2023-12-10
Ora Putin diventa una scusa per convincerci a dare soldi a Kiev e poteri all’Ue
Col pretesto dell’espansionismo dello zar, il «Corriere» chiede di aggirare i trattati per cedere altra sovranità a Bruxelles. Che prepara una maxi donazione a Zelensky.La velina è partita: facciamo qualcosa, perché Vladimir Putin non si fermerà all’Ucraina. Attaccherà la Moldavia. Poi, nella sua inesorabile avanzata verso Occidente, sotto gli occhi di un compiacente Donald Trump, reinsediatosi alla Casa Bianca da dittatore, schiaccerà la Polonia. È più o meno lo stesso ritornello che ci ripetevano a febbraio 2022: reagiamo, se no lo zar arriverà a Berlino. Joe Biden ha evocato la tragedia di una guerra Nato-Russia con uno scopo ben preciso in mente: mettere agli atti che sta facendo il possibile per soccorrere il suo alleato, Volodymyr Zelensky; e scaricare sui repubblicani la responsabilità politica di una progressiva dissociazione dalla causa di Kiev, alla quale, in verità, anche i democratici pensano da tempo. Qui in Italia, il monito dell’amministrazione americana, attraverso la penna di analisti ed editorialisti della grande stampa, ha acquisito una coloritura diversa. Europea. E forse più inquietante della scomposta, ancorché poco concreta, minaccia del presidente Usa.È istruttiva, in questo senso, la lettura di Angelo Panebianco, sul Corriere di ieri. La premessa rimane identica: qualora Putin la spuntasse, il Vecchio continente finirebbe sotto scacco. Il Cremlino foraggerebbe i movimenti filorussi e ci intimidirebbe sul piano militare. Specie nella prospettiva di un crescente disinteresse di Washington. L’eventuale rientro sulla scena di Trump atterrisce i tifosi del conflitto per procura nel Donbass. Bastava constatare i toni allarmati della politologa Nathalie Tocci, venerdì, sulla Stampa: un bis del tycoon diverrebbe, addirittura, il propulsore di una campagna bellica di Putin fino ai Paesi baltici.Ora, lo spauracchio dell’Orso russo è fragile. Contraddice mesi di radiografie alla declinante potenza di Mosca: esercito di straccioni, artiglieria arrugginita, tattiche vetuste. Delle due l’una. O gli invasori dell’Ucraina, a dispetto della posizione di vantaggio che ricoprono adesso, si sono logorati; e, allora, non sarebbero in grado di rimettersi sulle orme dell’Armata rossa, giungendo al Reichstag. Oppure sono capaci di occupare mezza Europa; e quindi, le pernacchie allo zar sono state imprudenti. Ad esempio, una parziale ritrattazione delle prediche sull’insuccesso russo l’ha firmata, su Repubblica, Massimo Giannini, scoprendo - meglio tardi che mai - la «resilienza» di Putin, l’inutilità delle sanzioni e il flop della controffensiva di Kiev, «che non è mai neanche cominciata». Tuttavia, non sono i fatti che interessano principalmente ai soloni del risiko internazionale. Ciò che conta, semmai, è la percezione di essi che essi ritengono di poter indurre nella gente.Torniamo, pertanto, a Panebianco. Vale la pena citarlo per esteso: «Solo in un caso», scrive sul quotidiano di via Solferino, «l’Europa potrebbe sfuggire al cappio», alla duplice tenaglia nemica. «Ciò potrebbe avvenire se nelle opinioni pubbliche dei Paesi che in Europa più contano prevalesse […] la paura», in modo tale che l’«orientamento antirusso» non risulti scalfito. Ma a cosa dovrebbe servire, davvero, la paura di un aggressore senza mezzi per aggredirci - escludendo lo scenario della mutua distruzione termonucleare? Panebianco lo chiarisce: «Forse poste di fronte a una situazione di emergenza e a opinioni pubbliche spaventate e nelle quali crescerebbe la domanda di sicurezza, le élite europee (di alcuni Paesi europei) potrebbero decidersi a realizzare ciò che hanno sempre fin qui evitato di fare». Ossia, «spostare definitivamente il comando politico (i giuristi direbbero: la sovranità) dal livello nazionale a un livello sovranazionale, europeo». Badate bene: il trasferimento di potere, nell’idea dello studioso e opinionista, non sarebbe veicolato dai rituali della democrazia. Anzi, prescinderebbe dalle «nostre tradizioni» e «propensioni legalitarie», da una qualche «impeccabile procedura», trasparente, aperta, tipo la revisione dei trattati Ue. Macché: inservibili orpelli. Tutto avverrebbe, «come sempre accade nelle situazioni di emergenza», autentica o presunta poco importa, «per via extra giuridica, con un accordo politico fra alcuni Paesi europei, aggirando la vigente regola dell’unanimità che è in grado di bloccare» l’agognato salto di qualità del vincolo esterno. Sullo sfondo del ragionamento, ovviamente, si staglia l’ingombrante figura di Viktor Orbán. Guarda caso, l’altro ieri, Repubblica informava di un «salvagente» che Bruxelles starebbe preparando per Zelensky, alla luce dei veti ungheresi: donargli subito 17 miliardi di euro, compensandolo così per possibili ritardi nell’apertura dei negoziati sull’ingresso nell’Unione. L’ex comico, intanto, si è portato avanti, annunciando l’ok della Verchovna Rada a tre progetti di legge, incluso quello sulla tutela delle minoranze russofone, preteso da Budapest. Sua moglie Olena ha lanciato un appello accorato: «Se il mondo si stanca di aiutarci, ci lascerà morire».L’autocrate del Cremlino è un praticissimo spaventapasseri. È perfettamente funzionale a giustificare certi propositi: spillarci altri quattrini, toglierci altri pezzi di sovranità. Il destino vuole che l’insofferenza verso le «propensioni legalitarie», ossia verso gli ormai radi scampoli di democrazia continentale, abbia oltrepassato persino il «cretinismo parlamentare», la leniniana convinzione che le tecnologie politiche borghesi potessero essere utilizzate ai fini della rivoluzione. Piuttosto, la costruzione del Leviatano europeo ricalcherebbe il dettato del padre nobile, Altiero Spinelli. L’autore del Manifesto di Ventotene, nel suo Diario europeo, si esprimeva in termini che spiegano il perché della fibrillazione per le parole di Biden e della preoccupazione per un eventuale appeasement Trump-Putin: «Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione sovietica». È cambiato un unico dettaglio: oggi, gli europeisti ortodossi lo dicono eccome pubblicamente. Per loro, si tratta di riscoprire le origini. È un po’ come tornare a casa.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.