2020-06-21
Quella sull’omofobia è una legge liberticida
La proposta Zan non è uno strumento di difesa del mondo Lgtb, ma piuttosto di repressione del dissenso. Si profila l'introduzione del reato di opinione. La tutela rinforzata per gay e trans è discriminatoria nei confronti di altri soggetti socialmente vulnerabili.Excusatio non petita, accusatio manifesta. Questo antico brocardo balza subito alla mente, scorrendo un articolo pubblicato recentemente da L'Espresso, che avrebbe dovuto rappresentare una difesa della proposta di legge Zan. In realtà, più che rispondere agli intenti apologetici dell'articolista, esso si riduce a un'acritica difesa, accanita al punto da voler elidere ogni possibilità di confronto su una proposta foriera di preoccupanti risvolti antropologici.Infatti, la semplice comparazione tra le norme attualmente in vigore e le modifiche proposte evidenzia un quadro assai diverso, per non dire opposto, rispetto a quello dipinto nella menzionata «difesa». Mi limito ad alcune osservazioni. La modifica legislativa proposta mira - modificando la seconda parte della lett. a) dell'articolo 604 bis - a incriminare l'istigazione a commettere o il commettere atti di discriminazione per motivi «….fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere». E, nella (modificanda) successiva lett. b), a perseguire chi istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza «….fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere». La novella cui mirano gli zelatori della proposta di legge non si riferisce pertanto alla prima fattispecie, così come scolpita nel primo periodo della lett. a) dell'art. 604 bis, laddove è punito chi «propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico», ma solo alla fattispecie scolpita nel secondo periodo dell'articolato in esame (e che le cose stiano così è confermato, oltre che dal settimanale citato, anche - e soprattutto - dal testo della pdl). Con la conseguenza che l'esemplificazione addotta nella citata difesa si appalesa fuori luogo, anzi va a significare l'opposto di quanto intende dimostrare. Col paradosso che se si diffondono idee fondate sulla superiorità e sull'odio nei confronti di persone omosessuali, si hanno maggiori probabilità di essere scagionati, in quanto la modifica in questione non si estende a detta fattispecie (rientrante nell'alveo del primo periodo della lettera a dell'art. 604bis). Se invece affermo che l'utero in affitto è un abominio, si potrebbe, alla luce della modifica normativa proposta, ritenere discriminatoria quell'affermazione, per esempio perché a suo avviso evidenziante l'impossibilità per due gay di avere figli. Si noti, l'esatto opposto di quanto sostenuto da L'Espresso. È opportuno, comunque, rimarcare come la modifica in esame presso la Commissione parlamentare competente rappresenti un pericolo per la tenuta di un ordinamento democratico.Infatti, una delle prime ed elementari questioni ermeneutiche inerenti la modifica in esame concerne la latitudine del concetto di «discriminazione». Concetto che pare, purtroppo, potersi sin troppo facilmente venare di indeterminatezza. Né corrisponde al vero che ci sia da colmare un vuoto normativo: sarebbe davvero ingiusto, questo sì discriminatorio, considerare non applicabili a omosex o trans, a causa del loro orientamento sessuale, le norme a tutela dell'incolumità personale o dell'onore o della vita o della libertà personale! Non vi è (ovviamente) traccia di ciò nel nostro ordinamento. Per converso, una tutela rinforzata per omosessuali e trans sarebbe discriminatoria nei confronti di soggetti socialmente vulnerabili quali, ad esempio, i diversamente abili, gli obesi, gli anziani, ecc., ancora, non tutelerebbe, paradossalmente, proprio le persone Lgbt dall'odio che viene agitato come uno spauracchio. La pdl Zan non appare quindi come uno strumento di tutela, ma piuttosto di repressione del dissenso, generando il rischio di una svolta autoritaria dell'ordinamento. Svariati elementi lo lasciano supporre.In primo luogo, la relazione accompagnatoria nella quale, con toni ingiustificatamente allarmistici, si asserisce l'aumento esponenziale delle violenze verso persone omosessuali e trans, senza alcun dato statistico a suffragio di detta asserzione. Anzi, i dati ufficiali evidenziano l'opposto: l'Oscad, l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, istituito presso il ministero degli Interni, documenta che in otto anni l'insieme di «presunte» condotte illecite con intenti di discriminazione per ragioni di orientamento sessuale o di identità di genere sono state 212. Emergenza? Direi proprio di no. Non è che si è voluto ricorrere al solito metodo della finta emergenza per giustificare una svolta antidemocratica?In secondo luogo, la vaghezza del concetto di discriminazione. Cosa s'intende per «discriminazione» a danno di persone omosessuali e trans? Così operando, il perimetro della fattispecie penale non è più demandato al legislatore - come richiede un ordinamento democratico fondato sullo Stato di diritto - bensì affidato alla discrezionalità del magistrato.In terzo luogo, la conseguente violazione del principio di tassatività della fattispecie, che implica: per il legislatore, il dovere di definire tassativamente ciò che è e ciò che non è penalmente vietato; per il giudice, il divieto di applicare la norma a casi che essa non prevede espressamente. Il tutto a garanzia dell'eguaglianza tra tutti i cittadini.Si profila in tal modo l'introduzione di un reato di opinione, le cui implicazioni si sostanziano nella violazione della libertà di espressione del pensiero, tutelata dall'articolo 21 della Costituzione, e nella frontale violazione del principio di legalità/tassatività in materia penale di cui all'articolo 25 della Carta. Mi permetto solo di annotare come autorevole dottrina costituzionalista sia unanime nel ritenere che la libera manifestazione del pensiero va di pari passo con la garanzia di democraticità dell'ordinamento.In quarto luogo - ed è elemento di particolare gravità - a causa della proposta modifica, potrebbero essere messe fuori legge realtà pro life o pro family ogniqualvolta le loro finalità fossero ritenute «discriminatorie» per ragioni «fondate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere». Che ne sarà della libertà di associazione che i costituenti inserirono nella Carta (articolo 18) proprio per evitare che venissero conculcate le libertà fondamentali dell'ordinamento democratico, come accaduto durante il ventennio e come ora pare riaccadere (anzi, è riaccaduto in seno all'emergenza Covid-19, con libertà presidiate da riserva di legge e invece limitate per atto amministrativo)? Proposta liberticida? Direi di sì, in quanto tesa a colpire non solo un modo di pensare ma finanche un modo di essere della persona. E fa specie che detta proposta provenga da forze politiche che da sempre hanno fatto della libertà la propria bandiera.
Jose Mourinho (Getty Images)