
La misura estesa fino a chi ha 59 anni: il governo consentirà l'uscita dal lavoro prima a patto che le imprese garantiscano il turn over. In certi casi, flat tax al 15% sopra i 65.000 euro. E arriva il ticket d'ingresso a Venezia.Ultima raffica di parole ieri alla Camera sulla manovra: prima l'esercizio ginnico degli oltre 200 ordini del giorno (documenti teoricamente impegnativi verso il governo, in realtà destinati a rimanere lettera morta, come accade da decenni), e poi la votazione finale (313 sì, 60 no, mentre Pd e Leu non hanno partecipato al voto per protesta), preceduta dalle dichiarazioni di voto dei gruppi. In serata è arrivata anche la firma del Quirinale.Nel frattempo, per riempire una domenica piuttosto stanca, si è aperta una polemica senza grande costrutto per un post comparso (e poi magicamente svanito) sul blog del M5s: «Siamo sotto attacco. È in corso una delle più violente offensive nei confronti della volontà popolare perpetrata in 70 anni di storia repubblicana», con tanto di evocazioni di un «vero e proprio terrorismo mediatico e psicologico» da parte di «grandi lobby, poteri forti e comitati d'affari». Contro questo testo, è scattata la furia delle opposizioni (ieri senza gilet). Ha iniziato il piddino Enrico Borghi: «Chiediamo che il governo dica di essere distante da questa terminologia», e ha proseguito il forzista Giorgio Mulè: «Con questo post è stato sparato contro l'Aula l'equivalente di un colpo di fucile alla libera determinazione di chi sostiene con la faccia, le parole e gli atti le sue ragioni». Archiviata questa dimenticabilissima schermaglia, resta spazio per tre questioni: nuove indiscrezioni sulle intenzioni del governo per allargare le opportunità legate a quota 100; le prime strategie di partite Iva (e commercialisti) dopo le norme sulla flat tax; e infine Venezia. Cominciamo da quota 100. Nella legge di bilancio sono stati stanziati 20 miliardi nel triennio (di cui poco meno di 5 il primo anno) per rivedere la legge Fornero e consentire il pensionamento anticipato già dal 2019, con 62 anni di età e 38 di contributi. Obiettivo duplice: offrire un'opportunità a chi era stato troppo penalizzato dalla Fornero, e favorire il ricambio generazionale. Naturalmente su quest'ultimo punto resta un'incognita che solo il tempo potrà chiarire. I critici del governo dicono: è impensabile che, per ogni lavoratore in uscita, avvenga in automatico una nuova assunzione. E in effetti immaginare un tasso di sostituzione del 100% sarebbe esageratamente ottimistico: nel governo nessuno dice una cosa del genere. Però è certamente vera anche la contro obiezione da parte dei leghisti: se ci saranno nuove assunzioni di giovani, saranno state certamente favorite anche dall'uscita dei lavoratori più anziani generata da quota 100. Le indiscrezioni sul decreto al quale il governo sta lavorando dicono che l'esecutivo vuole favorire questo meccanismo di turn over incentivando i fondi di solidarietà bilaterali (con partecipazione di imprese e sindacati) a staccare un assegno straordinario di sostegno al reddito per i lavoratori che nei tre anni successivi matureranno i 38 anni di contributi. In altre parole, uno scivolo per estendere il numero dei soggetti interessati a quota 100, che riguarderà quindi anche le persone con 59, 60 e 61 anni di età. Il meccanismo, però, dovrà necessariamente andare di pari passo con accordi territoriali o aziendali che fissino il numero dei lavoratori giovani da assumere in sostituzione degli uscenti. Insomma, una dilatazione di quota 100 senza ulteriori spese per lo Stato e legata a nuove assunzioni. Il secondo tema riguarda la flat tax al 15% fino a 65.000 euro di fatturato. Ieri qualcuno si è accorto di una dinamica prevedibile: che alcuni contribuenti a redditi più alti stiano distribuendo «tatticamente» i tempi delle fatture, rinviando alcuni incassi, per rimanere nel 2018 sotto il tetto dei 65.000 euro, perdendo eventualmente il beneficio l'anno successivo se i ricavi saranno (anche molto) maggiori. I critici (nei media e nella politica) descrivono insomma una platea di imprese, professionisti e partite Iva, pronta a frazionare astutamente i ricavi per restare nei limiti e usufruire del regime agevolato del 15%. Ma, in tutta franchezza, a noi sembra una polemica surreale: se più contribuenti potranno pagare meno tasse, dovrebbe essere una buona notizia. È invece curioso che diversi osservatori della grande stampa sembrino vedere con rammarico questa eventualità, e accusino la norma di essere «distorsiva», dopo aver però taciuto per anni su un incredibile total tax rate del 64% a danno delle imprese italiane, e anche su un'Irpef crescente che da decenni ha bastonato in particolare proprio la fascia di reddito fino a 70.000 euro, che oggi riceve finalmente un poco di sollievo. La terza e ultima questione riguarda Venezia, per cui sarà ora possibile introdurre un ticket di ingresso. Lo permette una norma della manovra (comma 1.129) che prevede la possibilità di applicare il contributo - tra i 2,5 e 5 euro - a chi raggiunga «con qualunque vettore la città antica». Il ticket riguarderà solo i turisti giornalieri e sarà alternativo all'attuale imposta di soggiorno. L'amministrazione Brugnaro aveva caldeggiato questa eventualità, calcolando di poter rastrellare risorse importanti dai milioni di turisti che visitano Venezia nell'arco di una sola giornata, quelli che non pernottano. Tornando al dibattito politico generale, l'ultima parola se l'è presa su Twitter Matteo Salvini, certamente tirando l'acqua al suo mulino, ma cogliendo la sostanza di queste giornate: «Ridicole le opposizioni che contestano una manovra economica che rimette nelle tasche degli italiani più di 20 miliardi di euro. Gli italiani non hanno nostalgia di Mario Monti, Matteo Renzi ed Elsa Fornero», ha scritto il leader leghista.
Sébastien Lecornu (Ansa)
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