)