2024-03-17
Pure Prodi si sveglia e fustiga l’Europa: «Che errore puntare solo sull’elettrico»
Da Corrado Formigli il prof dissemina (tardivo) buonsenso sul Green deal «Attenzione, non possiamo andare oltre le nostre possibilità».Fino a venerdì sera c’era solo un Prodi eretico sul clima e che sta indigesto alla sinistra: Franco, fisico di fama mondiale che da anni ripete inascoltato che gli uomini col cambiamento climatico non c’entrano, al massimo hanno un 5% di colpa. Ma anche l’icona del politicamente corretto, del giusto a prescindere, il grande federatore dell’Ulivo ha fatto - è il caso di dirlo - Piazza pulita dei dogmi green. Dagli schermi de La 7 Romano Prodi, intervistato da Corrado Formigli, uno che se deve girare a destra fa retromarcia, ha demolito il Green deal di Ursula von der Leyen partendo dalle auto elettriche. In Italia non se ne vendono e i maggiori costruttori da Volkskwagen a Toyota ci stanno ripensando. A domanda (Non è che la religione verde praticata dalla Commissione europea finirà per regalare l’Europa alla destra?), Romano, il Prodi che non t’aspetti, ha risposto: «Se il Green deal è applicato senza buonsenso, sì. Ho dedicato molte energie all’ambiente, dal protocollo di Kyoto in poi, ma l’idea di puntare tutto su una tecnologia come l’auto elettrica o che da qui a pochi anni non si possano più produrre motori a combustione interna la trovo del tutto sbagliata». Il 4 marzo, grazie all’opposizione dell’Italia guidata dal centrodestra, il voto sullo stop ai motori endotermici in Europa è slittato a data da destinarsi. Sempre grazie al centrodestra italiano è stata respinta la direttiva sui motori Euro 7 e il modello Italia ha portato al ripensamento di molta parte delle politiche del Farm to fork che penalizzano l’agricoltura.Romano Prodi è stato tutto: presidente della Commissione europea, presidente del Consiglio italiano, presidente dell’Iri che ha veduto l’Alfa Romeo agli Agnelli, il primo ad aprire l’Europa ai cinesi e, dunque, il suo «pentimento» va preso molto sul serio. Da politico dice: attenzione, perché a tirare troppo la corda si rischia. Vuoi convincere la gente che c’è il pericolo clima e gli elettori ti mandano a casa perché non approvano le politiche verdi. Il Prodi d’industria e di governo, poi, avverte un altro pericolo: «Le politiche ambientali non possono essere solo italiane, né solo europee: tutti insieme facciamo il 7-8% dell’inquinamento. Quindi, bene se vogliamo fare la “nave scuola” ma attenzione, non possiamo andare oltre le nostre possibilità».Per allontanare da sé una possibile ricaduta negativa delle esternazioni di Prodi, il milieu gauchista nostrano ha cominciato a dire che quello del «professore» è un siluro lanciato a Ursula von der Leyen che è stata ricandidata dal Ppe per un secondo mandato e che Prodi lavora a evitare l’abbraccio dei popolari europei con i conservatori. Può darsi che sia così, ma è assai più semplice ricordarsi di come il Pd, il Movimento 5 stelle, i Verdi e la sinistra abbiano sempre votato a favore del Green deal andando anche contro gli interessi nazionali. Frans Timmermans, allora vicepresidente della Commissione europea e ispiratore dei dogmi verdi, intervenne nella campagna elettorale del 2022 dicendo che la destra faceva tornare l’Italia e l’Europa indietro di trent’anni. Fu accolto da Pd con toni messianici. Lo stesso Pd che ha votato tutti i provvedimenti del Green deal, anche i più punitivi per l’economia italiana. Brando Benifei, capodelegazione del Pd a Strasburgo, ha guidato una settimana fa la pattuglia del Nazareno a dire sì alle case green, che costeranno agli italiani decine di migliaia di euro ad appartamento e già oggi hanno determinato una perdita di valore degli immobili del 40%. Lo stesso hanno fatto con gli imballaggi. Quando si è trattato di votare la messa al bando dei motori endotermici, gli eurodeputati dem, all’unisono con 5 stelle e Verdi, hanno diramato questo commento (era il 14 febbraio di un anno fa): «Il via libera del Parlamento europeo al regolamento Ue sull’emissione di CO2 per autovetture e veicoli commerciali leggeri è una vittoria dell’ambiente e dell’industria europea e italiana che guarda al futuro. È stata sconfitta la destra giurassica».Quando l’Italia ha varato la legge contro la carne sintetica, il Pd non ha rinunciato a dire che il governo faceva del «populismo legislativo». Elly Schlein ha avuto come primo sponsor in Europa Frans Timmermans e il segretario pd il 2 marzo scorso al congresso dei socialisti europei ha ribadito: «Vogliamo un Green deal dal cuore rosso». Forse non è esattamente quello che desiderano gli operai di Stellantis, mandati in cassa integrazione a Mirafiori perché le auto elettriche non si vendono. Ma in compenso i cinesi vogliono costruire le loro auto a batteria da noi e ci hanno invaso, tanto che si pensa a dazi difensivi. Non è neppure quello che vogliono gli agricoltori che hanno inscenato proteste in tutta Europa perché, come afferma il centro studi Divulga, «senza impegni reciproci sull’ambiente dei partner commerciali tradizionali come Cina, Brasile o Stati d’Uniti, il Green deal europeo rischia di trasformarsi in un boomerang per agricoltori e consumatori». Paolo De Castro, già ministro agricolo ed eurodeputato del Pd, a proposito del Farm to fork ha detto: «L’Europa ha fatto di tutto per dimostrarsi nemica degli agricoltori».Forse stavolta Romano Prodi ha fatto due conti che non ha fatto il suo partito di riferimento: il Pd. Basta leggere il report dell’Institut Rousseau: all’Ue, se vuole dare retta al Green deal, servono 40.000 miliardi di euro da qui al 2050 per arrivare a emissioni zero, una somma pari al 10% dell’intero Pil, sono circa 1.520 miliardi ogni anno. E in Italia ce ne vogliono 40 di miliardi all’anno. Altro che Green deal dal cuore rosso, qui in rosso va il Paese.
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