2024-11-09
Putin più vicino a Washington ma sull’invasione non arretra Musk: «Stop ai guerrafondai»
Vladimir Putin e Donald Trump (Getty Images)
Dopo il silenzio, Mosca si congratula con Donald Trump, che promette dialogo e poi, insieme al patron di X, Elon Musk, chiama Volodymyr Zelensky. Telefonata anche col leader palestinese Abu Mazen.Tra dichiarazioni più o meno di circostanza e segnali di apertura al dialogo, la rielezione alla Casa Bianca di Donald Trump ha di fatto riavviato quel canale diplomatico tra Washington e Mosca, per quanto riguarda una possibile risoluzione del conflitto in Ucraina, che con l’amministrazione Biden era finito da tempo in un vicolo cieco. Il tycoon, oltre a voler interrompere la fornitura di aiuti militari a Kiev, ha più volte ribadito in campagna elettorale che avrebbe potuto impiegare un solo giorno per porre fine alle ostilità. Vladimir Putin, nel corso del suo intervento alla conferenza annuale del Club di Valdai tenutasi a Soci, ha colto l’occasione per congratularsi con Trump per il successo elettorale e ha affermato di essere pronto ad avere un colloquio, dicendo di considerare «degna di attenzione» l’iniziativa di pace promossa dal neopresidente americano. Un messaggio distensivo immediatamente raccolto da The Donald che in un’intervista rilasciata all’emittente Nbc ha risposto: «Non ho ancora parlato con Putin, ma penso che ci parleremo». Conversazione che invece c’è già stata con Volodymyr Zelensky. Ieri i due si sono sentiti al telefono per circa 25 minuti e, stando a quanto rivelato da alcune fonti citate da Axios, ha partecipato alla chiamata anche Elon Musk - che qualche ora prima aveva scritto sul suo account X «Le uccisioni insensate finiranno presto. Il tempo per i guerrafondai è scaduto» - per assicurare a Kiev la continuità di assistenza tramite l’utilizzo del satellite Starlink. Il presidente ucraino, che dal canto suo teme che il ritorno al governo di Trump possa cambiare in peggio le sorti della guerra per il suo Paese, dal vertice europeo informale in corso a Budapest ha chiesto agli alleati europei di impegnarsi per la «ricerca di una pace attraverso la forza», esortandoli poi a rifiutare di fare concessioni a Putin, definendole «inaccettabili per l’Ucraina e un suicidio per l’intera Europa». Tuttavia, secondo l’Economist, diversi funzionari del governo ucraino avrebbero «tifato» per la vittoria di Trump alle elezioni, nonostante la promessa del taglio degli aiuti in quanto, scrive il settimanale, «in molti a Kiev si erano stancati dei frequenti proclami di forte sostegno da parte di Joe Biden non accompagnati dai fatti».Secondo quanto trapelato nei giorni scorsi sul Wall Street Journal, il piano di pace di Trump prevederebbe il congelamento della guerra, l’integrità territoriale dell’Ucraina con regioni autonome su ogni lato di una zona demilitarizzata e le porte chiuse della Nato per Kiev. All’Europa, invece, verrebbe lasciato il compito di mettere in atto l’accordo e stanziare i fondi per la ricostruzione del Paese invaso il 24 febbraio 2022. Proprio attorno a quello che dovrà essere e sarà il ruolo dell’Unione europea in questo delicato processo, sorgono i diversi punti interrogativi. Prendendo atto che a partire dal prossimo 20 gennaio, giorno in cui Trump si insedierà di nuovo alla Casa Bianca, gli Stati Uniti chiuderanno i rubinetti delle armi verso Kiev, cosa farà Bruxelles? Giorgia Meloni ieri ha confermato che finché ci sarà una guerra l’Italia sarà al fianco dell’Ucraina, ma ha anche aggiunto che bisognerà vedere «come evolve lo scenario nelle prossime settimane». Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha messo in guardia tutti dicendo che «se l’Ue e gli Usa daranno un segnale di debolezza in Ucraina rispetto alla Russia, sarà dato un segnale anche agli altri regimi del mondo per una possibile violazione del diritto internazionale». Viktor Orbán ha lodato l’Ucraina per la «lotta eroica» che sta portando avanti, dicendo che merita un futuro migliore, ma che non sta a lui dire cosa deve fare ora in quanto si tratta di una nazione sovrana. Il primo ministro della Slovacchia, Robert Fico, invece è dell’avviso che l’Unione europea non debba sobbarcarsi l’intero peso del sostegno a Kiev: «Se ci sono proposte per aumentare gli aiuti finanziari a spese degli Stati membri dell’Ue solo perché un grande sostenitore abbandona il gioco, la Slovacchia non dovrebbe partecipare a tali giochi, perché il conflitto non ha soluzione militare» - ha detto il premier slovacco». La strategia dell’Europa è che Kiev debba vincere questa guerra e la Russia debba perderla. Il resto sono belle strategie, ma non funzionano». Insomma, prime dichiarazioni che fotografano un’Europa ancora divisa sul da farsi e giunta a un bivio. Perché a oggi, come ha detto senza troppi giri di parole Fico, pensare che Bruxelles, a cui rimarrà la gestione del business della ricostruzione, continui a sostenere economicamente e militarmente Zelensky anche senza l’appoggio di Washington, appare molto improbabile. Oltre a ciò, da Mosca, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha voluto specificare come sia ancora del tutto prematuro parlare di un disgelo nei rapporti con gli Stati Uniti: «Ci sono alcune affermazioni, ma finché non sarà arrivato il momento di passi concreti, probabilmente sarebbe prematuro parlarne» ha spiegato Peskov, chiarendo inoltre che il presidente Putin «non ha mai detto che gli obiettivi dell’operazione militare speciale stanno cambiando. Al contrario, ha ripetuto più di una volta che rimangono gli stessi». Ieri Trump ha parlato anche con il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, il quale ha espresso la sua disponibilità «a lavorare con Trump per raggiungere una pace giusta e globale basata sulla legittimità internazionale». Il tycoon, a sua volta, ha detto ad Abu Mazen che «lavorerà per fermare la guerra» e che non vede l’ora di lavorare con lui e tutte le parti interessate per «promuovere la pace in Medio Oriente».