
La Russia mira a contestare l'ordine internazionale occidentale, ma rischia di ritrovarsi in una posizione sempre più subordinata alla Repubblica popolare cinese. Ha suscitato un certo scalpore l’indiscrezione, secondo cui la Russia punterebbe a costituire un G8 alternativo: un G8 che, secondo quanto riferito da Reuters, ospiterebbe – oltre alla stessa Russia – Cina, India, Brasile, Messico, Turchia, Iran e Indonesia. A lanciare questa proposta è stato, in particolare, il presidente della Duma di Stato, Vyacheslav Volodin. “Le economie di Stati Uniti, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia e Canada continuano a crollare sotto la pressione delle sanzioni contro la Russia”, ha affermato recentemente, per poi aggiungere: “La rottura delle relazioni economiche esistenti da parte di Washington e dei suoi alleati ha portato alla formazione di nuovi punti di crescita nel mondo”. Ricordiamo che Mosca è stata sospesa a tempo indeterminato dal G8 ufficiale nel 2014, in seguito all’annessione della Crimea. Va notato che alcuni dei Paesi che dovrebbero teoricamente entrare nel nuovo consesso internazionale sono già notevolmente vicini alla Russia. Pechino sta da tempo spalleggiando Mosca, nella speranza di picconare l’ordine internazionale occidentale. Cina e Russia stanno in tal senso intensificando la cooperazione nel settore energetico. Inoltre la Repubblica popolare si è ben guardata dal condannare l’invasione russa dell’Ucraina. L’Iran, dal canto suo, è uno storico alleato mediorientale del Cremlino: non a caso, lo scorso marzo, il governo di Teheran ha annunciato l’intenzione di sostenere Mosca contro le sanzioni occidentali. C’è poi il caso dell’India che, fino all'inizio dell'invasione lo scorso 24 febbraio, cercava di portare avanti un delicato equilibrismo tra Washington e Mosca: un’India che tuttavia, chiamata a prendere una posizione chiara, ha alla fine optato per una maggiore vicinanza ai russi. La stessa Turchia conduce da tempo una politica volutamente spregiudicata e ambigua. Ankara è nella Nato e intrattiene stretti legami con Kiev. Tuttavia, nel corso degli ultimi cinque anni, Recep Tayyip Erdogan ha intrecciato relazioni sempre più profonde con il Cremlino nei settori di energia e difesa. Il sultano collabora inoltre con lo zar su vari dossier internazionali (dalla Libia alla Siria). Infine, la presenza di Messico e Brasile garantirebbe a Mosca un aumento della propria influenza sull’America Latina: un’area in cui l’amministrazione Biden sta incontrando non poche difficoltà. Se sulla carta questo nuovo G8 sembrerebbe allettante per Vladimir Putin, non è tuttavia detto che per lui tale consesso sarebbe soltanto foriero di vantaggi. Nonostante la Russia sia molto meno isolata di quanto spesso si dica, va anche notato che, nel suo rapporto con Pechino, il ruolo di Mosca è quello di un junior partner. Il G8 alternativo si rivelerebbe quindi principalmente un favore alla Repubblica popolare cinese, che ne approfitterebbe per rendere ancora più stringente il suo soffocante abbraccio con la Federazione russa. E attenzione: questo è un discorso che va al di là della sola questione di un eventuale nuovo G8. Come detto, l’asse sino-russo punta da anni a creare un ordine internazionale contrapposto a quello occidentale. L’idea è di costituire innanzitutto un blocco sempre più integrato tra Russia e Cina: un blocco che cercherebbe di inglobare nella propria orbita India ed Europa occidentale, facendo leva inoltre sull’espansione politica, economica e (in alcuni casi) militare di cinesi e russi in Africa. Il punto è che i rapporti di forza sarebbero comunque dalla parte di Pechino, che diverrebbe pertanto il perno di questo eventuale ordine. Se il nuovo G8 fosse da considerarsi propedeutico a tale ordine, Putin si avvierebbe verso un rischio di non poco conto. Il suo problema non è l’isolamento internazionale (come dice qualcuno), ma lo scivolamento progressivo nell’orbita di Pechino. Un rischio, questo, che per il Cremlino si sta concretizzando ogni giorno di più.
Mattia Furlani (Ansa)
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