2024-03-11
Quel patto di sicurezza tra Cina e Maldive che preoccupa l'India
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La Cina ha firmato un patto di sicurezza con le Maldive la scorsa settimana. In particolare, il ministero della Difesa di Malé ha reso noto che l’intesa riguarda la “fornitura di assistenza militare da parte della Cina”, in vista di “legami bilaterali più forti”. Stando alla Bbc, Pechino dovrebbe fornire "armi non letali gratuitamente" e occuparsi dell'addestramento delle forze di sicurezza maldiviane, di fatto sostituendo India e Stati Uniti. Secondo quanto riferito dalla Cnn, la svolta va inserita nel più ampio contesto della politica estera dell’attuale presidente maldiviano, Mohamed Muizzu, che – entrato in carica a novembre dell’anno scorso – ha avviato una linea di maggiore avvicinamento a Pechino. Non va d’altronde trascurato che, durante la campagna elettorale, costui aveva significativamente utilizzato lo slogan “India out”, proponendo un allontanamento di Malé dall’orbita di Nuova Delhi. “Il nuovo accordo con la Cina segna un cambiamento significativo nella politica estera delle Maldive rispetto al predecessore pro-India di Muizzu, Ibrahim Mohamed Solih”, ha in tal senso sottolineato la stessa Cnn.Il nuovo patto di sicurezza tra Maldive e Cina rappresenta, insomma, uno schiaffo significativo all’influenza di Nuova Delhi sull’Oceano indiano. Non bisogna infatti trascurare che storicamente i legami tra l’India e Malé sono sempre stati piuttosto stretti e solidi. Tuttavia, soprattutto nel corso degli ultimi anni, Pechino ha incrementato la propria influenza sull’arcipelago, facendo leva specialmente sugli investimenti infrastrutturali: basti pensare al Ponte dell’amicizia Cina-Maldive dal valore di circa 200 milioni di dollari. Non solo. Lo scorso gennaio, Muizzu si è recato a Pechino, dove ha incontrato Xi Jinping e siglato una ventina di accordi con il governo cinese nei settori dell’economia, del commercio e, non a caso, delle infrastrutture. Nell’occasione, secondo l’agenzia di stampa statale cinese Xinhua, “i due capi di Stato hanno annunciato l'elevazione dei legami bilaterali a un partenariato di cooperazione strategica globale”. “Nelle nuove circostanze, le relazioni Cina-Maldive si trovano di fronte a un'opportunità storica per basarsi sui risultati passati e andare avanti”, ha inoltre affermato Xi durante quell'incontro. In tutto questo, Nuova Delhi dovrà completare il ritiro dei suoi 80 soldati sul territorio maldiviano entro il mese di maggio: un ritiro, quello delle truppe indiane, che era stato promesso da Muizzu in campagna elettorale. Tutto questo certifica come il Dragone sia riuscito a inserirsi efficacemente tra le fratture progressivamente comparse nei rapporti tra Nuova Delhi e Malé. Un problema che il premier indiano, Narendra Modi, non può assolutamente permettersi di sottovalutare. Si tratta di tensioni rilevanti, che potrebbero avere dei contraccolpi anche sul blocco dei Brics.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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