2024-05-06
        Punire l’«islamofobia» è il nuovo bavaglio
    
 
        Manifestanti in corteo contro la «islamofobia» a Londra, lo scorso 29 febbraio (Ansa)
    
Denunciare i passi del Corano che promettono danni e massacri ai miscredenti non è affatto «razzismo», come vorrebbero farci credere. L’Occidente continua a inventare nuovi reati col solo risultato di tapparsi la bocca e chiudere gli occhi davanti ai pericoli.Di fronte al pericolo, in presenza di predatori da cui non pensano di riuscire a scappare, gli struzzi abbassano la testa nascondendola. Da qui il detto: nascondere la testa nella sabbia. È lo stesso meccanismo di un bimbo piccolo: quando c’è qualcosa di orribile si copre gli occhi per non vederlo, nella speranza che, non essendo visto, scompaia nel mondo dell’irreale. L’islamizzazione dell’Europa è arrivata a un punto tale che in Germania bambini nati in famiglie cristiane chiedono di convertirsi, sia per sfuggire ai lazzi a volte un pochino bruschi di qualche compagno di classe, sia per sentirsi finalmente accettati. L’islamizzazione dell’Europa è un fenomeno serenamente accettato: mentre i cristiani sono perseguitati brutalmente in molti Paesi islamici, le nostre chiese hanno già cominciato ad essere vandalizzate. Nel loro Islamofobia: lo psicoreato del Futuro Totalitario (http://www.scribd.com /doc/80544255/Islamofobia) David Horowitz e Robert Spencer dichiarano che qualche timore dell’islam non è ingiustificato, e che chi lo denuncia è squalificato dalla vita civile e può essere perseguito penalmente. Gli autori devono girare con la scorta, e questo ci fa comprendere come sia importante leggere il loro libro. Il libro è stato scritto qualche anno fa. Il futuro totalitario di cui parlano è il nostro presente. Se cercate la parola «islamofobia» su Amazon non troverete il libro di Horowitz e Spencer, ma decine di testi che descrivono l’islamofobia come una forma di razzismo estremo o, meglio, di demenza. E, soprattutto, sempre di più, l’islamofobia in Europa è un reato. Islamofobia vuol dire avere timore dell’islam. È reato avere paura di questi passi del Corano: «La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso» (V, 33). «Quando incontrate i miscredenti, colpiteli al collo finché li abbiate soggiogati, poi legateli strettamente» (LXVII,4). «Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell’omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti» (II, 191). Non riporto tutto per motivi di spazio. Il jihad o guerra santa si basa su uno schema intoccabile, che divide il mondo in tre parti. La prima è il dar al islam, o territorio dell’islam: il luogo dove l’islam regna, dove l’umanità ha accettato il suo ruolo di sottomessa. Una volta che una terra è dar al islam lo è per sempre. È chiaro? No? Chiariamo. La terra di Israele è stata occupata dall’islam, quindi quando gli ebrei se la sono ripresa sono stati considerati invasori. La stessa cosa vale per la Sicilia, per la Spagna, per parte del Portogallo e per Roma che, in quanto considerata la quarta città santa dell’islam, è dar al islam anche lei. Poi c’è il dar al harb o terra di guerra, la parte del mondo popolata degli infedeli: il luogo nel quale la guerra è obbligatoria finché essi rifiuteranno di riconoscere la sovranità islamica. Il dar al sulh, infine, è il nome delle regioni dove agli infedeli è concesso di vivere, purché paghino un tributo in denaro e sottomissione. Ma la cessazione delle ostilità è sempre da considerarsi provvisoria e va revocata non appena si abbia l’impressione o compaia il pericolo che questa popolazione possa opporsi all’islam. Agli armeni era concesso vivere, visto che pagavano un tributo: le loro tasse erano il doppio di quelle di un turco di pari reddito. Non appena la prima guerra mondiale ha fatto presagire la possibilità che truppe cristiane arrivassero a liberare gli armeni dal giogo, la tolleranza è stata revocata e gli armeni sono stati massacrati. Ora in Turchia i cristiani sono lo 0,6%. Il fatto che nessuna delle vittime armene in Turchia si fosse anche solo sognata di brandire un’arma, anche solo di possedere un’arma, non ha avuto nessuna importanza. Il jihad è il primo dovere di ogni islamico ed è una guerra permanente che può arrestarsi solo con la conquista del mondo: ne consegue che a un musulmano sono concessi, col mondo infedele, solo trattati di tregua, non di pace. Una tregua può essere dovuta solo a un fattore: i musulmani sono in stato di inferiorità e necessitano di tempo per riorganizzare le proprie fila. Tutto il mondo è terra dell’islam. «Dio non permetterà agli increduli di prevalere sui credenti» (Corano IV 141, da cui si evince il hadìth, cioè verità racchiusa in un detto: «L’islam domina e non è dominato». Il 20 dicembre 1999 il tribunale della Sharia del Regno Unito ha emanato una fatwa che proibiva ai musulmani di partecipare alle celebrazioni natalizie e per Capodanno. «È proibito ai credenti imitare i non musulmani nelle loro celebrazioni rituali o religiose, come la solennità del Natale o altre feste del calendario cristiano. Esistono numerose tradizioni attribuite il profeta Maometto che vietano ai musulmani di imitare i miscredenti». Per non offendere i musulmani in Gran Bretagna è stato vietato augurare buon Natale negli uffici pubblici. Mario Giordano (e solo lui) insiste a ripetere che sono gli immigrati che si devono integrare. L’islam non è integrabile. Il detto «l’islam domina e non è dominato» si traduce con «l’islam non si integra, gli altri devono integrarsi». I Paesi europei si sono impegnati in una serie di concessioni, le quali hanno garantito loro una discreta pace. Questo impasto di avidità e paura con la sua infinita serie di cedimenti prende il nome di dhimmitudine. Come lo struzzo che nasconde la testa, l’Occidente combatte il razzismo e l’islamofobia, la combatte giuridicamente e penalmente. «Tutte le leggi che vietano l’islamofobia sono spacciate come leggi contro l’odio religioso, in realtà proteggono il peggio. La legge veterinaria che vieta l’uccisione per sgozzamento è stata abolita senza chiedere niente a nessuno e contro il parere dei veterinari. Noi siamo dei “vinti a priori”, e col nostro comportamento non facciamo altro che dimostrare di meritare la sorte che ci attende, quella sorte che ci riservano gli uomini pii, morali, coraggiosi, che operano nel “cammino di Allah”», scrive René Marchand (La France en danger d’islam). Quello che dobbiamo fare è, oggi, ora, prenderci la libertà di parola e difenderla. Sia l’Onu che la Comunità europea stanno stabilendo che l’islamofobia è un reato di razzismo e che va punito. Ci spiegano che chi teme l’immigrazione è nazista. Non si tratta di immigrazione, ma di invasione coloniale, che ha lo scopo di stravolgere le culture europee e asservirle. Il termine islamofobia è stato coniato nell’Onu, quando nel 2004 il segretario Kofi Annan la definì causa della frustrazione di molti musulmani. Il concetto è questo: l’islamofobia non nasce dall’aggressività islamica. È l’aggressività islamica che nasce come reazione all’islamofobia. Quindi occorre perseguire l’islamofobia, anche penalmente, con sempre maggiore energia. L’islam ufficiale non ha accettato la dichiarazione universale dei diritti umani, contrapponendovisi con altre, come la Dichiarazione del Cairo del 1990 che afferma «ognuno ha diritto a sostenere ciò che è giusto, e a mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio in conformità con la Sharia islamica». Chi combatte l’islamizzazione viene condannato a morte dall’islam e condannato all’ostracismo di tutti coloro, quasi sempre orfani del comunismo, che aspirano a diventarne dhimmi, cioè sottomessi. Si sta creando l’islamcomunismo. Persino alla staffetta partigiana Oriana Fallaci è stato dato della fascista e per di più da gente del tipo di Fo Dario, che al fascismo aveva aderito con tutta la forza della sua anima.
        Alberto Stefani (Imagoeconomica)
    
        
    (Arma dei Carabinieri)
    
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina. 
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi.  Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo. 
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